Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47026 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47026 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
Aruta Raimondo n. il 23.12.1979
awerso la SENTENZA della Corte di Appello di Palermo
del 16.4.2012
Udita la relazione fatta dal consigliere
PRESTIPINO ANTONIO
Sentito il Procuratore Generale, dr Roberto Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
sentito per il ricorrente, l’avv. Ottorino Agati del foro di Roma in sostituzione dell’avv. Giuseppe
Inzerillo, che ha concluso per raccoglimento del ricorso.

Data Udienza: 03/10/2013

Ritenuto in fatto
Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la sentenza della Corte di Appello di »Che
confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal locale Tribunale It per
il reato di truffa in danno di Giardina Francesco.
Deduce la difesa:
1.Violazione degli artt. 124, 125, 336, 337 e 546 c.p.p. in relazione alla ritenuta sussistenza
della volontà querelatoria della persona offesa. Nel verbale di denuncia del 19.9.2008
figurava appunto la formula dattiloscritta di “denuncia”; l’espressione “querela” sarebbe
stata aggiunta a mano. L’interpretazione “sostanzialistica” dell’atto da parte dei giudici di
appello sarebbe fondata su argomentazioni inconsistenti, in particolare con riferimento alla
valorizzazione del comportamento della persona offesa successivo alla presentazione della
denuncia.
2.Assenza di prova della responsabilità del ricorrente. In sostanza, come risulta dalla
successiva argomentazione della censura, la difesa deduce la carenza e illogicità della
motivazione in relazione all’affermata certezza dell’identificazione del ricorrente come
l’autore dei raggiri in danno della persona offesa.
3.Illogicità della motivazione in punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche. Non
adempirebbe all’approfondita indagine richiesta nelle valutazioni del caso, il riferimento
della sentenza all’entità dell’addebito e alla personalità dell’appellante, che risulta gravato
da precedenti penali, uno dei quali proprio per tentata truffa”.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1.Per quel che riguarda la questione processuale, va anzitutto ricordato che l’atto di
impulso alle indagini sottoscritto dalla persona offesa è assistito da fede privilegiata, non
potendosi quindi ritenere che l’espressione “querela” che figura nell’intestazione di seguito
a quella dattiloscritta di “denuncia”, sia frutto di un’aggiunta postuma, non riferibile al
denunciante.
1.1. In ogni caso, contrariamente a quanto sostiene la difesa, l’atto conteneva la chiara
manifestazione di una volontà punitiva da parte della persona offesa nei confronti degli
autori del fatto, indipendentemente dall’uso del termine “querela” ( cfr. sui criteri per
l’interpretazione dell’atto querelatorio, Cass. Sez. 4, Sentenza n. 46994 del 15/11/2011
imputato Bozzetto); gli autori della truffa vengono infatti definiti come “i due malfattori”,
che avrebbero agito con “la complicità” di un sedicente orafo, trattandosi di giudizi di aspra
riprovazione chiaramente esorbitanti la semplice descrizione dell’evento storico, e
dovendosi inoltre considerare che al momento della denuncia la possibilità pratica di
perseguire i responsabili appariva alquanto aleatoria, non essendo la persona offesa riuscita
a fornire elementi concreti per la loro identificazione.
2. Sull’attendibilità del successivo riconoscimento, alle valutazioni della Corte territoriale,
particolarmente approfondite e coerenti (pag 3 della sentenza), ed esenti da qualunque
vizio logico-giuridico, la difesa oppone in sostanza un diverso apprezzamento di merito delle
circostanze processuali dell’esperimento istruttorio, senza cogliere alcun vizio di legittimità
nelle argomentazioni dei giudici di appello.
3. Quanto al trattamento sanzionatorio, i relativi incisi motivazionali, letteralmente riportati
dallo stesso ricorrente, smentiscono la deducibilità di qualunque censura di legittimità al
riguardo, avendo la Corte di merito sottolineato convenientemente gli elementi di
valutazione ritenuti decisivi per la conferma, anche sul punto, della decisione di primo
grado.
Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto rigettato, con le
conseguenti statuizioni sulle spese.
P.Q.M.
Rigetta il r orso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
oma, nella camera di consiglio, il 3.10.2013.
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