Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47098 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 47098 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

SILLONI Ottavio, nato a Copparo il 23/02/1942

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano del 09/10/2012
visti gli atti, la sentenza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr.
Eduardo Scardaccione, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, l’avv. Fortunato Russo, che ne ha chiesto, invece, l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Milano confermava
la sentenza del 04/11/2011 con la quale il Tribunale di quella stessa città,
pronunciando con le forme del rito abbreviato, aveva dichiarato Ottavio Silloni
colpevole del reato di cui all’art. 497 bis cod. pen. perché deteneva n. 2 carte di
identità contraffatte valida per l’espatrio. In particolare deteneva le carte d’identità
n. AR 7468804 rilasciata dal Comune di Garlate e la carta d’identità n. 7428172

Data Udienza: 05/07/2013

rilasciata dalla Comune di Milano entrambe intestate a De Biasi Nicole con l’effigie
fotografiche dell’arrestato e, per l’effetto, l’aveva condannato alla pena di anni uno
di reclusione, previa concessione di attenuanti generiche equivalenti alla contestata
recidiva reiterata, oltre consequenziali statuizioni.

2. Avverso la pronuncia anzidetta il difensore dell’imputato, avv. Fortunato
Renato Russo, ha proposto ricorso per cassazione, affidato alle ragioni di censura

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia violazione di
legge con riferimento all’art. 497 bis cod. pen., erronea applicazione della legge
penale e difetto di motivazione. Lamenta, al riguardo, che siano state disattese le
deduzioni difensive che, in linea con l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di
legittimità, avevano prospettato una diversa qualificazione giuridica del fatto nei
termini dell’art. 489 cod. pen. o, comunque, la mancanza dell’elemento psicologico
necessario ai fini della configurazione del reato contestato, anche alla stregua della
ratio normativa.
Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge e difetto di motivazione in
riferimento agli artt. 106, 62 bis, 69, 33 cod. pen., 125, in relazione al mancato
riconoscimento dell’efficacia

dell’aboliti° criminis

e conseguente esclusione del

giudizio di bilanciamento ex art. 69 cod. pen. con le concesse attenuanti generiche.
Si duole, in particolare, che non sia stato considerato l’effetto dell’aboliti° crimínis
quanto alla recidiva, che avrebbe dovuto essere esclusa, con riferimento ai reati per
i quali l’imputato era stato condannato; e che, ad ogni modo avrebbe dovuto essere
considerata semplice e non già reiterata, sulla base del rilievo che il primo dei due
precedenti penali a carico dell’imputato era ormai depenalizzato,
indipendentemente dalla revoca della sentenza riguardante lo stesso reato. Il
giudice d’appello, pertanto, non avrebbe potuto deferire la definizione della
questione al giudice dell’esecuzione, stante la natura sostanziale della stessa, ma
avrebbe dovuto escludere l’aggravante in parola, riducendo conseguentemente la
pena inflitta dal primo giudice. Allegava, ad ogni buon conto, ai fini di cui all’art.
609 del codice di rito, copia dell’ordinanza del 13 dicembre 2011, con la quale il
giudice dell’esecuzione aveva revocato la sentenza emessa dal Tribunale di Milano il
19 marzo 1982 per intervenuta abolitio criminis, rappresentando, in proposito, che
l’ordinanza in questione era stata conosciuta dal difensore ricorrente solo
successivamente alla celebrazione dell’udienza di appello, essendo nel frattempo
deceduto il precedente difensore dell’imputato, e senza che lo stesso provvedimento
fosse stato a quest’ultimo notificato. Eccepisce, ad ogni buon conto, il difetto di

2

indicate in parte motiva.

motivazione in ordine alle ragioni per le quali, nella determinazione della pena, il
giudice di appello aveva ritenuto di tener conto della recidiva, la cui applicazione
aveva influito negativamente sull’assetto sanzionatorio, in ragione del giudizio di
equivalenza con le concesse attenuanti generiche.

2. La prima ragione di censura, che dubita della correttezza della qualificazione
giuridica della fattispecie, è destituita dì fondamento. Ineccepibile, al riguardo,
appare la motivazione del provvedimento impugnato che, nel confermare

bis cod. pen., ha

compiuto corretta lettura delle peculiarità della fattispecie, in sintonia, peraltro, con
indiscusso insegnamento di questa Corte regolatrice, secondo cui integra il delitto di

cui all’art. 497 bis, comma primo, cod. pen. (possesso e fabbricazione di documenti
di identificazione falsi), il mero possesso di un documento falso valido per l’espatrio,
considerato che la fattispecie normativa di cui all’art. 497 bis, comma primo, cod.
pen., prescinde dall’esclusione di ogni forma di concorso nella falsità e non ha,
pertanto, carattere residuale in ordine ad eventuale compartecipazione nella
confezione dell’atto falso (cfr. Cass. sez. 5, n. 12268 del 10/01/2012, Rv.; cfr., sui
rapporto tra la fatispecie di cui all’art. 497 bis e quella di cui all’art. 489 cod. pen.
id . Sez. 5, n. 15833 del 27/01/2010, Rv. 246846), secondo cui

il delitto di

possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi, art. 497 “bis” cod.
pen., si distingue da quello di uso di atto falso, art. 489 cod. pen., in quanto, sul
piano strutturale, prescinde dall’esclusione di qualsiasi forma di concorso nella
formazione dell’atto falso e, con riguardo al bene protetto, tutela l’affidabilità
dell’identificazione personale e non la genuinità del documento in sé).
Del tutto infondato, inoltre, è il profilo di doglianza relativo alla mancanza
dell’elemento psicologico, della cui sussistenza, nel caso di specie, il giudice di
merito hal2i dato adeguato conto, specie con riferimento alle dichiarazioni dello
stesso imputato.
La seconda censura, in tema di recidiva, è palesemente infondata posto che lo
stesso giudice di merito ha applicato la recidiva semplice, e non già quella reiterata,
in ragione del precedente penale dell’imputato, ulteriore rispetto a quelli riguardanti
i reati depenalizzati.

3.

Per quanto precede il ricorso – globalmente considerato – deve essere

rigettato, con le conseguenziali statuizioni espresse in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

3

l’affermata riconducibilità del fatto al paradigma dell’art. 497

Così deciso il 05/07/2013

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