Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47191 del 09/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 47191 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Cicalese Lina, nata a Corigliano Calabro il 01/12/1964

avverso l’ordinanza del 18/05/2012 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
lette le richieste del Procuratore generale, che ha concluso chiedendo
declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 18 maggio 2012 la Corte d’Appello di Milano ha
dichiarato inammissibile l’appello proposto da Lina Cicalese avverso la sentenza
di condanna emessa nei suoi confronti dal locale Tribunale per il reato di cui
all’art. 485 cod. pen.. Ha ritenuto quel collegio che i motivi d’impugnazione non
soddisfacessero il requisito di specificità, in quanto tali da evidenziare ictu °culi
un fine dilatorio e pretestuoso.

Data Udienza: 09/04/2013

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, per il tramite del difensore,
affidandolo a un solo motivo. Con esso contesta il giudizio di genericità espresso
dalla Corte di merito, assumendo che nell’atto di appello i motivi d’impugnazione
. errano stati enunciati, sia pur in termini minimi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Sotto un primo profilo la deduzione dei motivi destinati a sorreggerlo è
inosservante del requisito di specificità. La ricorrente, invero, si limita a
sostenere che «in termini, sia pur minimi, i motivi di appello sono stati
enunciati», senza minimamente spiegare in che modo si sarebbe dovuto trarne
l’indicazione del «punto» devoluto alla cognizione del giudice di secondo grado,
nonché le ragioni di dissenso dalla decisione appellata e il contenuto della
diversa deliberazione sollecitata al giudice del gravame.
1.2. Sotto un secondo profilo il ricorso è manifestamente infondato. L’esame
dell’atto di appello proposto dalla Cicalese avverso la sentenza del Tribunale di
Milano permette di evidenziare che la critica mossa dall’appellante è consistita
soltanto nella seguente proposizione: «Concesse le attenuanti generiche, per
via dell’incensuratezza e dell’inserimento sociale del prevenuto, così come
ricordato dal giudicante, le stesse avrebbero dovuto essere dichiarate
prevalenti sull’aggravante contestata e la pena comminata nel minimo
edittale». Orbene, considerato che l’accenno a un preteso inserimento sociale
del «prevenuto» (in realtà di sesso femminile: il che evidenzia vieppiù il
carattere stereotipato dei motivi di gravame), in mancanza di qualsiasi
specificazione, è una vuota formula del tutto priva di concretezza, e rilevata
l’incongruità dell’argomento basato sulla mancanza di precedenti penali, alla
stregua del disposto dell’art. 62-bis, comma secondo, cod. pen., nel testo
introdotto dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, ne risalta la condivisibilità del
giudizio espresso dalla Corte milanese, secondo cui la proposizione del
gravame ha svolto una funzione meramente dilatoria (evidentemente in vista
della prospettata maturazione del termine prescrizionale).

2.

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso conseguono le

statuizioni di cui all’art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

2

A

1. Il ricorso è inammissibile, per due autonomi ordini di ragioni.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso il 09/04/2013.

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