Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4706 del 16/12/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4706 Anno 2015
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CENTONZE ALESSANDRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GRECO NICOLO’ N. IL 16/06/1942
avverso l’ordinanza n. 1089/2014 TRIB. LIBERTA’ di PALERMO, del
28/07/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO
CENTONZE;
1 e/sentite le conclusioni del PG Dott. EoLail %42A.GLcit,o’nfb
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UditbitdifensoreAvv.; Scavolcrtsì,

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Data Udienza: 16/12/2014

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa il 21/07/2014 il Tribunale del riesame di Palermo
accoglieva parzialmente la richiesta di revoca dell’ordinanza di custodia cautelare
applicata a Nicolò Greco dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale
di Palermo il 27/06/2014, confermando la misura applicatagli ed escludendo il
suo ruolo direttivo nell’ambito della consorteria mafiosa contestata al capo A)
della rubrica.

delinquere di tipo mafioso, attiva nei centri di Bagheria, Villabate e Ficarazzi, fino
alla data odierna, rivestendo in tale ambito associativo il ruolo egemone di
responsabile del mandamento e della famiglia mafiosa di Bagheria.
Secondo l’accusa, nella sua veste associativa, l’indagato coordinava le
attività illecite degli altri affiliati e dei capi famiglia, con particolare riferimento al
settore delle estorsioni alle imprese e agli esercizi commerciali del territorio. Il
Greco, inoltre, gestiva la cassa comune del mandamento, occupandosi del
mantenimento delle famiglie dei detenuti e dei vari esponenti della consorteria
mafiosa, ai quali venivano delegate le attività funzionali alla sua affermazione
territoriale.
In questo contesto processuale, il giudice del gravame ricostruiva la genesi
del procedimento, che scaturiva dalle dichiarazioni dei collaboranti Sergio
Rosario Flamia e Stefano Lo Verso, le cui propalazioni consentivano di accertare
che il Greco, così come contestatogli al capo A) della rubrica, capeggiava il
mandamento e la famiglia mafiosa di Bagheria. Nella stessa ordinanza, si
richiamavano le dichiarazioni del collaborante Orazio Prestigiacomo e del
dichiarante Salvatore Lo Piparo, che non erano ritenute idonee a riscontrare il
contenuto delle propalazioni del Flamia e del Lo Verso.
In tale ambito, l’elemento indiziario di maggiore pregnanza era costituito
dalle dichiarazioni del collaborante Flamia, la cui importanza discendeva sia dal
suo ruolo pluridecennale ricoperto all’interno di

Cosa Nostra,

sia dal fatto che era

il primo collaboratore di giustizia affiliato alla famiglia mafiosa di Bagheria.
L’appartenenza storica del Flamia all’organizzazione mafiosa, del resto, risultava
dimostrata dalle emergenze processuali del procedimento “Argo”, nell’ambito del
quale era stato arrestato e in conseguenza della cui carcerazione si apriva alla
collaborazione.
Secondo il Flamia, il Greco occupava un ruolo strategico nell’area mafiosa
bagherese, evidenziato dall’assunzione della direzione dell’intero mandamento,
in conseguenza della quale ordinava che venissero organizzate azioni punitive
nei confronti degli affiliati che non si allineavano alle sue decisioni, come nel caso

All’indagato, al capo A), si contestava la partecipazione a un’associazione a

di Gino Mineo che aveva criticato la gestione della cassa comune mandamentale.
Si occupava, inoltre, di accogliere nella consorteria mafiosa nuovi affiliati, come
Giuseppe Di Fiore, che operava in stretto collegamento con il ricorrente.
Riferiva sul ruolo associativo del Greco anche il collaborante Lo Verso che,
secondo quanto affermato nell’ordinanza impugnata, intratteneva rapporti con gli
esponenti di vertice dell’organizzazione mafiosa, richiamando in proposito gli
scambi epistolari con Bernardo Provenzano. Nella stessa ordinanza, tuttavia, si
precisava che tali elementi indiziari, pur significativi sotto il profilo

periodo, compreso tra gli anni 2003 e 2004, coperto dal giudicato di una
precedente sentenza di condanna intervenuta nei suoi confronti.
Ne discendeva che le dichiarazioni del Flamia erano riscontrate unicamente
con riferimento alla partecipazione del Greco al sodalizio mafioso contestato al
capo A), sulla base delle intercettazioni acquisite nel corso delle indagini
preliminari e delle sue frequentazioni associative, che dovevano ritenersi
indicative di un’attualizzazione in senso dinamico della sua partecipazione al
sodalizio in esame.
Costituivano,

in

particolare,

riscontro

individualizzante

gli

esiti

dell’intercettazione ambientale eseguita il 03/11/2012, alle ore 10.14, tra Sergio
Rosario Flamia e Giacinto Di Salvo, acquisita nel procedimento “Argo”, nel quale
il Greco veniva espressamente citato dai conversanti.
Costituivano, inoltre, riscontro individualizzante alle dichiarazioni del Flamia
gli accertamenti relativi alle frequentazioni dell’indagato con affiliati della famiglia
di Bagheria, tra cui Giacinto Di Salvo, Carlo Guttadauro e Giuseppe Di Fiore.
Sulla scorta di questi elementi indiziari il giudice del gravame confermava
l’ordinanza impugnata.

2. Avverso tale provvedimento ricorreva per cassazione la difesa di Nicolò
Greco, eccependo, quale primo motivo, la violazione degli artt. 414, 191, 273,
comma 1, 343, comma 4, 407, comma 3, cod. proc. pen., con conseguente
inutilizzabilità degli atti di indagine svolti tra il 02/11/2009 e il 29/05/2014, nel
periodo compreso tra il decreto di archiviazione e l’autorizzazione alla riapertura
delle indagini.
Si deduceva, in particolare, che le attività di indagini svolte in questo arco
temporale erano affette da inutilizzabilità, perché i fatti delittuosi per i quali si
procedeva risultavano, in entrambi i procedimenti, i medesimi, riguardando la
partecipazione del Greco alla cosca di Bagheria.

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dell’appartenenza storica del ricorrente al sodalizio mafioso, riguardavano un

Tale inutilizzabilità riguardava soprattutto le dichiarazioni del collaborante
Flamia, che erano state acquisite in un’epoca antecedente alla riapertura delle
indagini, che aveva luogo il 29/05/2014.
Quale secondo motivo di ricorso si eccepiva la violazione dell’art. 275,
comma 4, cod. proc. pen., con specifico riferimento alla sussistenza di esigenze
cautelari di eccezionale rilevanza.
Si deduceva, infatti, che la custodia cautelare in carcere nei confronti del
Greco, come già dedotto in sede di riesame, era stata applicata in modo
automatico e senza tenere conto del fatto che l’indagato, oltre a essere in

condizioni di salute precarie, era ultrasettantenne; tuttavia, su nessuno di tali
profili cautelari, l’ordinanza impugnata si soffermava, con una palese violazione
della previsione dell’art. 275, comma 4, cod. proc. pen.
Si eccepiva, infine, la violazione degli artt. 192, comma 2, 273, comma 1,
cod. proc. pen., che aveva determinato un vizio della motivazione con
riferimento alla gravità degli indizi acquisiti nei confronti del Greco.
Si evidenziava, in tale ambito, che le censure lamentate, già formulate in
sede di riesame, riguardavano i seguenti profili: la circolarità delle propalazioni
acquisite; l’inosservanza da parte del giudice emittente la misura cautelare dei
criteri stabiliti dall’art. 192, comma 3, cod. proc. peri.; l’emarginazione valutativa
delle risultanze incompatibili con l’adozione della misura cautelare; la
contraddittorietà delle dichiarazioni del collaborante Flarnía; il risentimento
personale della principale fonte dichiarativa nei confronti del ricorrente; l’assenza
di convergenza tra le dichiarazioni rese dai collaboranti Flamia, Lo Verso e
Prestigiacomo.
Sulla scorta di questi argomenti processuali l’ordinanza impugnata doveva
essere annullata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I.. Il ricorso è fondato nei limiti di cui appresso.
Deve, preliminarmente, esaminarsi la doglianza relativa all’inutilizzabilità
degli atti di indagine svolti tra il 02/11/2009 e il 29/05/2014, nel periodo
compreso tra il decreto di archiviazione e l’autorizzazione alla riapertura delle
indagini, in cui venivano acquisite le dichiarazioni del collaborante Sergio Rosario
Flamia.
Tale doglianza è infondata, atteso che, dagli atti, emergeva che le attività
d’indagine poste in essere nei confronti del Greco si inserivano in una più vasta
verifica processuale riguardante le propalazioni dei collaboranti esaminati nel
corso delle indagini preliminari, tra cui, oltre al Flamia, Stefano Lo Verso e Orazio
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,
,

Prestigiacomo. Ne consegue che nessuna attività d’indagine poteva dirsi svolta in
contrasto con l’art. 414 cod. proc. pen. fino a quando tali verifiche non
consentivano di affermare l’esistenza dei presupposti probatori necessari per
procedere nei confronti del Greco, previa riapertura delle indagini preliminari,
archiviate il 02/11/2009.
Ricostruita in questi termini la vicenda processuale, è evidente che, fino a
quando non maturavano le condizioni indispensabili per riaprire le indagini, non
era possibile ipotizzare alcuna inutilizzabilità degli elementi indiziari, nel valutare

31/10/2013. Raccolte tali dichiarazioni, si richiedeva la riapertura delle indagini
nei confronti del Greco, che veniva autorizzata con decreto del 29/05/2014,
emesso in un ambito procedurale rispettoso delle garanzie previste dall’art. 414
cod. proc. pen. (cfr. Sez. 2, n. 3255 del 10/10/2013, dep. 10/10/2013, Rostan,
Rv. 258528).
Ne discende che i richiami giurisprudenziali effettuati dalla difesa del Greco,
pur corretti, non sono pertinenti al caso di specie, atteso che la riapertura delle
indagini non poteva che conseguire alle iniziative processuali scaturenti dalle
dichiarazioni del Flamia, apertosi alla collaborazione solo il 31/10/2013.
Queste ragioni impongono di ritenere infondato il primo motivo del ricorso
proposto nell’interesse del Greco.

2. Risulta, invece, fondato il terzo motivo di ricorso – che deve ritenersi

assorbente rispetto al secondo motivo – relativo alla gravità del quadro indiziario
formatosi nei confronti del ricorrente, per inquadrare il quale occorre richiamare
la giurisprudenza di questa Corte, con particolare riferimento ai principi
applicabili alle dichiarazioni rese dal collaborante Sergio Rosario Flamia che
costituiscono le sole propalazioni su cui fondare un giudizio di gravità indiziaria
nei confronti del ricorrente.
In tale ambito, ci si deve limitare a richiamare il principio affermato
nell’ultimo arresto delle Sezioni unite, secondo cui: «Nella valutazione della
chiamata in correità o in reità, il giudice, ancora prima di accertare l’esistenza di
riscontri esterni, deve verificare la credibilità soggettiva del dichiarante e
l’attendibilità oggettiva delle sue dichiarazioni, ma tale percorso valutativo non
deve muoversi attraverso passaggi rigidamente separati, in quanto la credibilità
soggettiva del dichiarante e l’attendibilità oggettiva del suo racconto devono
essere vagliate unitariamente, non indicando l’art. 192, comma terzo, cod. proc.
pen., alcuna specifica tassativa sequenza logico-temporale» (cfr. Sez. un., n.
20804 del 29/11/2012, dep. 14/05/2013, Aquilina e altri, Rv. 255145).

i quali occorre tenere presente che il Flamia si apriva alla collaborazione il

Tenuto conto di questi parametri, la valutazione compiuta nell’ordinanza
impugnata, con riferimento alle dichiarazioni rese dal collaborante Flamia, non è
congrua sotto il profilo dell’attendibilità estrinseca delle sue propalazioni rispetto
alla posizione del Greco, atteso che nessuno degli altri collaboratori esaminati nel
corso delle indagini preliminari – Stefano Lo Verso e Orazio Prestigiacomo forniva indicazioni utili a riscontrare le sue propalazioni. Né è possibile attribuire
valenza indiziaria autonoma alle frequentazioni del ricorrente con esponenti della
famiglia mafiosa di Bagheria, tra cui Giacinto Di Salvo, Carlo Guttadauro e

tale, inutilizzabile ai fini che si stanno considerando.
Occorre, invero, osservare che il Flamia indicava in modo puntuale il ruolo
associativo apicale del Greco nel mandamento e nella famiglia mafiosa di
Bagheria, descrivendone condotte direttive e rapporti di collegamento consortile,
con una tale precisione da indurre questa Corte a ritenere intrinsecamente
attendibile il suo resoconto dichiarativo. Secondo il Flannia, il Greco occupava un
ruolo fondamentale nel mandamento bagherese, assumendo le decisioni di
maggiore interesse associativo e occupandosi della gestione della cassa comune
mandamentale.
Tale ricostruzione impone di ritenere soddisfatte, sotto il profilo della
credibilità del Greco, i parametri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte,
secondo cui: «In tema di reati associativi, il “thema decidendum” riguarda la
condotta di partecipazione o direzione, con stabile e volontaria compenetrazione
del soggetto nel tessuto organizzativo del sodalizio: ne consegue che le
dichiarazioni dei collaboratori o l’elemento di riscontro individualizzante non
devono necessariamente riguardare singole attività attribuite all’accusato,
giacché il “fatto” da dimostrare non è il singolo comportamento dell’associato
bensì la sua appartenenza al sodalizio» (cfr. Sez. 2, n. 23687 del 03/05/2012,
dep. 14/06/2012, D’Ambrogio e altri, Rv. 253221).
Per converso, la motivazione del provvedimento impugnato appare
incongrua nella valutazione degli esiti della captazione ambientale intercettata il
03/11/2012, alle ore 10.14, tra Sergio Rosario Flarnia e Giacinto Di Salvo,
acquisita nell’ambito del procedimento “Argo”, tenuto conto che tale elemento
indiziario costituisce l’unico riscontro individualizzante rispetto alle dichiarazioni
rese dal Flamia.
Invero, nel provvedimento in esame, l’incontro che verrebbe spiegato da
tale intercettazione non viene inquadrato alla luce delle dinamiche associative
interne al mandamento bagherese, né è possibile – sulla base della sintetica
motivazione resa sul punto – ricondurre tale captazione a un più vasto
programma associativo, finalizzato allo sfruttamento illecito del territorio, anche
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Giuseppe Di Fiore, che rappresentano un dato processuale neutro, in quanto

alla luce del fatto che tale captazione proviene da un altro procedimento penale,
del quale nell’ordinanza non si chiariscono scenari consortili e rapporti
interpersonali.
A tutto questo occorre aggiungere che, nel caso di specie, non é possibile
una reinterpretazione complessiva del contenuto di questa conversazione in sede
di legittimità, essendo una tale operazione – certamente necessaria in sede di
rinvio – preclusa a questa Corte, alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale
costante, secondo cui: «In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce

l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui
apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti
della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono
recepite» (cfr. Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, dep. 21/08/2013, Vecchio e
altri, Rv. 257784).
Tali considerazioni impongono una complessiva rivalutazione del materiale
indiziario acquisito con riferimento alla posizione cautelare di Nicolò Greco,
tenendo presenti i parametri ermeneutici che si sono richiamati.

3. Queste ragioni impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con
rinvio per un nuovo esame al Tribunale di Palermo, cui consegue, a cura della
cancelleria, la trasmissione di copia del provvedimento al direttore dell’istituto
penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.
Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al
direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94, comma 1 ter, disp. att.,
cod. proc. pen.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 16 dicembre 2014.

questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito,

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