Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 471 del 04/12/2012


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 471 Anno 2013
Presidente: CHIEFFI SEVERO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) ABBRUZZESE ANTONIO N. IL 02/08/1984
avverso la sentenza n. 7239/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
27/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE SANTALUCIA
Udito il Procuratore Generale in persona eDott.
che ha concluso per ‘) Q c\ .; • , y •
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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 04/12/2012

RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano ha dichiarato l’inammissibilità dell’appello proposto
nell’interesse di Antonio Abbruzzese avverso la sentenza del Tribunale di quella stessa città che
lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 4 I. n. 110 del 1975, e specificamente per aver
portato in luogo pubblico, senza giustificato motivo, un coltello a serramanico in acciaio con
lama di cm. 7,5.
Ha osservato che i motivi di appello non sono criticamente correlati alla sentenza

fatto in termini di lieve entità adducendo, contrariamente a quanto effettivamente
argomentato dalla sentenza impugnata, che si è valorizzato un giudizio negativo sulla
personalità dell’imputato e non sono state prese in considerazione le caratteristiche dell’arma.
Il giudice di primo grado, invece, ha valutato proprio le caratteristiche dell’arma, osservando
peraltro che solo in ragione della carente descrizione dell’arma e del meccanismo di bloccaggio
della lama, solitamente capace di potenziare l’offensività, non ha fatto applicazione della più
grave disposizione incriminatrice di cui all’art. 699 c.p.
Quanto al trattamento sanzionatorio, i motivi di appello non hanno illustrato le ragioni
per le quali la decisione di non concedere le circostanze attenuanti generiche, per i precedenti
penali e l’assenza di elementi di valutazione favorevole all’imputato, debba ritenersi errata; né
hanno sviluppato argomenti per spiegare le ragioni per le quali nella determinazione della
pena, peraltro in misura prossima al minimo edittale, non siano stati osservati i criteri di cui
all’art. 133 c.p.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso Antonio Abbruzzese, per mezzo del difensore
avv.to Arcadipane, deducendo:
Violazione di legge e difetto di motivazione, anche per manifesta illogicità. I
motivi di appello hanno ben spiegato le ragioni delle doglianze, sia in
riferimento alla mancata concessione della lieve entità del fatto sia, in
alternativa, alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Hanno fatto riferimento alla tipologia dell’arma e ad una non meglio
specificata e carente descrizione della stessa nella sentenza impugnata, tal
da poter, almeno astrattamente, configurare la possibilità di applicazione
dell’attenuante. Quanto alle circostanze attenuanti generiche, i motivi di
appello hanno censurato la mancata concessione, fondata esclusivamente sui
precedenti penali e assai succintamente motivata, tanto da non tenere in
considerazione l’effettiva dinamica dei fatti e la condotta dell’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito esposte.
I principi a cui deve farsi riferimento nella valutazione del requisito della specificità dei
motivi di appello sono consolidati. Può sul punto farsi richiamo a quanto statuito da Sez. 6, n.
2

impugnata: essi, infatti, hanno censurato la decisione in punto di omessa qualificazione del

13261 del 6/2/2003 (dep. 25/3/2003), Valle e altri, Rv. 227195, secondo cui “per l’appello,
come per ogni altro gravame, il combinato disposto degli art. 581 comma primo lett. c) e 591
comma primo lett. c) del codice di rito comporta la inammissibilità dell’impugnazione in caso di
genericità dei relativi motivi. Per escludere tale patologia è necessario che l’atto individui il
«punto» che intende devolvere alla cognizione del giudice di appello, enucleandolo con
puntuale riferimento alla motivazione della sentenza impugnata, e specificando tanto i motivi
di dissenso dalla decisione appellata che l’oggetto della diversa deliberazione sollecitata presso

28/10/2008), Falcioni ed altri, Rv. 241477, per la quale “l’ammissibilità dell’atto di
impugnazione dipende dal tasso di determinatezza dei motivi che la sostengono, la cui
valutazione deve essere volta ad accertare la chiarezza e specificità dei medesimi in rapporto
ai principi della domanda, della devoluzione e del diritto di difesa dei contro interessati”.
Orbene, tenendo fermi i suindicati principi, questa Corte osserva che con il primo
motivo di appello si è denunciato l’errore commesso nella omessa qualificazione dei fatto in
termini di lieve entità, adducendo che le caratteristiche oggettive dell’arma non possano
giustificare la decisione, dato che un coltello dalla lama di 7,5 cm è “strumento utilizzabile per
qualsiasi tipo di lavoro o manutenzione”. Il rilievo è sufficientemente specifico, perché oppone
alla decisione, che sul punto ha motivato soprattutto in riferimento al congegno “blocca-lama”
rinvenuto sul coltello, una considerazione critica che si correla correttamente alle ragioni del
provvedimento impugnato. Il successivo argomento, sviluppato nel motivo di appello, per il
quale il giudice di prime cure sembrerebbe aver rigettato la richiesta qualificazione in termini di
lieve entità soprattutto per considerazioni attinenti alla personalità dell’imputato, ha rafforzato
la prima critica, pienamente correlata alle argomentazioni della sentenza, valorizzando il
richiamo ivi contenuto, benché non altrimenti sviluppato, all’essere stato l’imputato sottoposto
al controllo di polizia perché noto quale “soggetto pregiudicato”.
Il secondo e il terzo motivo di appello hanno denunciato la mancata concessione, nella
misura massima, delle circostanze attenuanti generiche e l’eccessività del trattamento
sanzionatorio. Entrambi sono specifici, dal momento che, a fronte di un diniego delle
attenuanti non motivato se con un sintetico richiamo (“… e che parimenti…”) alle oltremodo
sintetiche ragioni poste a fondamento del diniego dalla qualificazione del fatto di lieve entità,
l’appellante non era nelle condizioni di articolare con maggiore dettaglio, e maggiore
correlazione alla sentenza impugnata, le ragioni della doglianza; e, a fronte di un rapido e non
altrimenti esaminato richiamo ai criteri di cui all’art. 133 c.p., l’appellante, non disconoscendo
il dato rilevante che la pena è stata determinata in misura prossimo al minimo, ha
argomentato – ragionevolmente dalla prospettiva difensiva – che il pur lieve distacco dal
minimo edittale, in uno con la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, ha
determinato una misura finale di pena suscettibile di essere soggetta ad un controllo di merito.
In forza di questi rilievi la sentenza impugnata risulta affetta da rilevanti vizi di
motivazione, che ne impongono ora l’annullamento.
3

il giudice del gravame”. Nello stesso senso si è espressa Sez. 4, n. 40243 del 30/9/2008 (dep.

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di
appello di Milano

Così deciso, il 4 dicembre 2012.

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