Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47065 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47065 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da Vincenzi Saverio (n. 1’08/11/1986), avverso la
sentenza del G.U.P. del Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi, in data
29/11/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lasillo.
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Luigi Riello, il
quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Osserva:

Data Udienza: 03/10/2013

Con sentenza — ex articolo 444 del c.p.p. – del 29/11/2012, il G.U.P. del
Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi applicò a Vincenzi Saverio la pena,
concordata tra le parti, di anni 3 e mesi 8 di reclusione ed € 1.200,00 di multa
(per i reati di rapina aggravata e ricettazione).
Avverso la predetta sentenza ricorre l’imputato eccependo che
“L’inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità ha
condizionato l’andamento del procedimento indicato in epigrafe, emergendo

camerale ex art 127 c.p.p. Difatti per tale udienza non è stata applicata
correttamente la procedura relativa alla notifica al difensore, il quale notiziato
del rinvio per impedimento del Giudice per l’udienza del 29.11.2012 non
riceveva formalmente comunicazione del relativo slittamento del
procedimento camerale, volta alla discussione del rito alternativo
(applicazione della pena su richiesta delle parti) per l’udienza del 06.12.2012,
disattendendo, così, quanto disposto dall’art. 127 c.p.p. in ordine ai termini
relativi alla notifica dell’avviso del procedimento alle parti. La mancanza di
una simile circostanza, laddove accertata, determinerebbe una rivalutazione
dell’intera vicenda processuale, viziata da tale nullità di carattere assoluto ed
insanabile ai sensi dell’art. 178 lett. C) c.p.p. e 179 c.p.p.”.

motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato. Si è voluta riprodurre
integralmente la doglianza dell’imputato per sottolinearne l’assoluta
apoditticità e genericità. Si deve rilevare, infatti, che all’inizio della sentenza
impugnata si afferma che: “Il Giudice per l’udienza preliminare, dottor
Marcello Rotondi, all’udienza del 29.11.2012 ha pronunciato e pubblicato
mediante lettura del dispositivo la seguente sentenza nei confronti di
Vincenzi Saverio”. Quindi la sentenza sembrerebbe essere stata emessa

proprio all’udienza fissata e che, invece, l’imputato afferma essere stata
rinviata al 06.12.2012. La data del 06.12.2012 compare solo in calce alla
sentenza (“Sant’Angelo dei Lombardi, 06/12/2012′) e il ricorrente non
fornisce alcun elemento per comprendere se l’errore sia nella prima parte
della sentenza dove si indica la data del 29.11.2012 o nella parte finale dove

un evidente difetto di notifica per la partecipazione del difensore all’udienza

si indica la data del 06.12.2012 (che potrebbe, ad esempio, essere la data
nella quale il G.U.P. ha materialmente posto in essere la motivazione ed
erroneamente indicata al posto di quella del 29.11.2012 quando è stata
presa la decisione). Genericità che è, quindi, in evidente contrasto con il
principio della necessaria autosufficienza del ricorso più volte affermato da
questa Suprema Corte (Sez. 6, Sentenza n. 45036 del 02/12/2010 Ud. – dep.

è svolto come rappresentato nel ricorso, sembrerebbe — il condizionale è
d’obbligo per la scarsa chiarezza di quanto esposto dal ricorrente — che il
difensore è stato avvisato del rinvio dell’udienza (si veda pagina 1 del ricorso
dove tale circostanza viene, anzi, data per certa), ma che è stato “disatteso”,
però, “quanto disposto dall’art. 127 c.p.p. in ordine ai termini relativi alla
notifica dell’avviso del procedimento alle parti”.

In buona sostanza ci si

lamenta del fatto che tra il 29.11.2012 e il 06.12.2012 vi sono meno dei 10
giorni previsti per l’avviso ex art. 127, I comma, del cod. proc. penale. In
proposito si deve, in primo luogo, sottolineare nuovamente l’incertezza del
ricorrente che, addirittura, afferma: “La mancanza di una simile circostanza
(cioè il mancato rispetto del termine di 10 giorni; nds), laddove accertata,
determinerebbe una rivalutazione dell’intera vicenda processuale”. Si deve,

inoltre, rilevare che questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio —
condiviso dal Collegio — che il termine di comparizione di dieci giorni, previsto
dall’art. 127, comma primo, cod. proc. pen., deve essere osservato a pena di
nullità quando si tratta della prima udienza, mentre per i successivi rinvii,
anche se motivati da legittimo impedimento della parte o del difensore,
l’avviso dato non deve tenere conto del predetto termine, in quanto il
legislatore ha ritenuto congrua a garantire la pienezza della difesa la sola
dilazione iniziale, ed indifferente, a tali fini, la successiva cadenza delle
udienze camerali, a prescindere dalle attività acquisitive e conoscitive
compiute nel frattempo (Sez. 6, Sentenza n. 36780 del 02/07/2003 Cc. – dep.
25/09/2003 – Rv. 226802; Sez. 4, Sentenza n. 19019 del 02/04/2009 Ud. dep. 06/05/2009 – Rv. 244007).
Ma a prescindere da quanto sopra, si deve rilevare che questa
Suprema Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che
in tema di patteggiamento la procedura dettata dagli artt. 444 e segg. cod.

22/12/2010 – Rv. 249035). Ma se anche si volesse dare per certo che tutto si

proc. pen. è tale per cui la stipulazione del patto fra l’imputato,
personalmente (o a mezzo di procuratore speciale), e il Pubblico Ministero,
comporta implicitamente la rinuncia a qualsivoglia eccezione di natura
processuale, vertendo il patto esclusivamente in ordine alla entità della pena
e alla considerazione delle eventuali circostanze (Sez. 6, Ordinanza n. 1445
del 24/03/2000 Cc. – dep. 30/05/2000 – Rv. 216318; Sez. 4, Sentenza n.

l’applicazione concordata della pena postula la rinunzia a far valere
qualunque eccezione di nullità, anche assoluta, diversa da quelle attinenti
alla richiesta di patteggiamento ed al consenso ad essa prestato (Sez. 2,
Sentenza n. 6383 del 29/01/2008 Cc. – dep. 08/02/2008 – Rv. 239449; Sez.
5, Sentenza n. 21287 del 25/03/2010 Cc. – dep. 04/06/2010 – Rv. 247539).
Infine si deve osservare che il ricorso è stato proposto dallo stesso imputato
che non ha sollevato alcuna obbiezione in ordine al patteggiamento con ciò
confermando la sua volontà di concordare la pena ai sensi dell’art. 444 del
c.p.p., volontà che comporta implicitamente la rinuncia a qualsivoglia
eccezione di natura processuale (Sez. 6, Sentenza n. 32391 del 25/06/2003
Cc. – dep. 31/07/2003 – Rv. 226508).
Uniformandosi agli orientamenti di cui sopra, che il Collegio condivide,
va dichiarata inammissibile l’impugnazione (peraltro nella sentenza risulta
verificata la insussistenza di elementi che importino decisioni ex art. 129
c.p.p.).
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille e cinquecento alla Cassa delle
ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 03/10/2013.

16832 del 11/04/2008 Cc. – dep. 23/04/2008 – Rv. 239543). Inoltre,

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