Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4723 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 1 Num. 4723 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

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sul ricorso proposto da:
QUIRINI EMANUELA N. IL 01/10/1964
avverso l’ordinanza n. 16/2013 TRIBUNALE di LUCCA, del
19/02/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCELLO
ROMBOLA’;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. 5414A u_ii,,9(tu,
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 20/11/2013

Ritenuto in fatto

Ricorreva per cassazione la difesa, deducendo violazione di legge sia in relazione alla norma
sostanziale dell’art. 240 cp (i preziosi erano stati confiscati sulla mera presunzione, fondata sui
trascorsi penali della Quirini, peraltro definitivamente prosciolta nel procedimento da cui era
scaturito il sequestro, che fossero oggetto di furto) sia a quella processuale dell’art. 263.3. cpp
(la Quirini si proclamava proprietaria dei beni sequestrati e poi confiscati e quindi legittimata a
rivendicarne la proprietà in sede civile nei confronti di coloro cui erano già stati restituiti come
proprietari e, specialmente, nei confronti di coloro tra i quali, come avvenuto per un ciondolo a
forma di stella e per un orologio Rolex da donna, vi era controversia sulla proprietà). Chiedeva
l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso (in
quanto generico, non autosufficiente, in fatto e meramente riproduttivo di questioni più volte
presentate e rigettate nel merito).
Seguiva in replica memoria difensiva del 4/11/13, con cui si insisteva nel ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso, generico (oltre che largamente non autosufficiente), è inammissibile.
Esso non è pertinente ai motivi dell’ordinanza impugnata, che in via preliminare (e assorbente)
ricorda come sulla stessa questione quel giudice si fosse motivatamente pronunciato altre tre
volte con ordinanze di rigetto, in nessun caso impugnate per cassazione. Solo secondariamente
si riportava alle loro motivazioni ed aggiungeva (peraltro correttamente, vista la ratio dell’art.
263.3. cpp, che ipotizza un contrasto tra le vittime del reato, ciascuna delle quali rivendichi il
bene rinvenuto) che la trasmissione degli atti al giudice civile riguardava, se mai, chi avesse
riconosciuto come propri i beni sequestrati (e, non essendo adottabile d’ufficio, richiedeva
l’impulso di parte). La ricorrente ignora invece l’assorbente premessa del giudice dell’ordinanza
impugnato e ripete (peraltro senza documentarle) le proprie considerazioni di merito (anche
sulla questione dell’art. 263.3. cpp). In mancanza della dovuta pertinenza il ricorso è aspecifico
(art. 581.1., lett. c, cpp) e, per ciò solo, inammissibile (art. 591.1., lett. c, cpp).
Va comunque ricordato (Cass., III, sent. n. 10224/10, rv. 246346) che “l’inammissibilità per
manifesta infondatezza di una richiesta d’incidente di esecuzione può essere rilevata, d’ufficio,
in sede di legittimità, con conseguente declaratoria d’inammissibilità del ricorso per cassazione
proposto avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, il quale, anziché dichiararla
inammissibile, l’abbia erroneamente presa in esame, rigettandola” (nella fattispecie la richiesta
costituiva mera riproposizione di precedenti già rigettate, basata sui medesimi elementi).
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna della parte ricorrente al pagamento
delle spese processuali e di una congrua somma alla Cassa delle ammende (art. 616 cpp).
Pqm
1

Con ordinanza 19/2/13 il Tribunale di Lucca, giudice dell’esecuzione, rigettava l’opposizione ex
art. 667.4. cpp di Quirini Manuela avverso il provvedimento 9/12/12 dello stesso Tribunale che
negava la restituzione dei preziosi sequestrati il 16/12/96 alla Quirini dalla S.M. della Questura
di Lucca: nel riportarsi a tre precedenti ordinanze di rigetto (in nessun caso impugnate per
cassazione), il Tribunale precisava che la trasmissione degli atti al giudice civile evocata dalla
Quirini ex art. 263.3. cpp (che peraltro avrebbe riguardato non tanto la predetta quanto coloro
che contemporaneamente avevano riconosciuto beni in sequestro) chiedeva l’impulso di parte.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Roma, 20/11/13

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