Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47064 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47064 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto dagli Avvocati Franco Lojacono e Gian Luca Malavasi,
quali difensori di Ventrici Francesco (n il 01.09.1972), avverso l’ordinanza
della Corte di Appello di Bologna, Sezione Ricusazioni, in data 09/11/2012.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Adriano lasillo.
Letta la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Pietro Gaeta, il
quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.

Osserva:

Data Udienza: 03/10/2013

In data 30/10/2012, nel corso dell’udienza dibattimentale, veniva
presentata istanza di ricusazione del Presidente del Tribunale di Bologna
(dottor Leonardo Grassi); copia della stessa istanza veniva depositata, il
giorno successivo, dalla difesa del Ventrici nella Cancelleria della Corte di
appello di Bologna. Nell’istanza di cui sopra si evidenziavano le frasi e le
attività processuali del Presidente del Tribunale di Bologna che, secondo la

convincimento del predetto Presidente.
Con ordinanza della Corte di Appello di Bologna, in data 09/11/2012,
l’istanza di ricusazione veniva dichiarata inammissibile. Ventrici Francesco
veniva condannato a pagare 1.000,00 Euro a favore della Cassa delle
Ammende.
Avverso la suddetta ordinanza gli Avvocati Franco Lojacono e Gian
Luca Malavasi proponevano ricorso per Cassazione eccependo che
erroneamente la Corte di appello aveva deciso de plano l’istanza di
ricusazione non apparendo tale istanza prima facie infondata; inoltre
deducevano la mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della
motivazione. In buona sostanza reiteravano le doglianze già proposte nella
loro istanza di ricusazione, sottolineando gli errori e le carenze presenti — a
loro giudizio — nel provvedimento impugnato.
La difesa del ricorrente conclude, pertanto, chiedendo l’annullamento
dell’impugnata ordinanza.

motivi della decisione

Manifestamente infondata è la prima doglianza relativa al fatto che la
Corte di appello ha deciso de plano pur non essendo prima facie infondata la
dichiarazione ricusatoria. Infatti, è pacifico — e neppure contestato dal
ricorrente — che l’inammissibilità della richiesta di ricusazione per manifesta
infondatezza deve essere dichiarata con procedura camerale “de plano” (si
vedano, ex plurimis, Sez. 1, Sentenza n. 6621 del 28/01/2010 Cc. – dep.
18/02/2010 – Rv. 246575; Sez. 6, Sentenza n. 37112 del 05/04/2012 Cc. dep. 26/09/2012 – Rv. 253462). E che l’istanza di ricusazione fosse ictu oculi
manifestamente infondata emerge con chiarezza dallo stesso provvedimento

difesa del’imputato, avrebbero costituito indebita esplicitazione del

della Corte di appello e dal contenuto delle doglianze oggi riproposte col
ricorso.
Il resto del ricorso è manifestamente infondato perchè privo della
specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in relazione all’ad 591 lett. c) c.p.p.,
a fronte della motivazione svolta dalla Corte di appello, che non risulta viziata
da illogicità manifesta o contraddittorietà ed è esaustiva avendo risposto,

la difesa del ricorrente reitera le sue doglianze senza tener affatto conto della
corretta motivazione della Corte di appello che è, tra l’altro, in perfetta linea
con i principi più volte affermati da questa Suprema Corte. Invero, la Corte di
appello, con motivazione incensurabile in questa sede di legittimità, fornisce
una corretta interpretazione delle frasi e dell’attività processuali del
Presidente del Tribunale di Bologna oggetto dell’istanza di ricusazione — e
che secondo la difesa costituirebbero indebita esplicitazione del suo
convincimento — e ben evidenzia come le stesse rientrassero pienamente

“nei poteri di direzione del dibattimento tra i quali, a norma del citato art. 499,
comma 6 c.p.p., rientra anche quello di assicurare la pertinenza delle
risposte e la lealtà dell’esame”

(si veda pagina 2 dell’impugnato

provvedimento). In proposito questa Suprema Corte ha più volte affermato
che in tema di ricusazione, il carattere indebito della manifestazione del
convincimento del giudice sui fatti oggetto dell’imputazione (che nel caso di
specie neppure si ravvisa) richiede che l’esternazione venga espressa senza
alcuna necessità funzionale e al di fuori di ogni collegamento con l’esercizio
delle funzioni esercitate nella specifica fase procedimentale (Sez. 3,
Sentenza n. 17868 del 17/03/2009 Cc. – dep. 29/04/2009 – Rv. 243713; Sez.
6, Sentenza n. 5903 del 22/01/2013 Cc. – dep. 06/02/2013 – Rv. 254309).
Questa Corte ha stabilito, in proposito a quanto sopra evidenziato, che
la mancanza nell’atto di impugnazione dei requisiti prescritti dall’art. 581
cod. proc. pen. – compreso quello della specificità dei motivi – rende l’atto
medesimo inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio e a produrre,
quindi, quegli effetti cui si ricollega la possibilità di emettere una pronuncia
diversa dalla dichiarazione di inammissibilità. (Cass. pen., sez 1, 22.4.97,
Pace, 207648).

correttamente, a tutte le censure contenute nell’istanza di ricusazione. Infatti,

Uniformandosi a tale orientamento, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’ad. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 03/10/2013.

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano lasillo

I Presidente
Dottor S .ndo Libero Carmenini

colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

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