Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47112 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 47112 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PASQUARELLA RAFFAELE N. IL 01/01/1939
avverso la sentenza n. 5470/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del
17/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
vc\-.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 19/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 17.1.2013, la Corte d’Appello di Milano ha confermato la
decisione del Tribunale con la quale Pasquarella Raffaele era stato condannato per il
reato di cui alla L. n. 401 del 1989, art. 6, commi 1 e 6 perché, colpito dal divieto di
accesso agli stadi (con provvedimento del Questore di Milano che specificava le
prescrizioni imposte) era stato sorpreso nei pressi dello Stadio Meazza di Milano n
occasione della partita Milan – Empoli del 7.4.2007. Per quanto ancora interessa l la
Corte di merito ha rilevato che la tesi della violazione del divieto ne bis in idem,

sostenuta dal difensore anche attraverso il richiamo del principio di specialità di cui
all’art. 15 cp, non appariva fondata, stante l’autonomia strutturale del reato contestato
con quello per il quale era già intervenuta condanna (violazione dell’obbligo di
presentazione all’autorità di Polizia in concomitanza con le partite di calcio).
2. Avverso tale provvedimento il Pasquarella propone ricorso per cassazione
denunziando, sotto il profilo dell’art. 606 comma 1 lett. b e lett. e cpp, l’inosservanza
del principio del ne bis in idem ex art. 649 cpp e la mancanza o illogicità della
motivazione. A sostegno della censura richiama il principio di cui all’art. 15 cp
rilevando che nel caso in questione si è in presenza di due norme in rapporto di
specialità nella stessa materia, per cui – contrariamente a quanto sostenuto nella
sentenza impugnata – non è ipotizzabile un concorso tra il primo e secondo comma
dell’art. 6 della legge n. 401/1989.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Ai fini della preclusione connessa al principio del “ne bis in idem”, l’identità del
fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella
configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta,
evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona
(cfr. tra le varie, cass. sez. 5, Sentenza n. 28548 del 01/07/2010 Cc. dep. 20/07/2010
Rv. 247895; cass. sez. U, Sentenza n. 34655 del 28/06/2005 Cc. dep. 28/09/2005 Rv.
231799).
Nel caso di specie, e’ di tutta evidenza che la condotta nel delitto di violazione del
divieto di cui all’art. 6 comma 1 è totalmente diversa dalla condotta dell’altro reato per il
quale il ricorrente è stato precedentemente giudicato (violazione del divieto di cui all’art.
6 comma 2): infatti, nel primo caso, la condotta sanzionata consiste nella violazione del
divieto – imposto dal Questore – di accesso ai luoghi in cui si svolgono le manifestazioni
sportive specificamente indicate, mentre nel secondo caso il comportamento delittuoso
dell’agente è integrato dall’inottemperanza alla prescrizione di comparire personalmente
una o piu’ volte negli orari indicati, nell’ufficio o comando di polizia competente nel corso
della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto di cui al
comma 1.

2

Questa Corte già ha avuto modo di precisare che la prescrizione di comparire
davanti all’autorità di polizia in concomitanza con lo svolgimento di manifestazioni
sportive, anche se funzionalmente collegata ad assicurare l’osservanza del divieto di
partecipazione a dette manifestazioni, è strutturalmente autonoma da esso, per cui la
sua violazione costituisce reato anche nel caso in cui il contravventore non abbia
partecipato alla manifestazione cui il divieto si riferiva (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 6253 del
02/02/2011 Ud. dep. 21/02/2011 Rv. 249543; Sez. 1^, n. 452, 30 marzo 2000). Ed allo

può verificarsi il caso diametralmente opposto, cioè l’ottemperanza all’obbligo di
presentarsi in Questura e la violazione del divieto di accesso ai luoghi indicati.
Appare pertanto conforme a diritto la sentenza della Corte di merito laddove ha
ritenuto che “trattasi di due precetti distinti, la cui violazione integra autonome
fattispecie di reato che il comma 6 del citato articolo sanziona espressamente con pena a
analoga per ciascuna di esse” e che “non si ravvisa alcun rapporto di specialità” “poiché
gli elementi di una fattispecie non sono sovrapponibili all’altra in rapporto di genus a
species”. La motivazione peraltro si sviluppa attraverso un percorso argomentativo del
tutto coerente da un punto di vista logico e pertanto non è censurabile neppure sotto il
profilo motivazionale, atteso che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte,
il controllo sulla motivazione demandato al giudice di legittimità resta circoscritto, in
ragione della espressa previsione normativa, al solo accertamento sulla congruità e
coerenza dell’apparato argomentativo con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel
corso del processo e non può risolversi in una diversa lettura degli elementi di fatto posti
a fondamento della decisione o l’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di giudizio in
ordine alla ricostruzione e valutazione dei fatti (si vedano ad esempio, Sez. 3, Sentenza
n. 6253 del 02/02/2011 Ud. dep. 21/02/2011 Rv. 249543; Sez. 6″, n. 10951, 29 marzo
2006; Sez. 6, n. 14054, 20 aprile 2006; Sez. 6^, n. 23528, Sez. 3^, n. 12110, 19
marzo 2009).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente la pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 19.11.2013.

stesso modo – osserva il Collegio condividendo l’esatto rilievo della Corte milanese – ben

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