Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47247 del 03/04/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47247 Anno 2013
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da: .
PAGLIUCA GIUSEPPE N. IL 25/07/1943
avverso la sentenza n. 1013/2008 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
07/07/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 03/04/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 febbraio 2008 il Tribunale di Tolmezzo ha dichiarato
Pagliuca Giuseppe e Perillo Assunta responsabili, in concorso tra loro, del reato
previsto dall’art. 22, comma 12, d.lgs. n. 286 del 1998 per avere occupato alle
loro dipendenze, nelle rispettive qualità di socio e amministratore di fatto della
O.P.A. s.r.l. e di amministratore unico e legale rappresentate pro tempore della
stessa società, cinque cittadini stranieri di nazionalità rumena, privi del prescritto

attenuanti generiche, alla pena di mesi tre di arresto ed euro 16.670 di
ammenda.
La Corte d’appello di Trieste con sentenza del 7 luglio 2011, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, ha concesso a Perillo Assunta i benefici di
legge richiesti e a Pagliuca Giuseppe solo quello della sospensione condizionale
della pena.
2. Avverso detta sentenza, che è divenuta irrevocabile nei confronti della
Perillo il 5 gennaio 2012, ha proposto ricorso per cassazione personalmente
l’imputato Pagliuca, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di sei motivi.
Con il primo motivo il ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge
penale in relazione all’art. 2 cod. pen., per essere venuto meno, a seguito della
entrata in vigore della Romania nella Unione europea, un elemento integrativo
della fattispecie (la condizione di cittadino extracomunitario dei soggetti
asseritamente impiegati), con conseguente implicita depenalizzazione del reato.
Con il secondo motivo si è denunciata, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett.
b), cod. proc. pen., violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 22,
comma 12, d.lgs. n. 286 del 1998 e travisamento dei fatti e delle risultanze della
istruttoria.
Con il terzo motivo il ricorrente ha denunciato, ai sensi dell’art. 606, comma
1, lett. e), cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità
della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza della materialità del reato
contestato e alle valutazioni espresse in ordine agli esiti della svolta istruttoria.
Con il terzo motivo si è censurata la sentenza impugnata per mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e violazione di legge in
ordine alla qualifica di amministratore di fatto del ricorrente e alla mancata
risposta alla doglianza riguardante il difetto di prova di tale qualifica.
Con il quarto motivo il ricorrente ha dedotto violazione di legge e mancanza
di motivazione con riguardo alla mancata concessione in suo favore dei doppi
benefici e alla diversità del trattamento riservato alla coimputata.

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permesso di soggiorno, e li ha condannati, previa concessione delle circostanze

Con il quinto motivo è stata eccepita la intervenuta prescrizione del reato
per il decorso del termine di legge, considerati i fatti interruttivi e la data di
commissione del fatto (12 luglio 2006).
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
4. Il 21 marzo 2013 l’avv. Andrea Ghidina, nella qualità di difensore di
fiducia di Pagliuca Giuseppe e di ufficio di Perillo Assunta, ha comunicato il

all’udienza odierna, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. L’impedimento del difensore a partecipare all’udienza, da intendersi
comunque riferito all’assistenza del solo imputato ricorrente, non refluisce sulla
trattazione del ricorso, che si svolge in camera di consiglio senza la
partecipazione delle parti.
2. È manifestamente infondato, e quindi inammissibile, il primo motivo, che
attiene alla contestata fondatezza del principio di diritto fissato da questa Corte
con le decisioni a sezioni semplici (n. 47459 del 2007 Rv. 238787, e 6392 del
2007 Rv. 239074) e a sezioni unite (n. 2451 del 2007 Rv 238197), richiamate
nella sentenza impugnata, sulla base del rilievo della insussistenza di motivi di
ordine giuridico e sistematico idonei a giustificare l’inapplicabilità del principio
generale di cui all’art. 2, comma 2, cod. pen.
L’affermato principio di diritto, secondo il quale l’ingresso della Romania
nella Unione Europea e l’acquisizione da parte dei cittadini di quella Repubblica
dello status della cittadinanza comunitaria, non incidono sulla illiceità delle
pregresse condotte dei cittadini rumeni in relazione a fattispecie rispetto alle
quali assume rilievo la qualità di cittadino extra comunitario, è, infatti del tutto
condiviso dal Collegio, che lo riafferma, ed è stato esattamente richiamato dai
Giudici di merito a fondamento della corretta interpretazione delle norme
applicate, senza che il ricorrente abbia opposto alcuna alternativa meditata
interpretazione che possa consentire di discostarsi da esso.
3. Del tutto infondati, e per l’effetto inammissibili, sono anche il secondo e il
terzo motivo che attengono alla contestata materialità del reato addebitato,
poiché – nel rappresentare i dedotti vizi – il ricorrente ha riprodotto gli argomenti
già prospettati nel gravame e ai quali la Corte d’appello, in continuità
argomentativa con la sentenza di primo grado, ha dato adeguate risposte,
esaustive in fatto, per la loro coerenza interna e per la loro logica congruenza
alle richiamate risultanze del quadro probatorio, e corrette in diritto, per l’esatta

