Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47186 del 29/01/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 47186 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: MICHELI PAOLO

SENTENZA

sui ricorsi proposti nell’interesse di

Fortunato Fabio, nato a Torre del Greco il 22/10/1988

Papa Michele, nato a Torre Annunziata il 13/12/1988

avverso l’ordinanza emessa il 03/08/2012 dal Tribunale di Napoli

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Dott. Paolo Micheli;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott.
Giuseppe Volpe, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei
ricorsi;
udito per i ricorrenti l’Avv. Pasquale Morra, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento dei ricorsi, e l’annullamento del provvedimento impugnato

RITENUTO IN FATTO

Data Udienza: 29/01/2013

1. Il 03/08/2012, il Tribunale di Napoli emetteva un’unica ordinanza sui
distinti gravami presentati da Catello Raia, Michele Papa e Fabio Fortunato
avverso il provvedimento restrittivo adottato il 16/07/2012 nei confronti dei
suddetti dal G.i.p. dello stesso Tribunale (che ne aveva disposto la custodia in
carcere, perché gravemente indiziati di avere partecipato alla associazione di tipo
mafioso denominata “clan Gionta”, finalizzata fra l’altro alla commissione di reati
ex art. 629 cod. pen.): la richiesta di riesame presentata dal Papa era dichiarata
inammissibile, mentre venivano rigettate quelle concernenti le residue posizioni.

nell’interesse del Papa erano stati dedotti profili di doglianza esclusivamente in
ordine alla qualificazione giuridica dell’addebito, senza che il titolo custodiale
impugnato venisse censurato sul piano della gravità indiziaria o delle esigenze
cautelari ravvisate quanto alla figura del prevenuto.
In relazione al Fortunato, premessa la sicura esistenza della consorteria
criminale ipotizzata (fra l’altro, in base ai risultati di numerosissime
conversazioni intercettate), il Tribunale evidenziava come dalle indagini compiute
emergesse:

un suo ruolo di esattore di pagamenti estorsivi, affidatogli da tale Teodoro
Napoli (poi ucciso in un agguato del maggio 2011);

una serie di colloqui con i suddetti Papa e Raia, aventi ad oggetto le
comuni attività illecite ed alcune reprimende che egli stesso aveva
ricevuto in punto di fedeltà al sodalizio, tanto che gli era stata prospettata
l’estromissione dal gruppo e (quale unica possibilità conseguente)
l’eventuale affiliazione ad un clan rivale.
In punto di esigenze cautelari, l’ordinanza rilevava la mancata acquisizione

di elementi idonei a far ritenere reciso il legame di tutti gli indagati con la
compagine associativa, e la necessità di adottare la massima misura restrittiva
onde «sradicare il soggetto dal territorio e dal dan di influenza».

2. Propone ricorso per Cassazione il difensore del Fortunato, che sollecita
l’annullamento dell’ordinanza impugnata per mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione, censurandone anche la tecnica di
redazione perché caratterizzata dal rinvio per relationem al contenuto del
provvedimento emesso dal G.i.p.
In particolare, il ricorrente sostiene che dalle intercettazioni ambientali
richiamate nel primo titolo restrittivo non emerge l’adesione del Fortunato al
clan, bensì l’intenzione di Teodoro Napoli di coinvolgere quest’ultimo in progetti
di carattere criminale, peraltro da ritenere sue iniziative personali e non già
assunte per conto di quella od altra associazione camorristica. I colloqui con il

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L’anzidetta declaratoria di inammissibilità derivava dal rilievo che

Papa non sarebbero poi in alcun modo ricollegabili ad attività di rilievo penale, e
quelli con il Raia avevano ad oggetto il risentimento di costui verso il Fortunato,
perché la moglie separata del primo intratteneva una relazione con l’odierno
ricorrente: era per questo che il Raia, “tra il serio e il faceto”, aveva prospettato
al rivale di procurarsi una protezione in ambito criminale, a nulla rilevando la
circostanza che in una conversazione lo stesso Raia avesse ricordato
genericamente all’interlocutore di avere “fatto i movimenti” e “rischiato la

