Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4702 del 15/01/2015


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4702 Anno 2015
Presidente: TERESI ALFREDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

Sui ricorsi proposti da:

BUCALOSSI MARIA BEATRICE, n. 18/10/1958 a Grosseto

BUCALOSSI MARIA ANGELICA, n. 2/12/1963 a Grosseto

avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di GROSSETO in data 21/05/2014;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. P. Fimiani, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi per
rinuncia;

Data Udienza: 15/01/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza emessa in data 21/05/2014, depositata in data 26/05/2014, il
tribunale del riesame di GROSSETO respingeva la richiesta di riesame presentata
nell’interesse di BUCALOSSI MARIA BEATRICE e BUCALOSSI MARIA ANGELICA
avverso il provvedimento di sequestro probatorio effettuato dalla P.G. e avverso

preventivo eseguito d’iniziativa dalla PG medesima, provvedimenti aventi ad
oggetto 22 case mobili prefabbricate installate all’interno del campeggio
denominato “camping Principina” gestito dalla “Cavour S.p.A.” di cui le ricorrenti
sono legali rappresentanti, indagate per i reati di cui agli artt. 44, lett. c), d.P.R.
n. 380 del 2001 e 181, comma 1 ed 1-bis, d. Igs. n. 42 del 2004, in quanto
realizzavano o facevano realizzare le predette “case mobili” in zona sottoposta a
vincolo paesaggistico ex art. 142, lett. g), d. Igs. n. 42 del 2004, in assenza del
p.d.c. (o comunque in totale difformità dalla comunicazione di attività edilizia
libera ex art. 6, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, presentata al Comune in data
10 luglio 2013) ed in totale difformità dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata
in data 6 giugno 2013.

2.

Hanno proposto ricorso le BUCALOSSI, a mezzo dei difensori fiduciari

cassazionisti, impugnando la predetta ordinanza e deducendo tre motivi, di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173
disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deducono, con un primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), c.p.p.,
sub specie per l’inosservanza e l’erronea applicazione dell’art. 3, comma primo,
lett. e.5), d.P.R. n. 380 del 2001, come modificato dall’art. 41, comma 4, d.l. n.
69 del 2013, conv. in legge n. 98 del 2013, e dall’art. 10-ter, legge n. 80 del
2014 nonché degli artt. 6, comma sesto e 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza per aver erroneamente
ritenuto soggetta a titolo abilitativo l’installazione delle 22 case mobili,
nonostante il chiaro disposto normativo nazionale (art. 3, comma 1, lett. e.5),
d.P.R. n. 380 del 2001 nella vigente formulazione) – combinato con la disciplina
dettata dalla legge regionale Toscana n. 42 del 2000, art. 29 e dal relativo
regolamento attuativo emanato con D.P.G.R. n. 18/R del 2001, art. 26, comma 2
– consente oggi di ritenere che l’installazione di “strutture leggere” quali
roulottes, campers, case mobili ed altro all’interno di strutture ricettive
all’aperto, come nel caso di specie, non necessiti di permesso di costruire,
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il provvedimento con cui il G.I.P., su richiesta del P.M., convalidava il sequestro

trattandosi di attività libera ex art. 6, d.P.R. n. 380 del 2001; in particolare, non
sarebbe corretta l’interpretazione data dal tribunale al concetto funzionale di
“temporaneità” delle opere, in quanto l’attuale disciplina normativa escluderebbe
che all’installazione di roulottes, campers e case mobili si applichi il concetto
della “temporaneità” inteso come diretto a soddisfare esigenze meramente
temporanee, ove tali roulottes, campers e case mobili soddisfino quattro

temporaneamente ancorate al suolo; c) siano installate in conformità alla
normativa regionale di settore; d) siano destinate alla sosta e al soggiorno di
turisti), condizioni soddisfatte nel caso in esame.

2.2. Deducono, con un secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), c.p.p.,
sub specie per l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 29, comma 2,
legge regionale Toscana n. 42 del 2000 e 26, comma 2, d.P.G.R. n. 18/r del
2001.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto, nel testo vigente
al momento dell’emissione del sequestro (dunque antecedentemente all’ultima
modifica normativa apportata all’art. 3, comma 1, lett. e.5) d.P.R. n. 380 del
2001), il concetto di “temporaneità” non era più riferito all’uso della “struttura
leggera”, ma era ancorato al concetto di “temporaneità” risultante dalla
legislazione regionale in materia (e, nel caso in esame, dall’art. 29, comma 2,
L.R. Toscana, n. 42 del 2000); detta norma, in particolare, riferisce
espressamente il concetto di temporaneità non alla “stagionalità” ma alla
permanenza del campeggio nell’area autorizzata, poiché, nel momento in cui
questo verrà meno, la precarietà strutturale dei manufatti collocati o installati,
ancorché ancorati al suolo, consentirà comunque di rimuoverli agevolmente non
essendo state realizzate opere di fondazione in calcestruzzo, getti, pilastri, e
tutto quanto afferisce all’edificazione del suolo mediante la sua perpetua
alterazione; aggiungono, peraltro, le ricorrenti che tale questione, in ogni caso
oggi non si pone più in quanto la recente novella dell’art. 3, comma 1, lett. e.5),
d.P.R. n. 380 del 2001, ha escluso ogni riferimento all’elemento della
temporaneità riferendolo esclusivamente alle strutture leggere installate “al di
fuori” di strutture ricettive all’aperto; ne consegue, quindi, che essendo le
predette case mobili conformi alla normativa nazionale e regionale, non
necessitavano di p.d.c. al pari di roulottes e campers.

