Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47111 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 47111 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: ORILIA LORENZO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LA RUSSA GIUSEPPE VITO N. IL 07/07/1951
avverso la sentenza n. 1186/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 10/06/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LORENZO ORILIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott
che ha concluso per o

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 19/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza 10.6.2013 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato quella
emessa dal Tribunale di Trapani che ha riconosciuto La Russa Giuseppe colpevole del
reato di cui agli artt. 81 cpv cp e art. 2 comma 1 bis della legge 638/1983 (omesso
versamento di ritenute previdenziali e assistenziali) in relazione alle omissioni
contributive del marzo, agosto e settembre 2006 e lo ha condannato alla pena di
giustizia.
2. Il difensore di ricorre per cassazione deducendo la contraddittorietà o

della legge n. 638/1983: rileva, sotto un primo profilo, che la Corte di merito non ha
spiegato in base a quale ragionamento abbia ritenuto la riferibilità all’imputato della
sottoscrizione apposta sulla ricevuta della raccomandata INPS contenente l’invito al
pagamento dei contributi omessi, atteso che, come affermato dallo stesso funzionario
escusso come teste, la firma apposta appariva illeggibile. Critica poi l’affermazione
secondo cui l’indicazione dell’indirizzo dell’imputato era sufficiente a determinare gli
estremi della conoscenza pur in assenza di specifica qualificazione del soggetto che
aveva ricevuto l’atto.
Sotto altro profilo, ribadendo che l’imputato non era stato messo in condizioni di
usufruire della causa di non punibilità prevista dalla legge, la Corte avrebbe dovuto,
conformemente a quanto affermato dalle sezioni unite, disporre la rinotifica del decreto
di citazione a giudizio, perché quello notificato era privo dell’ avvertimento del termine
di tre mesi per pagare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambe le censure – che ben si prestano ad un esame congiunto – sono
inammissibili.
Il D.L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 2, comma 1 bis, convertito nella L. 11
novembre 1983, n. 638, dispone che il datore di lavoro non è punibile se provvede al
versamento entro tre mesi decorrenti o dalla contestazione ovvero dalla notifica
dell’avvenuto accertamento della violazione. Il successivo comma 1 ter dispone poi che
la denuncia di reato è presentata o trasmessa dopo il versamento di cui al comma 1
bis ovvero decorso inutilmente il termine ivi previsto, mentre il comma 1 quater
stabilisce che durante il suddetto termine di cui al comma 1 bis il corso della
prescrizione rimane sospeso.
È stato precisato dalla giurisprudenza di legittimità che in riferimento al reato di
omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali, ai fini del computo del
termine di mesi tre dall’accertamento per provvedere al pagamento del debito
contributivo integrante la causa di non punibilità di cui all’art. 2, comma 1 bis, è
sufficiente l’effettiva sicura conoscenza da parte dei contravventore dell’accertamento
previdenziale svolto nei suoi confronti e non sono necessarie particolari formalità per la
2

manifesta illogicità della motivazione e l’erronea applicazione dell’ art. 2 comma 1 bis

notifica dello stesso (in tal senso,sez. 3, Sentenza n. 8963 del 2011, Santangelo; Sez.
3, n. 9513 del 10/3/2005, Jochner, Rv. 230985 cfr. altresì Sez. 3, Sentenza n. 26054
del 14/02/2007 Ud. dep. 06/07/2007 Rv. 237202).
Sempre in giurisprudenza, è stato affermato il principio secondo il quale la
presenza della corretta indicazione del destinatario della contestazione di accertamento
della violazione degli obblighi contributivi e dell’indirizzo ove effettuare il recapito sulla
lettera raccomandata mediante la quale viene eseguita la comunicazione porta ad
escludere che possa assumere rilievo l’impossibilità di risalire all’identità dell’effettivo

ipotizzare che la comunicazione non sia stata portata alla sua conoscenza senza sua
colpa (cfr. cass. sez. 3, 14.7-29.7.2011 n. 30241).
Nel caso di specie, non è in discussione il fatto che la comunicazione venne
effettuata a mezzo raccomandata consegnata dall’agente postale presso l’indirizzo
indicato come residenza dell’imputato e ricevuto da persona che appose la propria
sottoscrizione sulla ricevuta di ritorno.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello, contrariamente a quanto sostenuto dal
ricorrente, non ha affatto ritenuto che la sottoscrizione della ricevuta della
raccomandata contenente l’avviso di pagamento fosse riferibile all’imputato, ma più
semplicemente ha rilevato che in base al principio della libertà della forma della
comunicazione, l’invio della raccomandata al luogo di residenza, (corrispondente
peraltro a quello di ricezione delle notifiche relative al presente procedimento),
consentiva, in assenza di specifiche contestazioni sul punto, di ritenere provata la
conoscenza della comunicazione INPS, aggiungendo che il ripetersi delle violazioni
contestate escludeva l’ipotesi di una mera dimenticanza nei pagamenti.
Trattasi come si vede, di un ragionamento non solo conforme alla
giurisprudenza di legittimità, ma del tutto coerente dal punto di vista logico, che la
generica censura non è in grado di scalfire.
L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza
dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude,
pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma
dell’art. 129 c.p.p. (cass. sez. 3, Sentenza n. 42839 del 08/10/2009 Ud. dep.
10/11/2009; cass. Sez. 4, Sentenza n. 18641 del 20/01/2004 Ud. dep. 22/04/2004;
sez. un., Sentenza n. 32 del 22/11/2000 Cc. (dep. 21/12/2000). Pertanto, il tema
della prescrizione non può essere affrontato in questa sede.
Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186), alla condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della
sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
3

consegnatario in mancanza di concreti e specifici dati obiettivi che consentano di

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché della somma di C. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Roma, 19.11.2013.

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