Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4722 del 20/11/2013


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Penale Ord. Sez. 1 Num. 4722 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

S.EA o RiSì API

N 1A

sul ricorso proposto da:
IZZO PIETRO N. IL 26/05/1966
avverso l’ordinanza n. 795/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
30/10/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARCELLO
ROMBOLA’;
lette/somliteJe conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 20/11/2013

Ritenuto in fatto

Il giudice osservava come la permanenza del reato associativo (finalizzato alla commissione di
più rapine armate nell’agro nocerino negli anni 1995 e 1996) fosse cessata con la sentenza di
primo grado (Tribunale di Nocera Inferiore) il 14/7/98, mentre i due tentativi di rapina fossero
stati commessi (in Teverola e Gaeta) nel giugno 2001 (e riconosciuti in continuazione con altre
rapine giudicate in Roma: sentenza 3/2/09 della Corte di Appello di Napoli, irr. il 3/12/10).
Ricorreva per cassazione Vizzo con atto a sua firma, deducendo vizio di motivazione: il giudice
dell’esecuzione non aveva considerato che anche il giudice di appello di Salerno (con la sua
sentenza del 17/6/03) aveva ritenuto che i reati fine dell’associazione andassero ben oltre i
tre contestati nel 1995 e 1996, commessi tra Pagani e Nocera Inferiore, di talché era corretto
ritenere unificati dal vincolo della continuazione anche le due tentate rapine di Teverola e di
Gaeta del 2001. Chiedeva l’annullamento.
Nel suo parere scritto il PG presso la S.C., ritenuto nel potere del giudice dell’esecuzione di
verificare in concreto la possibilità che il reato associativo si sia protratto nel tempo oltre quello
formalmente individuato nella sua contestazione (aperta), chiedeva l’annullamento con rinvio
del provvedimento impugnato per nuovo esame sul punto.
Considerato in diritto
Il ricorso, infondato, va rigettato. Il ricorrente parte dalla premessa che la riconducibilità di più
reati in un contesto associativo sia di per sé viatico al riconoscimento della continuazione fra gli
stessi (tra il reato associativo e i reati fine e i reati fine tra loro). Sulla base di tale premessa
teorica, sostiene in fatto la prosecuzione nel tempo dell’associazione nocerina oltre gli anni ’90,
anche in forza di quanto riconosciuto nella sentenza salernitana e cioè che i reati-fine realizzati
dalla consorteria criminosa andavano ben oltre quelli contestati in quel procedimento. Quindi le
rapine (a parte quelle del 1995 e 1996 per le quali vi era giudicato) non erano cessate con la
formale cessazione dell’associazione nel 1998 (data della sentenza di primo grado) ed anche
quelle di Teverola e Gaeta del 2001 (già riconosciute in continuazione con altri fatti giudicati in
appello a Roma) andavano riconosciute in continuazione con i reati precedenti.
L’assunto teorico di partenza è errato. Non tutti i reati fine sono in continuazione con il reato
mezzo (e tra loro), il reato continuato presupponendo una componente ideativa e deliberativa
del singolo reato da commettere che prescinde dall’esistenza di un’associazione di base. Sul
punto la giurisprudenza di questa Corte è netta: “Il programma associativo di un’associazione
per delinquere va tenuto distinto dal disegno criminoso la cui unicità costituisce presupposto
essenziale per la configurabilità della continuazione fra più reati, atteso che quest’ultima
richiede la rappresentazione, fin dall’inizio, dei singoli episodi criminosi, individuati almeno
nelle loro linee essenziali, e pertanto è ravvisabile solo quando risulti che l’autore abbia già
previsto e deliberato in origine, per linee generali, l’iter criminoso da percorrere e i singoli reati
attraverso i quali si snoda; ne consegue che la partecipazione ad una associazione per
delinquere non può costituire, di per sé sola, prova dell’unicità di disegno criminoso fra i reati
commessi per il perseguimento degli scopi dell’associazione” (Cass., sez. I, sent. n. 3834 del
15/11/00, dep. 31/1/01, rv. 218397).
1

Con ordinanza 30/10/12 la Corte di Appello di Napoli, giudice dell’esecuzione, rigettava una
istanza di Izzo Pietro intesa al riconoscimento della continuazione tra i reati (associazione per
delinquere finalizzata alla commissione di rapine armate e due tentate rapine riconosciute in
continuazione con altri fatti di reato precedentemente giudicati) di cui a due sentenze definitive
nei suoi confronti.

Ciò detto, posto che il vincolo continuativo tra i reati (reato mezzo e reati fine e reati fine tra
loro), pur se non necessario, è tuttavia possibile, è anche vero (come non manca di segnalare
il PG concludente) che spetta al giudice dell’esecuzione la sua verifica in concreto.
Ma è esattamente quanto il giudice dell’esecuzione ha fatto nel caso in esame, esplicitamente
desumendo dai reati stessi l’assenza del vincolo (ovvero, il che è lo stesso, l’assenza di prova

Il giudice, infatti, ha ben messo in rilievo come i reati che si assumono in continuazione con il
reato associativo e le tre rapine commesse nell’agro nocerino (tra Pagani e Nocera Inferiore)
tra il 1995 e il 1996 siano avvenuti in contesti territoriali (Teverola e Gaeta) del tutto avulsi dai
precedenti (mentre erano stati riconosciuti in continuazione con altri fatti commessi nel Lazio,
giudicati dalla Corte d’Appello di Roma): la ragguardevole distanza tra i due contesti territoriali
impedisce di ritenere che le ultime tentate rapine e gli altri reati commessi nel diverso ambito
territoriale (marcatamente più a settentrione) fossero già stati ideati e deliberati al tempo della
costituzione dell’associazione per delinquere nocerina e delle tre rapine allora commesse e non
fossero piuttosto il frutto di una sopravvenuta modifica di strategia delinquenziale.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Pqm
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 20/11/13

alcuna della sua esistenza).

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