Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47159 del 15/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47159 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MARINIELLO GIUSEPPE N. IL 01/04/1965
avverso l’ordinanza n. 2890/2013 TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI, del
22/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA;
le /sentite le conclusioni del PG Dott.
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Uditi difensor Avv.;

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Data Udienza: 15/11/2013

Con ordinanza del 22 aprile 2013, il Tribunale di Napoli ha respinto la richiesta
di riesame avanzata nell’interesse di MARINIELLO Giuseppe avverso l’ordinanza
emessa dal locale Giudice per le indagini preliminari 1’11 marzo 2013, con la quale
era stata disposta nei confronti del predetto la misura della custodia cautelare in
carcere in ordine al reato di cui all’art. 12-quinquies del d.l. n. 306 del 1992,
aggravato a norma dell’art. 7 del d.l. n,. 152 del 1991.
Avverso l’ordinanza indicata in premessa propone ricorso per cassazione il
difensore dell’indagato il quale deduce che nella specie sussisterebbe la competenza
per territorio della Procura della Repubblica di Bologna, essendosi i fatti verificati a
Rimini. Si deduce poi violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto dalla
stessa ordinanza impugnata emergerebbe che il gestore di fatto della ISES era il
Vallefuoco, mentre la moglie ne era la formale intestataria. Né sarebbe dato
comprendere quali fossero i beni frutto di reimpiego di capitali illeciti che il
ricorrente intendeva sottrarre alle eventuali misure di carattere preventivo; infatti, la
ISES era una società di recupero crediti che non aveva beni patrimoniali intestati. Né
elementi concludenti emergerebbero dalle dichiarazioni dei collaboratori Venosa
Umberto e Salvatore o dalle conversazioni intercettate. Non sussisterebbe, poi,
l’aggravante del metodo mafioso e non sussisterebbero esigenze cautelari trattandosi
di fatti che risalgono al 2008, sottolineandosi come, dopo la sentenza della Corte
costituzionale n. 57 del 2013 non può operare la presunzione assoluta di adeguatezza
della custodia cautelare per i reati di criminalità organizzata.
Il ricorso non è fondato. La questione sulla competenza per territorio è infatti
inammissibile, in quanto non prospettata ai giudici del riesame e fondata su profili
meramente assertivi. Quanto al profilo della gravità indiziaria, i giudici del riesame
hanno ampiamente passato in rassegna le plurime e convergenti acquisizioni scaturite
dalle indagini, alla luce delle quali è emerso che Vallefuoco Francesco, associato al
clan degli acerrani, aveva fatto ricorso, su mandato e per conto del MARINIELLO
alla fittizia intestazione della società ISES alla moglie Giuseppina Panico al fine di
eludere possibili misure di prevenzione, nel quadro di una attività destinata ad
agevolare il sodalizio di stampo camorristico che vedeva proprio il MARINIELLO
quale vertice e che si iscriveva nell’ambito di iniziative economiche volte ad
espandere i profitti e la presenza del clan in Emilia Romagna. La ricostruzione del
quadro di accusa è stata puntualmente rievocata dai giudici a quibus in forza di una
disamina delle dichiarazioni rese da Burgagni Michel, dell’univoco e convergente
tenore di varie intercettazioni e delle ulteriori conferme offerte dalle dichiarazioni di
Venosa Salvatore e Venosa Umberto. Il tutto, non senza trascurare le ulteriori
acquisizioni relative ad altre posizioni collegate alla stessa vicenda cautelare, che
hanno suffragato la unitarietà della indagine e la riconducibilità dei fatti all’interno di
un alveo di criminalità organizzata di elevato spessore e che vedeva la società di
i

OSSERVA

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si
provveda a norma dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2013
Il Consigli

estensore

Il Presiden

recupero crediti, oggetto della contestata interposizione fittizia, come momento ed
attività significativa per la cura o lo sviluppo del sodalizio di stampo camorristico.
Risultano, dunque, congruamente asseverati gli elementi per ritenere nella specie
correttamente ritenuta, agli effetti della cautela imposta, l’aggravante di cui all’art. 7
del d.l. n. 152 del 1991, mentre, sul versante della adeguatezza della misura
custodiale ai pericula libertatis ravvisati nella specie, la motivazione offerta dai
giudici a quibus si rivela in sé adeguata ed in concreto satisfattiva delle
caratteristiche cui va plasmata la previgente presunzione tracciata dall’art. 275,
comma 3, cod. proc. pen., alla luce della declaratoria di illegittimità costituzionale
pronunciata dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 57 del 2013.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

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