Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47094 del 04/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 47094 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DEGIOVANNI MARTINO N. IL 28/04/1976
avverso la sentenza n. 838/2009 CORTE APPELLO di GENOVA, del
10/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 04/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. m gery_
eck D-k-mpzche ha concluso per p ect

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

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Data Udienza: 04/07/2013

Nell’interesse del De Giovanni è stato presentato ricorso per i seguenti motivi :
1.violazione di legge in relazione all’art. 192 co. 1 e 2 cpp; vizio di motivazione : la responsabilità
del ricorrente è stata fondata dai giudici di merito su argomentazioni indiziarie di carattere logico e
presuntivo che non possono essere considerate esaustive, rispetto alle emergenze probatorie, di
segno contrario emerse dall’istruttoria dibattimentale e indicate nei motivi di appello, sulle quali la
corte non ha speso un rigo di motivazione per confutarle. Il ricorrente ripercorre questi dati
probatori scanditi nei motivi di appello.
La natura indiziaria del presente procedimento avrebbe dovuto indurre i giudici di merito ad un
attento esame della gravità e della concordanza degli elementi indiziari, esame che non è rinvenibile
nella sentenza impugnata ;
2.mancanza di motivazione in ordine ai criteri di quantificazione della pena : manca qualsiasi
riferimento al comportamento processuale , al risarcimento del danno, alla incensuratezza
dell’imputato.
I motivi sono inammissibili , in quanto, da un lato, mancano di specificità; dall’altro, contengono
argomenti che propongono una serie di critiche a valutazioni fattuali , sprovviste di specifici e
persuasivi addentellati storici, idonei a infrangere la lineare razionalità della decisione impugnata.
Sotto il primo profilo , va ribadito che la mancanza di specificità del motivo è da ravvisare non solo
per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche ,come nel caso in esame,per la
carenza di correlazione tra le ragioni argomentative della decisione impugnata e quelle poste a
fondamento dell’impugnazione in sede di legittimità,in quanto queste ultime non assolvono la
funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza impugnata, ma ripetono la critica formulata
nei confronti della decisione del giudice di primo grado, determinando un irrituale regredire dello
svolgimento del processo.
Quanto al secondo profilo , va rilevato che le censure non possono essere esaminate, nell’alveo del
delimitato sindacato riconosciuto dal legislatore a questa corte, in cui rientra esclusivamente la
verifica dell’adeguatezza dei passaggi argomentativi, di cui il giudice di merito si è servito per
supportare il proprio convincimento. Con esse,infatti, il ricorrente pretende la rilettura del quadro
probatorio e, contestualmente , il sostanziale riesame nel merito. Questa pretesa è tanto più
inammissibile nel caso in esame, in cui la struttura razionale della motivazione della sentenza ha
una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa ed è saldamente ancorata agli inequivoci risultati
dell’istruttoria dibattimentale.
Quanto alla personalità del De Giovanni, la corte di merito ha posto in evidenza l’estrema crudeltà
da lui manifestata con il rifiuto di condurre la donna al pronto soccorso di un ospedale ,preferendo
di abbandonarla sola, nella notte ,con il naso fratturato.
La doglianza sull’entità della pena si pone quindi — senza proporre alcun convincente argomento
critico- in contrasto con il consolidato e condivisibile orientamento interpretativo,secondo cui il
trattamento sanzionatorio ,in generale, e la concessione o il diniego delle attenuanti generiche, in
particolare, rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito e quindi non richiedono

FATTO E DIRITTO
Con sentenza 10.7.2012, la corte di appello di Genova, in parziale riforma della sentenza 30.6.08
del tribunale di Genova, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di De Giovanni Martino,
in ordine al reato di lesioni volontarie(capo A), perché l’azione penale non poteva essere iniziata per
mancanza di querela , e in ordine alla contravvenzione di cui al capo E, per essere il reato estinto
per prescrizione; ha rideterminato la pena , relativa ai reati di cui ai capi B(violazione di domicilio),
C (danneggiamento), D (lesioni aggravate), in danno di Furlan Giorgia, nella misura di 1 anno e 2
mesi di reclusione ; ha concesso i doppi benefici di legge e ha revocato il condono.

un’analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, indicati dalle parti o desunti
dalle risultanze processuali , essendo sufficiente l’indicazione degli elementi ritenuti decisivi e
rilevanti.(sez. I , 21.9.1999, n. 12496, in Cass Pen. 2000, n. 1078, p. 1949).
Nel caso in esame,non è quindi censurabile la motivazione della sentenza impugnata, laddove fa
riferimento alla gravità dei fatti commessi ex art. 133 co. 1 n.1 cp., nonché alla spiccata capacità a
delinquere, dagli stessi dimostrata.
La manifesta infondatezza dei motivi del ricorso comporta la declaratoria di inammissibilità del
gravame, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €
1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Roma 4.7.2013
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