Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47181 del 18/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 47181 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Ambrosino Giuseppe, nato a Pignataro Maggiore il 18/01/1960
awerso la sentenza del 21/01/2013 del Giudice di pace di Pistoia R.G. n. 157/2010
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione svolta dal Consigliere Dott. Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Oscar Cedrangolo, che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 21/01/2013 il Giudice di pace di Pistoia ha ritenuto Giuseppe Ambrosino
responsabile dei reati di cui agli artt. 594, 612, cod. pen., commessi in data 06/03/2006
(capo a) e di cui agli artt. 81, 612, cod. pen., commesso tra il 16/05/2006 e il 21/05/2006
(capo d).
In punto di trattamento sanzionatorio, il giudice ha ritenuto più grave il reato di cui all’art.
594, cod. pen., applicando sulla pena individuata gli aumenti per la continuazione.
2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti
motivi.
2.1. Con il primo motivo, si lamenta violazione degli art. 129 e 597 cod. pen., con
riferimento ai reati di cui al capo a), che si assumono commessi in data 06/03/2006 e in
relazione ai quali non risulta acquisita la necessaria querela.
2.2. Con il secondo motivo, si lamentano vizi motivazionali, dal momento che il giudice di
pace aveva affidato la ritenuta attendibilità della persona offesa alle dichiarazioni del
1

Data Udienza: 18/07/2013

maresciallo Ugolini, il quale, tuttavia, aveva svolto indagini per altri fatti e altre persone e,
comunque, aveva riferito delle risultanze di tabulati telefonici, che avevano smentito la
persona offesa, la quale aveva affermato di avere chiamato il ricorrente solo due o tre volte.
2.3. Con il terzo motivo e il quarto motivo, si lamentano violazione dell’art. 81 cod. pen. e
vizi motivazionali, per avere il giudice di pace posto a base del calcolo della pena il reato di
ingiuria, senza verificarne la maggiore gravità in concreto.
Considerato in diritto
1.11 primo motivo è inammissibile, in quanto la questione di improcedibilità del reato per

n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568).
2. Inammissibile è, del pari, il secondo motivo, dal momento che le regole dettate dall’art.
192, comma 3, cod. proc. pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le
quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell’affermazione di penale
responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità
soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in
tal caso essere più penetrante e rigorosa rispetto a quello cui vengono sottoposte le
dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214).
In ogni caso, la verifica attraverso indici esterni delle dichiarazioni della persona offesa non
si deve tradurre nell’individuazione di prove dotate di autonoma efficacia dimostrativa, dal
momento che ciò comporterebbe la vanificazione della rilevanza probatoria delle
dichiarazioni della prima.
Ciò posto, le dichiarazioni del teste Ugolini hanno rappresentato, nel percorso motivazionale
del giudice di merito, il riscontro della complessiva attendibilità della persona offesa, per cui
non coglie nel segno la critica secondo cui la deposizione del teste riguarda altre vicende
inserite nel medesimo contesto.
Del pari, il brano della deposizione del teste Ugolini non consente affatto di ritenere che la
persona offesa abbia mentito quando ha detto di avere chiamato l’imputato due — tre volte
per dirgli di smettere, in quanto le dichiarazioni del teste fanno genericamente riferimento a
“chiamate alternate” e non a “numerose chiamate alternate”.
3. Il terzo motivo e il quarto motivo sono infondati, giacché, come chiarito da Sez. U, n.
25939 del 28/02/2013, Ciabotti, Rv. 255347), la valutazione della maggiore gravità del reato,
va operata in astratto in base alla pena edittale prevista per il reato ritenuto dal giudice in
rapporto alle singole circostanze in cui la fattispecie si è manifestata e all’eventuale giudizio
di comparazione fra di esse (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013 – dep. 13/06/2013, P.G. in
proc. Ciabotti e altro, Rv. 255347).
4. Alla decisione di rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

2

mancanza di querela non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità (Sez. 3,

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 18/07/2013

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