Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47250 del 03/04/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 47250 Anno 2013
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
FARACI GIUSEPPE N. IL 18/12/1982
avverso la sentenza n. 2331/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 26/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 03/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26 marzo 2012 la Corte d’appello di Palermo ha
confermato la sentenza del 15 dicembre 2009 del Tribunale di Licata, che,
all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato Faraci Giuseppe colpevole del
reato di cui all’art. 9, comma 2, legge n. 1423 del 1956, accertato in Licata il 20
settembre 2009, perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale con obbligo di soggiorno, aveva violato la prescrizione di rispettare le

attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva, l’aveva condannato alla
pena, ridotta per il rito, di mesi otto di reclusione.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di due
motivi, con i quali ha denunciato carenza e illogicità della motivazione, ex art.
606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., e inosservanza o erronea applicazione
della legge penale, ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen.,
– in relazione, con il primo motivo, alla denegata richiesta di assoluzione per
il reato di cui all’art. 9, comma 2, legge n. 1423 del 1956 con riguardo alla
insussistenza del reato addebitato e alla incorsa violazione degli artt. 3, 25 e 27
Cost.;
– e in relazione, con il secondo motivo, alla mancata riqualificazione del
reato ai sensi dell’art. 9, comma 1, legge n. 1423 del 1956.
2. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
La Corte d’appello, in continuità argomentativa con la decisione di primo
grado ha fatto esatta interpretazione e corretta applicazione del consolidato
orientamento di questa Corte, alla cui stregua colui che commette un delitto
durante il periodo in cui è soggetto a sorveglianza speciale deve rispondere
anche del reato di violazione della prescrizione di vivere onestamente e di
rispettare le leggi ex art. 9 legge n. 1423 del 1956 (Sez. 1, n. 39909 del
18/10/2007, dep. 29/10/2007, Greco, Rv. 237910), essendo configurabile il
concorso formale tra ogni specifico titolo di reato – commesso dal sorvegliato – e
la simultanea violazione della indicata prescrizione a ragione della diversità dei
beni giuridici protetti dalle norme incriminatrici (Sez. 1, n. 26161 del

2

leggi procurando lesioni personali a Sortino Francesco, e, concesse le circostanze

20/06/2012, dep. 05/07/2012, P.G. in proc. Albini, Rv. 253090, e giurisprudenza
ivi richiamata).
È coerente con tale principio l’iter argomentativo della decisione impugnata
che, richiamati i dati fattuali, già ricostruiti in primo grado, ha ritenuto sufficiente
a integrare la violazione addebitata la circostanza di fatto fondante l’accusa, che
l’imputato non ha contestato “pur affermando di avere agito in stato di legittima
difesa”, e rappresentata dalle lesioni gravi procurate alla persona offesa, colpita
anche al viso con una bottiglia di vetro.

ricorrente, che, mentre del tutto infondatamente oppongono, in diritto, il
superamento e il contrasto con i principi costituzionali del predetto orientamento
interpretativo di questa Corte, condiviso in sede di merito, al contrario
consolidato e confortato anche dalla soluzione interpretativa offerta dalla
giurisprudenza costituzionale (C.C. n. 282 del 2010), reclamano in fatto, e
inammissibilmente, la rilettura del quadro probatorio, e, con esso, il sostanziale
riesame nel merito della vicenda riferendosi genericamente al riaffermato stato
di legittima difesa.
2. Quanto al secondo motivo, si rileva che l’art. 9, comma 2, legge n. 1423
del 1956, è stato modificato dalla legge 31 luglio 2005, n. 155, di conversione
del d.l. 27 luglio 2005, n. 144, e per effetto di tale modifica, applicabile al caso in
esame commesso il 20 settembre 2009, punisce come delitto l’inosservanza degli
obblighi e delle prescrizioni inerenti alla misura di prevenzione della sorveglianza
speciale applicata con obbligo o divieto di soggiorno, distinguendo tale ipotesi
dalla meno grave fattispecie prevista dal comma 1 del medesimo articolo, che
punisce con l’arresto “il contravventore agli obblighi inerenti alla sorveglianza
speciale”.
Secondo il costante orientamento di questa Corte (tra le altre, Sez. 1, n.
2217 del 13/12/2006, dep. 23/01/2007, P.M. in proc. Laurendino, Rv. 235899;
Sez. 1, n. 47766 del 06/11/2008, dep. 23/12/2008, P.M. in proc. Lungari, Rv.
242748; Sez. 1, n. 8412 del 27/01/2009, dep. 25/02/2009, P.G. in proc. Iuorio,
Rv. 242975), l’attuale riferimento normativo tanto agli “obblighi” quanto alle
“prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di
soggiorno” (mentre in precedenza si prevedeva la sanzione della reclusione “se
l’inosservanza riguarda la sorveglianza speciale con l’obbligo o il divieto di
soggiorno”) ha reso manifesta la volontà del legislatore di sottoporre a un
trattamento sanzionatorio più rigoroso tutte le infrazioni commesse da colui al
quale sia stata imposta la misura di prevenzione più grave e che, quindi, è stato
ritenuto portatore di una maggiore pericolosità rispetto a chi sia stato sottoposto
alla mera sorveglianza speciale e le cui violazioni (esse sole, ai sensi della
normativa come modificata) sono, di contro, sanzionate con l’arresto.
3

Tali valutazioni, esenti da vizi logici e giuridici, resistono alle censure del

Alla stregua di detta modifica normativa, pertanto, correttamente è stata
qualificata come delitto la violazione contestata al ricorrente, in quanto
inosservanza agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale con l’obbligo di
soggiorno, al medesimo applicata, attuata con la condotta contestata.
Né sussiste alcun contrasto di giurisprudenza, poiché la risalente
giurisprudenza richiamata dal ricorrente è superata dai sopravvenuti suindicati
principi di diritto, che valorizzano – ai fini della qualificazione giuridica del fatto il tipo di misura applicata e non il tipo di violazione commessa, coerentemente

5. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile, con condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il
contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità – al versamento della somma,
ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2013

applicati in sede di merito.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA