Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47061 del 26/01/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 47061 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASA FILIPPO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RAMA KASTRIOT N. IL 04/01/1974
avverso la sentenza n. 3168/2014 TRIBUNALE di BRESCIA, del
28/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;

Data Udienza: 26/01/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa in data 28.4.2014 ai sensi dell’art. 444 c.p.p., il Tribunale di
Brescia in composizione monocratica applicava a RAMA Kastriot – imputato del reato di
cui all’art. 13, comma 13 bis D.L.vo n. 286/98 – la pena concordata di otto mesi di
reclusione.
2. Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il

c.p.p. in relazione alla ritenuta inesistenza di cause di non punibilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il Pubblico Ministero si accordano
sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza di circostanze,
sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena.
Da parte sua il Giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati
aspetti giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che
non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
c.p.p..
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena ex art.
444 c.p.p., l’imputato non può rimettere in discussione profili oggettivi o soggettivi della
fattispecie, perché essi sono coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, il Collegio osserva che i motivi di ricorso appaiono
manifestamente infondati, atteso che il Giudice, nell’applicare la pena concordata, si è, da
un lato, adeguato a quanto contenuto nello accordo intervenuto fra le parti e, dall’altro, ha
specificatamente escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 129 c.p.p,
richiamando gli atti di indagine con cui sono state accertate le condotte delittuose.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di
applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri
richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si
vedano tra le altre, Cass. SS.UU. 27 marzo 1992, Di Benedetto; SS.UU. 27 settembre
1995, Serafino; SS.UU. 25 novembre 1998, Messina).
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n.
186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle ammende di sanzione pecuniaria,

tramite del difensore di fiducia, deducendo vizio di motivazione e violazione dell’art. 129

che pare congruo determinare in euro millecinquecento, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro millecinquecento in favore della Cassa

Così deciso in Roma, il 26 gennaio 2015

Il Consiglie

stensore

Il P sidente

delle ammende.

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