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proprio impedimento per concomitanti impegni professionali a partecipare

applicazione dei principi in tema di valutazione probatoria e degli elementi
costitutivi del contestato reato.
Il ricorrente tende, invece, a provocare, esprimendo un diffuso dissenso di
merito rispetto alle risposte ricevute, e opponendo, in via di contrapposizione
argomentativa, la sua analisi della vicenda e stralci di esami testimoniali, non
integralmente allegati e/o trascritti al fine di conferire autosufficienza alle svolte
osservazioni e deduzioni, una diversa lettura degli aspetti attinenti alle
circostanze fattuali e una rivisitazione degli apprezzamenti del materiale

responsabilità.
Tale prospettazione difensiva si traduce, tuttavia, in inammissibile sindacato
di merito, non esperibile per legge con il ricorso per cassazione in presenza di un
discorso giustificativo della decisione non viziato da alcun profilo di manifesta
illogicità e ragionevolmente riferito agli elementi di conoscenza tratti dal
materiale probatorio del processo, logicamente rappresentati.
4. Né ha alcuna fondatezza il quarto motivo, che sfocia a sua volta nella
palese inammissibilità, per l’aperto dissenso di merito espresso rispetto alla
lettura di circostanze fattuali specifiche, svolta dalla Corte del gravame in modo
conforme a quella del primo Giudice, rimarcandone il contenuto dimostrativo
dell’autorità e delle funzioni gestionali esercitate dal ricorrente e del suo ruolo di
“co-imprenditore”, e quindi di rappresentante di fatto della società.
5. Anche il quinto motivo, che attiene alla dedotta assenza della motivazione
con riferimento al diverso trattamento riservato al ricorrente, con riguardo ai
benefici di legge, rispetto alla coimputata, è inammissibile per la mancanza di
ogni fondatezza, poiché il giudizio prognostico, formulato dalla Corte nel limitare
la concessione – a favore del ricorrente – della sola sospensione condizionale
della pena si è coerentemente basato sul “modesto precedente penale” del
medesimo e sulla incensuratezza della coimputata.
6. Quanto alla intervenuta prescrizione del reato, eccepita con il quinto
motivo, si rileva che la contravvenzione contestata è stata accertata il 12 luglio
2006, e quindi dopo l’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, che ha, tra
l’altro, modificato il tempo necessario a prescrivere, lo stesso determinando per
il reato contravvenzionale nella misura minima di quattro anni, aumentata di un
quarto in presenza di un fatto interruttivo.
Al rilievo fattuale della data di commissione del reato conseguono, pertanto,
l’applicazione della legge vigente alla detta data e la scadenza non antecedente
al 12 luglio 2011 del termine prescrizionale.
Il decorso di tale termine, sopravvenuto alla sentenza d’appello del 7 luglio
2011, non può tuttavia essere rilevato in questa sede, perché la inammissibilità
delle ulteriori ragioni di censura ha precluso la corretta instaurazione dinanzi a
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probatorio già svolti, al fine dell’esonero della propria condotta dall’affermata

questa Corte del rapporto processuale d’impugnazione (Sez. U, n. 23428 del
22/03/2005, dep. 22/06/2005, Bracale, Rv. 231164).
7. Alla declaratoria d’inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e della somma, equitativamente liquidata, di euro mille, in favore
della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella proposizione
del ricorso.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 3 aprile 2013

Il Consigliere estensore

Il Presidente

P.Q.M.

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