3. Propone altresì ricorso il Papa, con atto da lui personalmente sottoscritto.
Il ricorrente lamenta difetto ed illogicità della motivazione circa la ritenuta
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, richiamando la giurisprudenza di
legittimità in ordine alle regole da applicare nella valutazione delle chiamate in
reità o correità: nel caso di specie, non sarebbe stata rispettata l’esigenza della
ricerca di doverosi riscontri esterni individualizzanti alle dichiarazioni dei
collaboratori di giustizia circa la sua posizione, oggetto di delazioni generiche e
prive di riferimenti di sorta a concreti episodi delittuosi a lui ascrivibili.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi debbono qualificarsi inammissibili.
1.1 Quanto al Fortunato, è di immediata evidenza come la difesa proponga
in questa sede una lettura delle conversazioni intercettate alternativa a quella
fatta propria dai giudici di merito.
Alla Corte di Cassazione deve invece ritenersi preclusa la rilettura degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma
adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti,
ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa,
dovendo il giudice di legittimità soltanto controllare se la motivazione della
decisione di merito sia intrinsecamente razionale e capace di rappresentare e
spiegare l’iter logico seguito. Quindi non possono avere rilevanza le censure che
si limitano ad offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, e la
verifica della correttezza e completezza della motivazione non può essere
confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite: la Corte, infatti,
«non deve accertare se la decisione di merito propone la migliore ricostruzione
dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma limitarsi a verificare se
questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una

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carcerazione” insieme a lui.

plausibile opinabilità di apprezzamento» (v., ex plurimis, Cass., Sez. IV, n. 4842
del 02/12/2003, Elia).
Né i parametri di valutazione possono dirsi mutati per effetto delle modifiche
apportate all’art. 606 cod. proc. pen. con la legge n. 46 del 2006, essendo stato
affermato e più volte ribadito che anche all’esito della suddetta riforma «gli
aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell’apprezzamento del
significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono
rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso

inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a
sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio» (Cass., Sez. V, n.
8094 dell’11/01/2007, Ienco, Rv 236540).
Nella fattispecie, al contrario, la difesa punta proprio a far rivalutare a
questa Corte le emergenze istruttorie, occupandosi soltanto degli elementi di
fatto a dispetto della dedotta sussistenza di vizi ex art. 606, comma 1, lett. e)
cod. proc. pen.: non a caso, anche in sede di discussione orale la difesa ha
particolarmente insistito su un presunto “travisamento dei fatti” (e non già della
prova) in cui sarebbe incorso il Tribunale di Napoli.
1.2 L’inammissibilità del ricorso del Papa deriva invece dalla manifesta
incoerenza delle ragioni di doglianza rispetto al contenuto del provvedimento
impugnato. Il Tribunale risulta avere preso atto che la richiesta di riesame
presentata involgeva soltanto questioni relative alla qualificazione giuridica degli
addebiti (in particolare, quanto alla ravvisabilità o meno in capo all’indagato della
veste di reggente del sodalizio, piuttosto che di mero partecipe) rendendo così il
gravame inammissibile per difetto di interesse; l’odierno ricorso, senza in alcun
modo confrontarsi con le argomentazioni adottate dai giudici di merito, si risolve
invece in una censura del giudizio di attendibilità che sarebbe stato espresso sul
conto dei soggetti da cui provengono le chiamate in reità od in correità a carico
del Papa.

2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna di ciascun
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi
profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, in quanto
riconducibile alla loro volontà (v. Corte Cost., sent. n. 186 del 13/06/2000) – al
pagamento in favore della Cassa delle Ammende della somma di C 1.000,00,
così equitativamente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
Dal momento che alla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del Fortunato e del Papa, dovranno curarsi gli adempimenti previsti dalla
norma indicata in dispositivo.

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giustificativo sulla loro capacità dimostrativa e […], pertanto, restano

P. Q. M.

Dichiara inammissibili i ricorsi, e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp.

Così deciso il 29/01/2013.

att. cod. proc. pen.

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