Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4714 del 08/01/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4714 Anno 2014
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: ROCCHI GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BEVILACQUA FRANCO N. IL 13/02/1975
avverso la sentenza n. 502/2010 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 09/05/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/01/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI
Udito il Procuratore Generale in ersona del Dott. PI •
che ha concluso per
“S\:3t

Udito, per la part
Udit i difens Avv.

l’Avv

Data Udienza: 08/01/2014

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Catanzaro, con sentenza del 9/5/2013, confermava
quella del Tribunale di Catanzaro che aveva condannato Franco Bevilacqua alla
pena di mesi otto di reclusione per la contravvenzione di cui all’art. 9 legge 1423
del 1956. Secondo l’imputazione, Bevilacqua, sottoposto alla misura di
prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza in forza di un
decreto del Tribunale di Catanzaro, 1’11/11/2005 si era allontanato dalla propria

La Corte riteneva che la prova dell’assenza dall’abitazione tra le ore 4’40 e le
ore 5’30 fosse stata raggiunta sulla base della relazione dei Carabinieri, che
avevano ripetutamente suonato il campanello della porta di ingresso
dell’abitazione dell’imputato; le ipotesi alternative formulate dalla difesa non
avevano pregio alla luce della ricostruzione assolutamente logica dell’evento e
anche perché l’imputato, essendo rimasto contumace, non aveva inteso fornire
la sua versione dei fatti: in sostanza, si trattava di ricostruzioni possibilistiche e
teoriche, nemmeno concretamente probabili.
La condotta integrava il reato contestato, il dolo generico era sussistente, i
precedenti penali impedivano la concessione delle attenuanti generiche, mentre
la pena era stata già calcolata nel minimo edittale dal giudice di primo grado.

2. Ricorre per cassazione il difensore di Franco Bevilacqua, deducendo
distinti motivi.
In un primo motivo il ricorrente eccepisce l’intervenuta prescrizione del
reato intervenuta prima della sentenza di appello.
In un secondo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge penale: il
reato contestato era la contravvenzione di cui all’art. 9, comma 1, legge 1423
del 1956, ma i giudici del merito avevano applicato la pena della reclusione
prevista per il delitto di cui all’art. 9, comma 2, legge 1423 del 1956.
In un terzo motivo si deduce la contraddittorietà della motivazione: gli atti
del procedimento dimostravano soltanto che i carabinieri avevano suonato il
campanello dell’abitazione del ricorrente, ma non che Bevilacqua non si trovava
all’interno. La circostanza provata era solo un indizio, da solo non sufficiente a
provare la responsabilità dell’imputato.
In un quarto motivo il ricorrente deduce mancanza della motivazione con
riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.

2

abitazione in orario non consentito.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo e il secondo motivo di ricorso sono fondati e determinano
l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

Emerge con evidenza la discrasia costituita dalla irrogazione della pena della
reclusione di fronte alla contestazione della contravvenzione di cui all’art. 9,
comma 1, legge 1423 del 1956; non solo: anche la misura della pena
corrisponde a quella prevista dall’ipotesi di cui all’art. 9, comma 2, legge cit.,
poiché il giudice di primo grado aveva individuato il minimo edittale in quello di
anni uno (di reclusione), mentre la contravvenzione contestata prevede un
minimo edittale di mesi tre di arresto.

Occorre, quindi, verificare se ad essere errata fosse l’imputazione formulata
dal P.M.: ma l’analisi del decreto del Tribunale di Catanzaro del 21/1/2001
applicativo della misura di prevenzione nei confronti del ricorrente dimostra con
ogni evidenza che ad essere applicata fu la sorveglianza speciale della pubblica
sicurezza senza obbligo di soggiorno, ai sensi dell’art. 3, comma 1, legge 1423
del 1956.

Se, quindi, il reato esattamente contestato era la contravvenzione di cui
all’art. 9 comma 1 cit., la prescrizione era ampiamente decorsa al momento della
sentenza di secondo grado: applicando l’art. 157 cod. pen. nel testo previgente
(il reato è contestato essere stato commesso 1’11/11/2005), la prescrizione
massima (quattro anni e mezzo) si era compiuta 1’11/5/2011.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.

Così deciso 1’8 gennaio 2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

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