Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47144 del 17/09/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47144 Anno 2013
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FIGLIUZZI FRANCESCO N. IL 07/02/1967
avverso l’ordinanza n. 190/2013 TRIB. LIBERTA’ di BRESCIA, del
16/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere DO. UGO DE CRESCIENZO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/09/2013

4.

FIGLIUZZI Francesco (sottoposto ad indagini per la violazione dell’art. 629 cp),
tramite il difensore ricorre per cassazione avverso la ordinanza 16.4.2013 con la quale
il Tribunale di Brescia ha rigettato l’istanza di riesame 21.3.2013 del Giudice delle
indagini preliminari applicativa della custodia cautelare in carcere.
La difesa chiede l’annullamento del provvedimento impugnato e deduce:
§1.) ex art. 606 I” comma lett. B) ed E) cpp, erronea applicazione dell’art. 629 cp, in
luogo dell’art. 393 cp e vizio di motivazione. La difesa lamenta che il Tribunale non ha
tenuto nella dovuta considerazione la circostanza che lo imputato abbia agito nella
convinzione di avere agito nella presunzione di esercitare una legittima pretesa, senza
quindi tenere conto del diverso elemento psicologico che caratterizza il delitto di
estorsione rispetto a quello dell’esercizio arbitrario delle proprie ragioni.
Preliminarmente alla udienza la difesa dell’indagato ha fatto pervenire richiesta di
differimento della udienza, per adesione alla manifestazione di astensione dalla attività
di udienza indetta dagli ordini professionali.
RITENUTO IN FATTO
Dalla Lettura del provvedimento impugnato si evince che FIGLIUZZI Francesco è
indagato in relazione a più condotte estorsive (quantomeno a decorrere dal 12.6.2012)
compiute ai danni di MAGNI Alessandro, oltre che per i reati di porto e detenzione di
arma comune da sparo, e danneggiamento. I fatti ascritti si sostanziano nella reiterata
richiesta avanzata dall’indagato nei confronti del MAGNI volta ad ottenere la
restituzione della somma di 1.000.000,00 C data ai fini di finanziare lo acquisto di un
capannone industriale/commerciale.
Il Tribunale ha trovato riscontro e prova dei fatti ascritti (insistenti e reiterate richieste
dirette o indirette, di pagamento di somme di denaro accompagnate da minacce da
parte dell’imputato nei confronti del MAGNI Alessandro) nelle dichiarazioni
testimoniali del MAGNI Tarcisio (fratello della persona offesa), AMBROSINI Mirco
(nipote della persona offesa), ROSSI Stefano, NOZZA Maria Luisa, Avv.to
VALTULINI Giovanni, GOTTI Giuseppe, nonché nelle risultanze delle indagini di
polizia giudiziaria e nelle intercettazioni telefoniche. Lo stesso Tribunale ha rilevato,
nella valutazione delle tesi difensiva dell’indagato come difetti in atti qualsivoglia
riscontro documentale in merito ad un finanziamento di € 1.000.000,00 da parte
dell’indagato a favore del FIGLIUZZI; Il Tribunal,inoltre ha messo in evidenza la
mancanza della prova di esistenza di accordi fra il FIGLIUZZI e la persona offesa in
ordine all’acquisto di un immobile in GHISALBA, pervenendo infine alla constatazione
[pag. 9 della ordinanza] che lo stesso FIGLIUZZI Francesco, nel descrivere la vicenda
economica relativa all’acquisto del capannone commerciale, ha ammesso di non avere
mai trattato con il MAGNI Alessandro o di avere mai raggiunto accordi con questi, ma
di avere concluso accordi contrattuali con il GOTTI Giuseppe, con la conseguenza che
nessuna pretesa poteva comunque essere prospettabile dall’imputato nei confronti della
persona offesa.
RITENUTO IN DIRITTO
Va preliminarmente osservato, conformemente al parere del Procuratore Generale che
non può essere accolta la richiesta di differimento dell’udienza formulata dalla difesa,

MOTIVI DELLA DECISIONE

P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda
alla cancelleria per le comunicazioni di cui all’art. 94 disp. Att. Cpp.
Così deciso in Roma il 17.9.2013

perché nei procedimenti relativi alle “Misure cautelari – (personali o reali che esse siano)
non è consentita l’astensione dall’attività da parte del difensore che intenda aderire ad
una iniziativa di protesta di categoria: l’art 4 del “codice di autoregolamentazione delle
astensioni dalle udienze degli avvocati – del 4.4.2007, approvato con delibera
13.12.2007 dalla Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei
servizi essenziali (avente valore di normativa secondaria) esclude espressamente che
l’astensione possa riguardare le udienze penali “affèrenti misure cautelarli Pertanto la
richiesta di rinvio dell’udienza riportata nella istanza depositata il 6.9.2013 presso la
Cancelleria di questa Corte non può essere accolta.
Passando al merito del ricorso si deve affermarne la manifesta infondatezza.
Il ricorso è generico nel suo contenuto limitandosi ad esprimere un apprezzamento
soggettivo ed in fatto sullo status psicologico dell’indagato e sul suo personale
convincimento di avere esercitato una pretesa legittima; la difesa inoltre non formula
valide censure in diritto sulla correttezza della qualificazione giuridica del fatto o
indicando vizi specifici della motivazione del provvedimento impugnato, desumibili
dalla lettura del medesimo.
In diritto va poi osservato che la decisione del Tribunale è corretta: i delitti di cui agli
articoli 393 e 629 cod. pen. si distinguono in relazione all’elemento psicologico: nel
primo, l’agente persegue il conseguimento di un profitto nella convinzione ragionevole,
anche se infondata, di esercitare un suo diritto, ovvero di soddisfare personalmente
una pretesa che potrebbe formare oggetto di azione giudiziaria; nell’estorsione,
l’agente vuole invece conseguire un profitto (ingiusto, cioè contra ius), pur nella
consapevolezza di non averne diritto [v. ex multis Cass. Sez. Il 29.5.2012 n. 229351.
Dal provvedimento impugnato si evince che lo stesso imputato ha riconosciuto di non
avere avuto alcuna relazione giuridico/commerciale con la persona offesa in relazione
all’acquisto di un capannone, né ha fornito la benche minima dimostrazione di avere
erogato a titolo di finanziamento la somma di un milione di curo, riconoscendo inoltre
di avere trattato con altra e diversa persona. Sotto questo punto di vista appare pertanto
evidente da un lato, l’oggettiva inesistenza di qualsivoglia relazione giuridica tra
indagato e persona offesa idonea a giustificare la formulazione, quantomeno sul piano
astratto, di una valida pretesa giuridica del primo verso il secondo, dall’altro la piena
consapevolezza del FIGLIUZZI di non avere alcuna titolarità, neppure astratta, per
richiedere alla persona offesa qualsivoglia pretesa [pag. 10 dell’ordinanza] patrimoniale.
Pertanto la decisione del Tribunale in ordine alla sussistenza dei sufficienti indizi di
reato di cui all’art. 629 cp, non è contraddittoria, né manifestamente illogica e la censura
è infondata e va rigettata.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, mandandosi il cancelliere per le comunicazioni di legge ex art. 94 disp. Att.
Cpp.

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