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condizioni (a) siano installate all’interno di strutture ricettive all’aperto; b) siano

2.3. Deducono, con un terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), c.p.p.,
sub specie per l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 146 e 181,
comma 1-bis, d. Igs. n. 42 del 2004.
In sintesi, la censura investe l’impugnata ordinanza in quanto giunge ad
affermare la necessità dell’autorizzazione paesaggistica per le case mobili,
differenziandole rispetto alle roulottes ed ai campers, ritenendo le prime

suolo ed allacciate alla rete fognaria, mentre le altre sono facilmente amovibili e
destinate a permanere per brevi periodi di tempo; detta differenziazione,
tuttavia, non sarebbe ammissibile secondo le ricorrenti nel momento in cui la
legge nazionale e quella regionale (il riferimento è alla L.R. Toscana n. 1 del
2005, art. 78) equiparano le case mobili alle roulottes ed ai campers, non
differenziandole in nulla quanto a struttura, ingombro, destinazione,
immatricolazione, tempi di permanenza, etc.; la valutazione compiuta dal
tribunale, dunque, non sarebbe consentita in quanto così si sostituirebbe alla
regolamentazione positiva un’interpretazione che non trova sostegno in nulla, se
non in un mero giudizio soggettivo esattamente contrario al diritto positivo;
quanto alla necessità del rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la stessa non
sarebbe necessaria in quanto l’atto di assenso sarebbe già stato espresso dagli
enti competenti al momento stesso in cui è stato legittimato sotto il profilo
urbanistico, ambientale ed idrogeologico l’intero campeggio, come si evince dalle
NTA al PRG approvate con delibera del consiglio comunale del 28 giugno 2002,
n. 83 recante il “Piano di settore delle pinete e dell’arenile”; del resto, tale
esegesi troverebbe conforto – secondo le ricorrenti – nella stessa giurisprudenza
di legittimità (il riferimento è alla sentenza di questa Sezione, n. 3572 del 2014)
resa in identica questione, che confermerebbe, direttamente, che la pretesa
diversità tra le case mobili e le altre strutture leggere non sussiste e,
indirettamente, escluderebbe che, in presenza di un ancoraggio temporaneo
della casa mobile, installata all’interno di strutture ricettive all’aperto
regolarmente assentite ed autorizzate, sussista il reato paesaggistico; infine,
nessun argomento sfavorevole alle ricorrenti sarebbe desumibile dal fatto che la
società di gestione del campeggio abbia, inizialmente, ritenuto di dover
richiedere l’autorizzazione paesaggistica per l’installazione delle case mobili e,
dopo aver ottenuto il giudizio di compatibilità paesaggistica “a termine” (ossia
per il solo mese di luglio 2013), non abbia poi provveduto a richiedere nuova
autorizzazione paesaggistica a seguito dell’entrata in vigore del c.d. decreto del
fare, non risultando la stessa più necessaria perché rilasciata, secondo la tesi

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strutture diverse per caratteristiche ed impatto ambientale, in quanto ancorate al

difensiva, già al momento dell’edificazione delle piazzole destinate ad accogliere
tali manufatti leggeri.

3. Con atto depositato presso la Cancelleria di questa Corte in data 9/01/2013,
le ricorrenti hanno dichiarato di rinunciare ai ricorsi, senza specificare i motivi

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi sono inammissibili ai sensi dell’art. 591, comma primo, lett. d), cod.
proc. pen., attesa l’intervenuta, rituale, rinuncia ai ricorsi.

5.

Alla declaratoria d’inammissibilità segue, per legge, la condanna della

ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché (trattandosi di causa di
inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente: cfr.
Corte Costituzionale sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000) al versamento, a
favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 500,00.

6.

In proposito, il Collegio ritiene di dover dare continuità all’orientamento

recentemente anche da altre Sezioni di questa Corte (Sez. 5, n. 18978 del
28/01/2014 – dep. 08/05/2014, Chiapponi, Rv. 259838; Sez. 3, n. 26477 del
30/04/2014 – dep. 19/06/2014, Martellotta, Rv. 259193; Sez. 5, n. 36372 del
13/06/2013 – dep. 05/09/2013, Rosati, Rv. 256953), non condividendo l’altro
orientamento, espresso in talune pronunce di questa Corte (Sez. 6, n. 31435 del
24/04/2012 – dep. 01/08/2012, Ighune, Rv. 253229), secondo cui, qualora il
ricorso per cassazione sia dichiarato inammissibile per taluna delle cause indicate
nell’art. 591 c.p.p., non si applicherebbe la sanzione pecuniaria prevista dall’art.
616 c.p.p., riguardando tale previsione soltanto i casi in cui l’inammissibilità sia
dichiarata ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 3.
Ed invero, tale ultimo orientamento appare in contrasto con il letterale tenore del
citato art. 616 c.p.p., il quale, nello stabilire l’applicazione di detta sanzione “se il
ricorso è dichiarato inammissibile”, non distingue affatto tra le varie possibili
cause di inammissibilità; e, d’altra parte, attesa la peculiarità del mezzo di
impugnazione, non appare affatto illogico che anche le ordinarie cause di
inammissibilità, quali previste dall’art. 591 c.p.p., diano luogo ad una sanzione
che non trova, invece, applicazione quando esse riguardino un’impugnazione di
diverso tipo, dovendosi semmai riguardare come difficilmente giustificabile, sul
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della rinuncia.

piano logico, che, a parità di “rimproverabilità” alla parte privata dell’avvenuta
proposizione del ricorso rivelatosi inammissibile, la stessa parte sia o non sia
soggetta al pagamento della sanzione a seconda che la causa di inammissibilità
sia riconducibile alle previsioni di cui all’art. 606 c.p.p., comma 3 o a quelle di cui
all’art. 591 c.p.p.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuna ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di C 500,00 in favore della
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 gennaio 2015

Il C sigli

est.

residente

P.Q.M.

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