Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47168 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 47168 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

Data Udienza: 05/11/2013

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Bruno Piroddi, nato a Pescara il 18/07/1965
avverso la sentenza del 17/05/2012 della Corte d’appello di L’Aquila,
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Marco Zanna per il ricorrente, che si è riportato al ricorso
chiedendone l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1.

La Corte d’appello di L’Aquila con sentenza del 17/05/2012 ha

confermato la pronuncia di condanna emessa l’11/10/2007 dal Tribunale di
Pescara nei confronti di Bruno Piroddi in relazione ai reati di cui all’art. 73
comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
2. La difesa deduce con il primo motivo di ricorso violazione di legge
processuale e vizio di motivazione, con riferimento all’eccezione di nullità
processuale proposta. Nei due procedimenti a carico di Piroddi, per i quali in un
primo tempo era stata disposta la riunione, era stata formulata richiesta di
giudizio abbreviato condizionato, a cui non si era dato ingresso nel presente
procedimento, con ciò giustificandosi la separazione dei giudizi.
Si contesta la valutazione della Corte territoriale in argomento, che ha
ritenuto corretto tale procedimento, nel presupposto, erroneo, della mancata
richiesta di abbreviato condizionato in questo procedimento, e dell’irrilevanza

P

delle prove richieste per la definizione del presente giudizio. Si eccepisce che la
situazione descritta nella sentenza era diversa da quanto realmente verificatosi,
ricordando inoltre quanto stabilito dalla Corte di legittimità in ordine alla
necessaria valenza, anche nel procedimento riunito, delle prove assunte nel
diverso giudizio, per principi di economia processuale.
Si esclude conseguentemente la legittimità della decisione assunta sul punto

il diritto di difesa.
3. Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge penale e vizio di
motivazione con riferimento all’accertamento del reato, malgrado dovesse
escludersi l’effetto drogante delle due dosi di stupefacente sequestrate al
ricorrente.
4.

Si rileva da ultimo la presenza di analoghi vizi nella pronuncia, con

riguardo alla determinazione della pena, ed al mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche, decisioni non correlabili alla minima rilevanza del fatto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è 1%et:ii~te inammissibile.
2.

L’esame del verbale di udienza di primo grado ha consentito di

accertare che, in contestualità con la disposta riunione dei procedimenti, la
difesa richiamò la richiesta di definizione con il rito abbreviato condizionato per il
giudizio riunito, circostanza che condusse il giudice a disporre la separazione dei
giudizi e che ha determinato la definizione autonoma del presente procedimento.
In questo giudizio non risulta mai formulata una richiesta, neppure
tardiva di ammissione al rito abbreviato, di qualsiasi natura, né risulta formulata
in primo grado un’opposizione al procedimento seguito, finalizzato ad estendere
la scelta di rito anche al presente procedimento.
La situazione in fatto descritta, già valutata dalla Corte d’appello, per
sollecitare conseguenze giuridiche non previste, risulta in questa sede
esclusivamente riproposta in assenza di specifiche doglianze con riferimento alle
valutazioni della Corte di merito di cui si assume infondatamente la diversità
della situazione di fatto considerata; ciò esclude l’ammissibilità di doglianze sul
punto, per genericità.
3.

Analoghe conclusioni devono raggiungersi con riferimento alla

contestazione di sussistenza del reato, in relazione alla quale si ripropongono i
medesimi argomenti, attinenti alla mancanza di effetto drogante dello
stupefacente, già formulati e superati con la pronuncia impugnata. Il Piroddi è
stato sorpreso in possesso di sostanza stupefacente suddivisa in sei dosi, il cui

