Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47165 del 05/11/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 47165 Anno 2013
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. David Fusco, nato ad Ancona il 22/08/1973
avverso la sentenza del 13/12/2011 della Corte d’appello di Ancona,
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Eugenio
Selvaggi, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Monica Clementi in sostituzione dell’avv. Marina Magistrelli per il
ricorrente, che si è riportato al ricorso chiedendone raccoglimento;
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 13/12/2011, ha
confermato la pronuncia di condanna emessa il 03/11/2004 dal Tribunale di
quella città nei confronti di David Fusco in relazione ai reati di cui agli artt. 73
comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309 e 586 cod. pen.
2. La difesa deduce con il primo motivo di ricorso violazione di legge
penale e illogicità della motivazione fondata su travisamento della prova.
La pretesa fornitura di sostanza stupefacente curata da Fusco nei confronti
di Venturi, successivamente deceduto per gli effetti dell’assunzione della droga,
sarebbe fondata sulla deposizione ditale Mondini, il quale ha dichiarato di aver
visto transitare ì due, insieme alla compagna di Fusco, alle ore 22,15 nei pressi
dì un bar dì Falconara, affermazione che contrasta con quanto riferito da altro
teste che aveva dichiarato dì essersi portato con il Venturi, quella stessa sera

Data Udienza: 05/11/2013

nella piazza di Falconara, dove non c’era nessuno; la contraddittorietà delle
risultanze sul punto rende insussistente l’indizio a carico del Fusco.
Tale individuazione è ulteriormente screditata dal contenuto complessivo
delle dichiarazioni di Mondini, il quale ha ammesso di conoscere Venturi
direttamente, e non il Fusco, che gli era noto solo per la sua fama, rendendo
ancora più inaffidabile quanto riferito. In ogni caso il cadavere di Venturi venne

di riferire della presenza del ricorrente.
Si richiama inoltre la dichiarazione di altro teste che ha indicato la presenza
di Fusco da solo nella piazza di Falconara, senza rilevare la presenza di Venturi,
mentre la cessione di eroina, avvenuta in precedenti occasioni a cura del
ricorrente nei confronti della vittima risulta affermata da un solo teste, e non
corroborata da riscontri.
Analoghe contestazioni vengono formulate quanto alla sussistenza del reato
di cui all’art. 586 cod. pen. cui si è pervenuti sulla base della pretesa conoscenza
da parte di Fusco della particolare fragilità di Venturi, non corroborata da dati di
fatto, mentre risulta disattesa su basi congetturali l’ipotesi alternativa che ad
effettuare la cessione in quel contesto fossero stati i cittadini stranieri, che
avevano provveduto a richiedere i soccorsi.
L’identificabilità della fornitura che aveva avuto effetti letali con quella in
possesso di Fusco risultava esclusa dalla consulenza disposta, poiché solo nella
prima si era rinvenuto un diluente, non presente nella seconda, mentre è
risultata in tutto simile a quella del coimputato, già assolto nel grado di merito.
A fronte di tali osservazioni, non adeguatamente contrastate nel
provvedimento impugnato, si deducono i vizi di contraddittorietà e mancanza di
motivazione.
3. Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge penale per mancata
applicazione della disciplina del reato continuato, malgrado, a tutto concedere, al
Fusco sia possibile attribuire un’unica condotta, con duplicità di evento,
fattispecie tipica della disciplina del concorso formale, di cui si invoca
l’applicazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato, limitatamente alla determinazione della pena.
2. I rilievi svolti in ricorso avverso l’affermazione di responsabilità, pur
formalmente evocando vizi del motivazione, risultano fondati sull’integrale
riproposizione di osservazioni di inattendibilità di singole prove, ampiamente
superate dalla completa argomentazione contenuta nella sentenza impugnata

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Cassazione VI sez. pen 37286/2012

rinvenuto in tutt’altra parte della città, luogo nel quale nessuno è stato in grado

nella quale si è dato conto della coordinazione degli elementi indiziari, il cui
collegamento ha sorretto l’affermazione di responsabilità. Alcuni di tali elementi,
in particolare quanto emerge dalla deposizione resa dal teste Vincenti che ha
riferito della ricerca da parte della vittima per rifornirsi di droga proprio dì Fusco,
ricerca realizzata pochi minuti prima dell’incontro di cui parla l’altro teste,
costituiscono emergenze processuali semplicemente ignorate nell’atto

Tutti gli elementi di fatto contestati in ricorso, risultano, in senso contrario
all’allegazione, pienamente esaminati e coordinati nella pronuncia, e tale
risultnza porta a concludere che l’impugnazione è costituita dalla riproposizione
dei medesimi rilievi proposti nei gradi di merito, illustrati senza operare la
doverosa correlazione dei rilievi proposti rispetto all’effettivo contenuto del
provvedimento impugnato.
Del tutto coerente risulta poi la ricostruzione dell’elemento soggettivo del
reato di cui all’art. 586 cod. pen., fondata sulla consapevolezza nutrita dal
ricorrente dello stato fisico della vittima, al fine di sostenere l’affermazione di
responsabilità per tale imputazione, in forza di quanto sull’argomento precisato
da questa Corte (Sez. U, n. 22676 del 22/01/2009 – dep. 29/05/2009, Ronci, Rv.
243381), mentre la contestazione al riguardo è fondata sulla mancanza di
concretezza delle prove poste a sostegno dell’accertamento.
In realtà la pronuncia evoca in argomento i pregressi costanti rapporti tra
le parti, oltre che la notoria sottoposizione della vittima a più episodi dì
intossicazione conseguente all’uso di stupefacenti, con deduzione che risulta
coerente e completa, soprattutto in considerazione della mancanza di
impugnazione specifica contenuta in atto di appello delle conclusioni raggiunte in
senso conforme sul punto della pronuncia di primo grado, dato di fatto che
inesorabilmente riduceva l’ambito di argomentazione del giudice d’appello.
3. Risulta invece fondato il motivo proposto sulla pena, che è stata

determinata in maniera autonoma per i due reati, malgrado l’unicità naturalistica
della condotta, costituita dalla cessione dello stupefacente che ha poi prodotto
l’evento letale, circostanza che imponeva l’irrogazione di una sanzione secondo il
computo previsto dall’art. 81 comma 1 cod.pen. per il caso dì concorso formale
di reati.

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Proprio l’intervenuta determinazione della pena in misura superiore a
quella prevista dalla legge, e quindi in misura illegale, permette di accogliere il
motivo sul punto, proposto dalla difesa solo in questa fase, in quanto la
violazione della legalità della sanzione permette l’intervento di annullamento
d’ufficio in questo grado (Sez. 3, Sentenza n. 5648 del 12/01/1978,
3

Cessazione VI sez. pen 37286/2012

introduttivo di questo giudizio.

dep. 16/05/1978, imp. Gorini, Rv. 138951, e più di recente Sez. 1, n. 8405 del
21/01/2009 – dep. 25/02/2009, P.G. in proc. Porreca, Rv. 242973), limitato alla
quantificazione della pena.
A seguito dell’accertamento del concorso formale tra i reati deve operarsi
una rideterminazione della pena, individuando il reato più grave e quantificando
la sanzione in aumento rispetto alla pena base, attività che, non comportando un

può che essere rimesso dalla Corte territoriale indicata in dispositivo, che dovrà
svolgere la valutazione rimessagli in argomento, secondo i criteri esposti.
4. Il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena
e rinvia per nuovo giudizio sul punto alla Corte d’appello di Perugia.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 05/11/2013

mero calcolo matematico ma l’esercizio di una discrezionalità determinativa, non

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