Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47238 del 18/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 47238 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: DE AMICIS GAETANO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SERANGELI SERGIO N. IL 28/04/1956
avverso l’ordinanza n. 3/2015 CORTE APPELLO di ROMA, del
25/06/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
4ett-eisentite le conclusioni del PG Dott. 7472 a Gl<1.47 Uditi difensor Avv.; Data Udienza: 18/11/2015 RITENUTO IN FATTO 1. Con ordinanza emessa in data 25 giugno 2015 la Corte d'appello di Roma ha rigettato l'istanza di rideterminazione della pena presentata nell'interesse del cittadino italiano Serangeli Sergio a seguito del rifiuto - operato con sentenza in data 16 ottobre 2014 della Corte d'appello di Roma ex art. 18, lett. r), I. n. 69/2005 - della consegna richiesta dall'Autorità giudiziaria francese con m.a.e. della pena di anni quattro di reclusione, irrogata al Serangeli con sentenza del Tribunale di Nizza del 15 gennaio 2013, confermata dalla predetta Corte francese il 4 dicembre 2013, con riferimento a reati di detenzione e trasporto di sostanze stupefacenti (48 chili di cannabis) commessi in un arco temporale ricompreso tra il 2009 ed il 2010. 2. Avverso la su indicata ordinanza ha personalmente proposto ricorso per cassazione l'interessato, che ha dedotto un motivo unico di doglianza incentrato su vizi di violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli artt. 673, 735, 738 c.p.p., 10, lett. f) e 16 del d. Igs. n. 161/2010 per non avere la Corte d'appello considerato che la pena è stata determinata dal Giudice francese sulla base di presupposti lontani, nel limite edittale, da quelli previsti dal nostro ordinamento. Occorreva tener conto, al riguardo, della pronuncia di illegittimità costituzionale dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/90 e delle successive sentenze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 42858/2014), in modo da adattare l'entità della pena prevista nella sentenza straniera ai diversi parametri edittali imposti dall'ordinamento italiano e superare gli effetti pregiudizievoli della preclusione derivante dal giudicato, a seguito della reviviscenza della normativa previgente alla dichiarazione di incostituzionalità. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è infondato e va rigettato, avendo la Corte d'appello correttamente provveduto a determinare la pena non in base a parametri sanzionatori dichiarati incostituzionali per effetto della sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale, ma in adempimento di un preciso obbligo di cooperazione giudiziaria assunto dal nostro Paese quale Stato membro dell'Unione europea, con l'attuazione della decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio del 27 novembre 2008, relativa all'applicazione del principio del reciproco emesso dalla Corte d'appello di Aix en Provence il 10 luglio 2014 per l'esecuzione riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell'Unione europea. Analogo impegno, del resto, è stato assunto dalla Francia, che ha dato anch'essa esecuzione alla su citata decisione quadro, con la conseguenza che, nel caso portato alla sua cognizione, la Corte d'appello ha preso in esame, e motivatamente ritenuto compatibili con il nostro ordinamento ex artt. 10, comma durata ed alla natura della pena (quattro anni di reclusione) che la competente Autorità giudiziaria dello Stato di emissione ha inflitto al ricorrente per la commissione dei su indicati fatti di reato. Non pertinente, di conseguenza, deve ritenersi il riferimento dal ricorrente operato ai principii fissati da questa Suprema Corte (Sez. Un., n. 42858 del 29/05/2014, dep. 14/10/2014, Rv. 260697) riguardo ai poteri di rideterminazione della pena da parte del giudice dell'esecuzione a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, poiché la Corte d'appello nel caso in questione doveva determinare la pena da eseguire nello Stato applicando i criteri specificamente previsti dal su citato d.lgs. n. 161/2010 (Sez. 6, n. 20527 del 14/05/2014, dep. 19/05/2014, Rv. 259785) ed era tenuta, quindi, ad attenersi alla durata della pena come fissata dall'Autorità giudiziaria dello Stato di condanna, con il solo limite della sua incompatibilità per durata e natura (ciò che, ovviamente, avrebbe giustificato la possibilità di un adattamento della sanzione), irrilevante dovendosi ritenere la eventuale diversità dei limiti edittali rispettivamente previsti per il fatto-reato dalle due legislazioni. 2. L'ordinanza impugnata, in definitiva, ha fatto buon governo dei principii al riguardo stabiliti da questa Suprema Corte (arg. ex Sez. 6, n. 4413 del 29/01/2014, dep. 30/01/2014, Rv. 258259), secondo cui, in tema di mandato di arresto europeo, qualora la Corte d'appello disponga, ai sensi dell'art. 18, comma primo, lett. r), I. 22 aprile 2005, n. 69, che la pena detentiva inflitta dallo Stato di emissione sia eseguita in Italia, il principio della conformità al diritto interno impone l'esecuzione dello stesso tipo di pena prevista per il reato in Italia, con il logico corollario che, solo in caso di incompatibilità della natura e della durata delle pene previste nei due ordinamenti, la stessa sarebbe tenuta a procedere agli adattamenti necessari, applicando i principii fissati - in tema di reciproco riconoscimento delle sentenze penali che irrogano pene detentive, ai 1, lett. f), del d. Igs. n. 161/2010 e 73 del d.P.R. n. 309/90, i profili attinenti alla fini della loro esecuzione nell'Unione europea - dalla diversa disposizione di cui all'art. 10, comma quinto, del su citato d. Igs. (pena non inferiore a quanto previsto dalla legge italiana, né inferiore a quella applicata nello Stato di emissione; pena detentiva non convertibile in sanzione pecuniaria). Nel caso in esame, infatti, la Corte distrettuale ha congruamente posto in rilievo il dato, dirimente, che la pena applicata dall'Autorità francese in base alla disciplina normativa in vigore in quello Stato membro (quattro anni) è sua volta delinea per la medesima fattispecie di reato - relativa alle droghe cd. "leggere" - una cornice edittale ricompresa fra un limite minimo di due ed un limite massimo di sei anni di reclusione. 3. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ex art. 616 c.p.p. . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, lì, 18 novembre 2015 Il Consigliere estensore Il Presidente pienamente compatibile con i parametri previsti dalla legislazione italiana, che a

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