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Cassazione VI sez. pen 38648/2012

dalla Corte, che ha ritenuto la presenza di una preclusione probatoria, limitando

quantitativo complessivo consentiva la formazione di due dosi ad effetto
drogante. Poiché l’imputazione si riferirsi al complessivo quantitativo detenuto, a
prescindere dalle sue modalità di confezionamento, la circostanza che ciascuno
dei sei involucri fosse privo di effetto stupefacente non esclude l’antigiuridicità
della condotta, che deve riferirsi al complesso della sostanza detenuta, e non
può artificiosamente suddividersi con la considerazione atomistica della

l’imputazione riguardasse la cessione della singola dose, divenendo in tal caso
dirimente l’accertamento dell’effetto drogante dello specifico oggetto della
vendita, qualificandosi essenziale la dimostrazione della probabilità di un
evento lesivo, attraverso la verifica dell’efficacia drogante della sostanza.
Invero la giurisprudenza di questa Corte che ritiene integrato il reato di
cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, solo qualora venga dimostrato, con
assoluta certezza, che il principio attivo contenuto nella dose destinata allo
spaccio o comunque ceduta sia di entità tale da poter produrre un concreto
effetto drogante (Sez. 4, 12 gennaio 2000, n. 3584, Fucile;
Sez. 4, 19 novembre 2008, n. 6207, Stefanelli; nonché, Sez. 4, 5 aprile 1996, n,
4104, Barkoumi; Sez. 4, 19 dicembre 1996, n. 3189, Buongiovanni; Sez. 4, 28
febbraio 1997, n. 601, Iannelli, precedenti alla decisione delle Sezioni unite del
1998, nonché Sez. 6, Sentenza n. 6928 del 13/12/2011, dep. 22/02/2012, imp.
Choukrallah, Rv. 252036 e da ultimo, Sez. 6, Sentenza n. 8393 del 22/01/2013,
dep. 20/02/2013, imp. Cecconi, Rv. 254857) si è sviluppata con riferimento alla
rilevanza giuridica della specifica attività di cessione, e non può assumere rilievo
ove, come nella specie, la contestazione riguardi la detenzione di sostanza
stupefacente che, pur confezionata in dosi prive di effetto drogante sia
complessivamente nel possesso della persona sottoposta ad indagini, poiché in
tal caso l’azione non può che essere valutata globalmente.
La natura di pericolo dell’imputazione infatti non consente di escludere la
cessione in favore dello stesso consumatore di tutta la sostanza o la futura
scomposizione della stessa in dosi minori, tali da raggiungere la soglia drogante,
e permane conseguentemente tutta la potenzialità offensiva della condotta, che
deve escludersi solo per l’ipotesi in cui l’accertamento penale riguardi una
condotta di vendita già compiuta.
Tale valutazione, già espressa nella pronuncia impugnata, viene in ricorso
semplicemente ignorata, riproponendosi in via astratta la rilevanza del difetto di
concentrazione della sostanza drogante nella singola dose, senza confrontarsi
con quanto diversamente valutato dal giudice di merito per contestarne la
correttezza.
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Cassazione VI sez. pen 38648/2012

detenzione della singola dose, posto che tale distinguo sarebbe possibile solo ove

4.

La genericità caratterizza anche l’ulteriore motivo di ricorso,

riguardante la mancata applicazione in favore dell’interessato delle attenuanti
generiche. Deve ricordarsi in argomento che la mitigazione della pena,
consentita al giudice dall’art. 62 bis cod. pen. costituisce esercizio della sua
discrezionalità che risulta legittimamente svolto ove sorretto da giustificazione.
Nella specie il giudice d’appello ha fatto riferimento ai plurimi e specifici

fronte di tale valutazione, si deduce una contraddittorietà dell’argomentazione,
che non viene segnalata concretamente, provvedendosi ad illustrare elementi
ulteriori, quali la minima entità del fatto che, da un canto risulta già riconosciuta
con l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. cit., dall’altro
non è idonea a superare la valenza negativa degli elementi soggettivi evidenziati.
Con il proposto ricorso si sollecita quindi sul punto una nuova valutazione
di merito, preclusa in questa fase, omettendosi l’indicazione del vizio della
motivazione, che delimita l’ambito valutativo di questa Corte, in relazione al
motivo di ricorso proposto.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma indicata in dispositivo in
favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 05/11/2013

precedenti, escludendo, per la condizione soggettiva tale riconoscimento. A

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