Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4717 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4717 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAVALLO ALDO

Data Udienza: 08/11/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BUONOCORE VINCENZO N. IL 24/03/1977
avverso l’ordinanza n. 1732/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
SALERNO, del 23/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
lettelsentite le conclusioni del PG Dott. Cr bvw-omi . Òf
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Uditi difensor Avv.;

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Ritenuto in fatto

1.

Buonocore Vincenzo ricorre, per il tramite del suo difensore, avverso

l’ordinanza emessa il 23.1.2013 dal Tribunale di sorveglianza di Salerno, che, ha
rigettato l’impugnazione proposta avverso il provvedimento del 29.11.2012 del
Magistrato di sorveglianza della stessa città, che, in sede di riesame della
pericolosità sociale del predetto Buonocore, già sottoposto a libertà vigilata per
la durata di anni uno, aveva disposto l’applicazione della misura di sicurezza

1.1 Il Tribunale aveva ritenuto, infatti, per quanto ancora interessa in questa
sede, che il giudizio di accentuazione della pericolosità, espresso dal Magistrato
di sorveglianza, era giustificato dal contenuto dell’informativa dei carabinieri di
Pagani del 12.9.2012 (nella quale si evidenziava che il Buonocore era ritenuto un
partecipe del clan camorristico Fezza) e dalla circostanza che il predetto,
successivamente all’applicazione della misura in data 22.1.2011, era stato
sottoposto a fermo (che aveva comportato la interruzione della misura) ed era
stato raggiunto da ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere, con
la quale gli venivano contestati i reati ex artt. 110, 629 cod. pen. e 7 legge n.
203/91 (misura cautelare poi sostituita con quella degli arresti domiciliari, con
provvedimento del 29 novembre 2011).
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Nel ricorso il Buonocore deduce violazione di legge, sul rilievo che

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2.

l’aggravamento della misura avrebbe potuto essere disposto solo in presenza di
un accresciuta pericolosità ed in presenza di una trasgressione degli obblighi
imposti con la libertà vigilata, presupposto non sussistente nella specie, non
avendo il tribunale tenuto conto che il prevenuto, era stato assolto
dall’imputazione di partecipazione al clan Fezza, con sentenza del Tribunale di
Nocera Inferiore, confermata in appello il 13 luglio 2012 e che i fatti di estorsione
aggravata ascritti al ricorrente – e per i quali lo stesso ha subito condanna in
primo grado – risultano commessi fino al 20.2.2011, prima quindi della sua
sottoposizione alla libertà vigilata (22.1.2011).

Considerato in diritto

1. L’impugnazione proposta nell’interesse del Buonocore è fondata e merita
accoglimento.
Ed invero, come ripetutamente affermato da questa Corte regolatrice (Sez. 1, n.
4600 del 16/01/2003 – dep. 30/01/2003, Fontana, Rv. 223313; Sez. 1, n. 39763
del 13/10/2005 – dep. 31/10/2005, Panico, Rv. 232513), in sede di riesame della
pericolosità a norma dell’art. 208 cod. pen., il giudizio di eventuale persistenza
1

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dell’assegnazione ad una casa di lavoro per la durata di un anno.

della pericolosità comporta un semplice prolungamento della misura della libertà
vigilata, originariamente applicata. La sostituzione della libertà vigilata con una
misura più grave, come l’assegnazione ad una casa di lavoro, non può essere
disposta in sede di riesame della pericolosità, se non nel caso in cui l’interessato
abbia trasgredito gli obblighi impostigli durante il periodo di sottoposizione alla
libertà vigilata, come previsto dal citato art. 231.
Nella fattispecie non si è fatto alcun riferimento all’eventuale trasgressione, da
parte del sottoposto, degli obblighi inerenti alla libertà vigilata, ma soltanto ad

essa. L’aggravamento della misura stessa appare quindi chiaramente disposto
contra legem, non potendo equipararsi a violazione degli obblighi imposti ne’ il

contenuto di un’informativa di polizia che segnalava l’appartenenza del
prevenuto ad un’associazione per delinquere di tipo mafioso – specie in caso di
sopravvenuto proscioglimento del soggetto dall’imputazione associativa – ne’,
tanto meno, la sottoposizione a misura cautelare, avente presupposti e natura
totalmente diversi.
Vero è che la sostituzione della libertà vigilata con la casa di lavoro può derivare,
come implicita conseguenza della trasgressione degli obblighi imposti, da una
intervenuta condanna, anche non definitiva, del soggetto (v. Cass., Sez. 1^,
sent. n. 6614 del 15.12.1995, D’Angelo); ma si deve pur sempre trattare di
condanna per reati commessi durante la effettiva sottoposizione dello stesso alla
libertà vigilata – che ha avuto inizio il 22.2.2011 – mentre nella fattispecie risulta
che la condanna sopravvenuta riguardava reati commessi in epoca precedente a
tale data.
Diversamente opinando, facendo riferimento cioè alla data in cui il
provvedimento applicativo della misura si sicurezza era stato solo deliberato
(nella specie il 20.1.2011) ma non ancora notificato all’interessato,
l’aggravamento della misura, anziché essere, come previsto dalla legge,
conseguenza di un comportamento successivo alla esecuzione di essa, sarebbe
invece conseguenza di un comportamento antecedente a tale esecuzione.
Ma gli elementi utilizzabili per formulare un giudizio di accresciuta pericolosità, ai
fini della sottoposizione ad una misura di sicurezza più grave della libertà
vigilata, non possono che essere, in applicazione del principio contenuto nell’art.
199 cod. pen., quelli specificamente previsti dalla legge e, in particolare, quelli
previsti dall’art. 231 stesso codice (sia pure con l’equiparazione della
commissione di reati durante l’espiazione della misura, alla trasgressione degli
obblighi imposti).
Ciò, in quanto la disposizione di cui all’art. 208 cod. pen., che regola il riesame
della pericolosità alla scadenza della misura di sicurezza irrogata, non contiene
alcuna norma che consenta al giudice di applicare, in sede di riesame della
2

accadimenti apparentemente avulsi dalla esecuzione della misura ed estranei ad

pericolosità, una misura più grave di quella già applicata, ma soltanto un
prolungamento di essa, qualora risulti che il soggetto, dopo la scadenza del
periodo, sia ancora socialmente pericoloso.

3. Alla luce delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata va
annullata, con conseguente rinvio, per nuova deliberazione, al Tribunale di
sorveglianza di Salerno, che terrà conto dei principi come sopra affermati.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Sorveglianza di Salerno.
Così deciso in Roma, l’8 novembre 2013.

P.Q.M.

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