Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 472 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 472 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) GUALTIERI ANTONIO N. IL 23/10/1979
avverso la sentenza n. 10/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
CATANZARO, del 10/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA
Udito il Procuratore Cwnerale inApersona del Dott.
che ha conclusaer 9
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I

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 04/12/2012

RITENUTO IN FATTO
La Corte di assise di appello di Catanzaro, giudicando in sede di rinvio, ha riformato, per
esclusione della circostanza aggravante di cui all’art. 61 n. 4 c.p., la sentenza emessa il 25
luglio 2008 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di quella città, all’esito del
giudizio abbreviato, di condanna nei confronti di Antonio Gualtieri alla pena di anni trenta di
reclusione per i delitti di concorso in omicidio di Domenico Torchia e dei connessi reati di
illegale detenzione di armi e di tentativo di distruzione, mediante incendio, del cadavere della

indicata.
La Corte territoriale ha premesso che la sentenza di condanna fu annullata in
accoglimento della censura difensiva circa la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 4
c.p., dell’aver cioè adoperato sevizie e dell’aver agito con crudeltà, in quanto il Gualtieri non
aveva preso parte alla fase esecutiva. Ha quindi escluso la ricorrenza di detta aggravante,
riscontrando l’assenza in atti di elementi di prova circa il coinvolgimento del Gualtieri nella fase
esecutiva dell’omicidio di Domenico Torchia; ma non ha modificato la pena inflitta, dato che il
reato di omicidio è aggravato dalla premeditazione.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso, per mezzo del difensore avv.ti Canzoniere e
Gambardella, Antonio Gualtieri, deducendo:
Violazione di legge, e difetto di motivazione. La Corte di assise di appello, quale
giudice del rinvio dopo l’annullamento limitatamente alla circostanza aggravante di
cui all’art. 61 n. 4 c.p., avrebbe dovuto rideterminare la pena per adeguarsi alle
statuizioni della pronuncia di annullamento. Se, infatti, la Corte di cassazione avesse
ritenuto ininfluente sulla determinazione della pena il giudizio di esclusione della
circostanza aggravante, avrebbe annullato senza rinvio. La Corte territoriale ha
quindi errato nel ritenere che la rideterminazione non potesse essere fatta stante la
ricorrenza della circostanza aggravante della premeditazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato per le ragioni di seguito esposte.
La Corte territoriale non è incorsa in alcun errore né ha disatteso il principio di diritto
posto dalla sentenza di annullamento. Ha, infatti, escluso la circostanza aggravante, in ciò
facendo corretta applicazione della statuizione di questa Corte, ma legittimamente non ha
tratto alcuna conseguenza in punto di trattamento sanzionatorio, posto che il delitto di omicidio
è stato commesso con premeditazione e questa è circostanza aggravante che determina in
modo autonomo la pena, sostituendo la reclusione con l’ergastolo.
È allora ovvio che l’esclusione di una circostanza aggravante ordinaria non abbia potuto avere
incidenza sul trattamento sanzionatorio detentivo, perché quella circostanza può esplicare
efficacia soltanto su pene temporanee.
Il ricorso è allora inammissibile, ma, avendo avuto ad oggetto soltanto una questione
inerente il trattamento sanzionatorio – e specificamente alla sua misura – che è estranea

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vittima; e ha confermato, per il resto e quindi anche per quel che attiene alla pena, la sentenza

all’ambito nel quale può essere apprezzato un interesse della parte civile alla statuizione del
giudice penale, la parte civile non può vedersi riconosciuto il diritto alla rifusione delle spese,
che invece ha inteso far valere.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue condanna alle spese e a una somma, che si
reputa equa nella misura di C 1000,00, in favore della Cassa delle ammende, non sussistendo
alcuna ipotesi di carenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, secondo
l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e etioattrrrep al versamento della somma di C 1000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso, il 4 dicembre 2012.

P.Q.M.

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