Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47085 del 11/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 47085 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Fortunato Giovanni, nato a Palermo il 18/04/1955

avverso la sentenza del 13/11/2012 della Corte di appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo declaratoria di inammissibilità.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 13 novembre 2012 la Corte d’Appello di Palermo,
confermando la decisione assunta dal locale Tribunale, ha riconosciuto Giovanni
Fortunato responsabile del delitto di falsità ideologica commessa da privato in
atto pubblico per avere falsamente attestato, nella dichiarazione sostitutiva di
atto notorio presentata al Comune di Palermo, di essere in possesso dei requisiti
morali di cui all’art. 5, commi 2 e 5, del d. Igs. 114/98, mentre in realtà era stato

Data Udienza: 11/06/2013

dichiarato fallito.
1.1. Ha ritenuto quel collegio che non fosse venuta meno l’illiceità del fatto
solo per essere stata abrogata la norma che rendeva la dichiarazione di
fallimento ostativa all’esercizio del commercio, dal momento che all’epoca del
fatto quel requisito morale era richiesto dalle leggi vigenti.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore,
in base a un solo motivo. Con esso sostiene che l’intervenuta abrogazione della

penale, secondo il disposto dell’art. 2, comma 2, del testo legislativo che il
ricorrente indica nella Costituzione (mentre il riferimento appropriato deve
intendersi fatto al codice penale).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

2. Il secondo comma dell’art. 2 cod. pen. così, testualmente, dispone:
«Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge posteriore, non
costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti
penali».
2.1. Per una corretta applicazione della disposizione, occorre domandarsi
quale sia il fatto preso in osservazione dalla norma incriminatrice che, nel caso di
cui ci si occupa, è l’art. 483 cod. pen.. La risposta si trae agevolmente dall’esame
del modello descrittivo, che riguarda l’ipotesi di falsità commessa nell’attestare
ad un pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a
provare la verità. Più precisamente, la riconducibilità alla norma in questione del
fatto ascritto al Fortunato discende dalla equiparazione alle dichiarazioni fatte a
un pubblico ufficiale di quelle rese ai sensi degli artt. 46 e 47 d.P.R. 28 dicembre
2000, n. 445, in virtù di quanto disposto dall’art. 76, comma 3, dello stesso
decreto.
2.2. Orbene, le disposizioni legislative fin qui citate non sono state abrogate,
né hanno subito alcuna modificazione nel tempo intercorso fra la consumazione
del fatto per cui si procede (12 dicembre 2005) e la data odierna; è soltanto
venuto meno l’onere di attestare il possesso dei requisiti morali per l’esercizio di
attività commerciale, precedentemente richiesto dall’art. 3, comma 2, della legge
regionale 22 dicembre 1999, n. 28; ma tale modifica del regime giuridico investe
soltanto il movente dell’azione illecita compiuta dall’imputato, mentre per nulla
impinge negli elementi costitutivi del reato ascrittogli.

norma che prevedeva la dichiarazione sostitutiva ha privato il fatto di rilevanza

2.3. Del resto questa Corte Suprema si è già espressa in senso conforme
(Sez. 5, n. 23224 del 14/04/2003, Angeli, Rv. 224930), enunciando il principio
secondo cui, ai fini della configurabilità del reato di falso ideologico commesso da
privato in atto pubblico, non è necessario che esista una norma giuridica che con
riferimento al contenuto obblighi il privato a possedere i requisiti dichiarati, ma è
sufficiente che il suddetto atto precostituito per la prova del fatto attestato abbia
un contenuto non veritiero (fattispecie in cui anche dopo l’abrogazione, avvenuta
con legge 26 giugno 1996 n. 507, dell’obbligo di presentare dichiarazione

l’attività di autocarrozzeria, attestante il possesso di attrezzature occorrenti per
l’attività di autoriparazione, è stato ritenuto che l’atto contenente la falsa
attestazione costituisca il reato di cui all’art. 483 cod. pen. in quanto la legge
sopra richiamata non ha inciso ne’ sulla norma penale ne’ su norme extrapenali
costituenti presupposto di quella penale).

3. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 11/06/2013.

sostitutiva dell’atto di notorietà per ottenere le iscrizioni necessarie ad esercitare

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