Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47018 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47018 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Denise Mirasola, quale difensore di
Corrias Fabrizio Sandro (n. il 06.04.1974), avverso la sentenza della Corte
d’appello di Cagliari, Il Sezione penale, in data 25.05.2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Roberto
Aniello, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
I

OSSERVA:

Data Udienza: 03/10/2013

Con sentenza del 05.11.2010, il G.U.P. del Tribunale di Cagliari
dichiarò Corrias Fabrizio Sandro responsabile dei reati di tentata rapina
aggravata (capo B), di simulazione di reato (capo C), di rissa (capo D) e
porto illecito di oggetti atti ad offendere (capo E) — e con le attenuanti
generiche equivalenti all’aggravante e unificati i reati ex art. 81 del c.p. – lo
condannò alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione ed € 400,00 di multa.

di Cagliari, con sentenza del 25/05/2012, in riforma della sentenza del G.U.P.
del Tribunale di Cagliari assolse Corrias Fabrizio Sandro dal reato di cui al
capo D perché il fatto non sussiste e da quello di cui al capo E per non aver
commesso il fatto e rideterminò la pena per i residui reati di tentata rapina e
simulazione di reato in quella di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed Euro 360,00
di multa. Confermò, nel resto, la decisione di primo grado.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo la
contraddittorietà della motivazione in ordine alla ritenuta penale
responsabilità del Corrias per la tentata rapina. In particolare evidenzia che
dalle stesse dichiarazioni della P.O. Serra Roberto, dalle dichiarazioni del
teste Chessa Giuseppe e da come è stato ricostruito il fatto emerge
chiaramente che l’imputato ha desistito volontariamente dal commettere il
reato sub B. Rileva, poi, l’erronea applicazione dell’ad. 367 del c.p.; infatti
l’imputato andava assolto perché manca del tutto l’offensività della condotta
ascritta all’imputato che era stato già indicato dalla P.O. quale autore della
tentata rapina prima che il ricorrente presentasse la denuncia. Inoltre, il
Corrias dopo 3 giorni dalla presentazione della falsa denuncia del furto della
sua auto ha ritrattato la stessa denuncia. In tal modo non era possibile che si
instaurasse un procedimento penale.
Il difensore

ricorrente conclude,

quindi,

per l’annullamento

dell’impugnata sentenza.

motivi dejla decisione

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. Infatti, per quanto riguarda
l’invocata desistenza per il reato di tentata rapina si deve rilevare che la
Corte di appello ha ben evidenziato che: l’imputato era a conoscenza che il

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame. La Corte d’appello

teste Serra aveva chiamato i Carabinieri (il Serra aveva assistito alla rissa posta in essere dal gruppo del Corrias e da altro gruppo di persone scoppiata quando l’auto del Corrias — e dallo stesso condotta – si schiantò
contro un muro e tutti gli occupanti scesero e si scontrarono con gli occupanti
di altra autovettura che aveva inseguito a lungo l’auto del ricorrente); che
l’imputato e i suoi complici volevano allontanarsi dal luogo della rissa prima

l’allontanarono dalla sua auto dalla quale era sceso; che uno dei ragazzi
tentò di accendere il motore dell’auto, ma non vi riuscì perché il veicolo era
dotato di un codice di avviamento; che quando i predetti si accorsero che
stava sopraggiungendo un autobus abbandonarono l’autovettura del Serra e
salirono sull’autobus per allontanarsi al più presto (si vedano le pagine 2, 3 e
4 impugnata sentenza). E’ evidente, quindi, che il Corrias e gli altri suoi

compagni volevano impossessarsi dell’auto del Serra — non potendo
utilizzare l’auto del ricorrente perché danneggiata nell’incidente – per
allontanarsi in fretta prima dell’arrivo dei Carabinieri chiamati dallo stesso
Serra, ma non vi riuscirono perché il codice di avviamento, di cui era dotata
l’auto del Serra, impediva l’accensione del motore e quindi approfittarono
dell’arrivo dell’autobus per allontanarsi (si vedano le pagine 5 e 6
dell’impugnata sentenza, ove la Corte di merito fornisce un’incensurabile
spiegazione anche sulle presunte discrasie fra quanto riferito dal Serra e
quanto riferito dalla P.G., che, comunque, non incidono assolutamente su
quanto sopra osservato. Anche le dichiarazioni del teste Chessa sono
perfettamente compatibili con quanto affermato dai Giudici di merito. Non si
deve dimenticare, poi, che la Corte territoriale a pag. 6 evidenzia che il Brig.
Puddu ha riferito che sul luogo dell’incidente e della successiva rissa si stava
formando un piccolo assembramento di persone, rendendo ancor più
pressante la necessità dell’imputato di allontanarsi in fretta. Infine, è evidente
che non può incidere su quanto sopra la qualificazione giuridica dei fatti
contenuta nella denuncia del Serra). Dunque, correttamente la Corte di
appello esclude che nel caso di specie si possa ravvisare la desistenza, in
quanto il Corrias e i suoi sodali non si impossessarono dell’auto solo perché
non riuscirono a metterla in moto non conoscendo il codice di accensione di
cui sopra. L’esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione della Corte di

dell’arrivo dei Carabinieri e quindi cominciarono a spintonare il Serra e

appello è, poi, perfettamente in linea con quanto più volte affermato da
questa Corte sul punto. In particolare che la desistenza volontaria,
disciplinata dal comma terzo dell’ad. 56 cod. pen., si verifica quando la
determinazione dell’agente di interrompere l’azione non subisce l’incidenza di
fattori esterni, idonei ad interferire con la scelta adottata. (Sez. 2, Sentenza n.
35764 del 23/04/2003 Cc. – dep. 18/09/2003 – Rv. 228304; Sez. 2, Sentenza

non sussistono gli estremi della desistenza volontaria, di cui all’ad. 56,
comma terzo, cod. pen., allorché la rinuncia a portare a termine il furto di
un’autovettura sia determinato dalla resistenza opposta dal bloccasterzo, in
quanto, in tal caso, la desistenza non è volontaria ma è determinata da fattori
esterni (Sez. 5, Sentenza n. 17688 del 03/12/2004 Ud. – dep. 11/05/2005 Rv. 232124). Infine, che sussistono gli estremi del tentativo di furto e non
quelli della desistenza volontaria, nella ipotesi in cui la rinuncia a portare a
termine il furto di un’autovettura sia dipeso da causa indipendente dalla
determinazione dell’agente (nella specie, la resistenza dei sistemi di chiusura
di un’autovettura oggetto dell’azione criminosa; Sez. 5, Sentenza n. 13293
del 28/01/2013 Ud. – dep. 21/03/2013 – Rv. 255066).
La motivazione della Corte di appello è incensurabile anche per quanto
riguarda la ritenuta sussistenza del reato di simulazione di reato. Infatti, il
Giudice di merito rileva che il Corrias oltre ad aver denunciato falsamente il
furto della sua autovettura fornisce anche un falso alibi (il furto sarebbe stato
commesso mentre egli era nella casa della sua ragazza, che avrebbe potuto
confermare tale alibi) che imponeva alla P.G. di investigare e effettuare
accertamenti su quanto denunciato (né può certo incidere su quanto sopra il
fatto che il Serra abbia riconosciuto il Corrias come uno degli autori della
tentata rapina allorchè la P.G. gli mostrava una foto del predetto Corrias
rinvenuta sulla sua auto. Infatti, l’esito di tale riconoscimento confliggeva con
quanto sopra evidenziato — alibi — e quindi portava necessariamente la P.G.
a dover svolgere accertamenti e investigazioni). In proposito questa Suprema
Corte ha più volte affermato che la simulazione di reato, di cui all’art. 367
cod. pen., è reato istantaneo che si perfeziona con la semplice denunzia
idonea a provocare anche soltanto investigazioni e accertamenti da parte
della polizia giudiziaria, onde la successiva ritrattazione non fa venir meno il

a

n. 41484 del 29/09/2009 Cc. – dep. 28/10/2009 – Rv. 245233). Inoltre, che

reato (nella fattispecie la confessione-ritrattazione spontanea, fu effettuata
nella stessa giornata dopo due interrogatori; Sez. 6, Sentenza n. 14411 del
28/11/1989 Ud. – dep. 02/11/1990 – Rv. 185645). Inoltre, in tema di
simulazione di reato, la ritrattazione della originaria mendace denuncia non
produce effetti sulla punibilità, salvo che intervenga nell’immediatezza della
denuncia stessa ed impedisca così in radice l’inizio di un procedimento

Rv. 241810). Infine, in tema di simulazione di reato, la ritrattazione
dell’originaria mendace denuncia non produce effetti sulla punibilità, salvo
che intervenga contestualmente alla denuncia simulatoria, in modo da
escludere anche la possibilità dell’inizio di un procedimento penale
(fattispecie in cui la S.C. ha escluso la rilevanza della ritrattazione posta in
essere dall’imputato il giorno successivo alla denuncia di furto; Sez. 6,
Sentenza n. 4259 del 28/11/2008 Ud. – dep. 29/01/2009 – Rv. 242906). I
principi di cui sopra – fissati da questa Suprema Corte e pienamente condivisi
dal Collegio — dimostrano l’irrilevanza di quanto affermato a pagina 3 del
ricorso e in particolare che essendo la notizia di reato, relativa al falso furto
denunciato dal Corrias, pervenuta alla Procura dopo che lo stesso Corrias
aveva ritrattatoAreato di simulazione non potrebbe ravvisarsi.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deliberato in camera di consiglio, il 03.10.2013.

penale (Sez. 6, Sentenza n. 30887 del 25/02/2008 Ud. – dep. 23/07/2008 –

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