Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47016 del 03/10/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47016 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da Carli Michele (n. il 02.12.1950) avverso la sentenza
della Corte d’appello di Palermo, Il Sezione penale, in data 29.10.2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottor Roberto
Aniello, il quale ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’Avvocato Cinzia Cesarino Passera, quale difensore di ufficio di Carli
Michele, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
OSSERVA:

a

Data Udienza: 03/10/2013

Con sentenza dell’08.11.2010, il Tribunale di Palermo dichiarò Carli
Michele responsabile del reato di riciclaggio di un assegno di origine furtiva e
lo condannò alla pena di anni 5 di reclusione ed € 2.000,00 di multa.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte
d’appello di Palermo, con sentenza del 29/10/2012, confermò la decisione di

Ricorre per cassazione l’imputato deducendo la mancanza, la
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sua
ritenuta penale responsabilità che si fonda unicamente sulle dichiarazioni del
coimputato Manno Roberto; dichiarazioni incongruenti e non riscontrate da
alcun altro elemento. Rileva, inoltre, gli stessi vizi motivazionali in ordine: alla
mancata applicazione dell’attenuante di cui al terzo comma dell’art. 648 bis
c.p., in quanto il reato presupposto (furto) è inferiore nel massimo a 5 anni di
reclusione; al diniego delle attenuanti generiche.
Il ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento dell’impugnata
sentenza.
motivi della decisione

li ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606, comma 1, cod.
proc. pen., perché propone censure attinenti al merito della decisione
impugnata, congruamente giustificata.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione
non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la
migliore possibile ricostruzione dei fatti né deve condividerne la
giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia,
come nel caso di specie, compatibile con il senso comune e con “i limiti di
una plausibile opinabilità di apprezzamento”, secondo una formula
giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4^ sent. n. 47891 del 28.09.2004
dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep.
31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep.
25.2.1994, rv 196955).
Inoltre, il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591
lettera c) in relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le

G-

primo grado.

doglianze (sono le stesse affrontate dalla Corte di appello) sono prive del
necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui
valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione,
si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici. Infatti il Giudice di merito
ha con esaustiva, logica e non contraddittoria motivazione — dopo aver
richiamato la sentenza di primo grado – evidenziato tutte le ragioni per le

(dichiarazioni del coimputato Manno Roberto, ritenuto credibile con
motivazione incensurabile; rinvenimento, in casa dell’imputato, del numero
telefonico di Madia che risultava essere il soggetto che aveva accompagnato
il Manna presso l’agenzia bancaria ove fu riciclato l’assegno; si veda la
pagina 4 dell’impugnata sentenza). Inoltre, la Corte di appello ha ben
evidenziato i riscontri esterni alla dichiarazioni del coimputato, il ruolo svolto
dal Carli nel reato di riciclaggio (si rinvia alla condivisa motivazione della
Corte di appello alle pagine 2 e 3 della sentenza impugnata).
Appare, quindi, evidente che tutte le critiche del ricorrente finiscono per
porsi come valutazioni di merito e, come tali, non esaminabili in questa sede.
Questa Corte ha, infatti, più volte affermato, anche a Sezioni Unite, che
l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un
orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla corte di
Cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a
riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della
decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle
argomentazioni di cui il Giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. Esula,
infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una “rilettura” degli
elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in
via esclusiva, riservata al Giudice di merito, senza che possa integrare il vizio
di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più
adeguata, valutazione delle risultanze processuali. (Sez. U, Sentenza n.
2110 del 23/11/1995 Ud. – dep. 23/02/1996 – Rv. 203767; Sez. U, Sentenza
n. 16 del 19/06/1996 Cc. – dep. 22/10/1996 Rv. 205621; Sez. U, Sentenza n.
6402 del 30/04/1997 Ud. – dep. 02/07/1997 – Rv. 207945; Sez. 1, Sentenza
n. 2884 del 20/01/2000 Ud. – dep. 09/03/2000 – Rv. 215504; Sez. 1,

quali ritiene la responsabilità del ricorrente per il reato di cui sopra

Sentenza n. 8738 del 23/01/2003 Ud. – dep. 21/02/2003 – Rv. 223572). A ciò
si aggiunga che l’imputato contrappone, come già rilevato, solo generiche
contestazioni in fatto, che non tengono conto delle argomentazioni della
Corte di appello. In particolare non evidenzia alcuna illogicità o
contraddizione nella motivazione della Corte territoriale allorchè conferma la
decisione del Tribunale. In proposito questa Corte Suprema ha più volte

ricorso per Cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le
ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 dep. 11.10.2004 – rv 230634). Infine, si deve osservare che l’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, deve essere percepibile ictu oculi,
dovendo il sindacato di legittimità essere limitato a rilievi di macroscopica
evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze (che tra l’altro nel caso
di specie non si ravvisano).
Manifestamente infondata è anche la doglianza relativa alla prospettata
sussistenza dell’attenuante di cui al terzo comma dell’art. 648 bis del c.p.;
infatti la Corte di appello ha ben evidenziato che l’assegno oggetto di
riciclaggio proveniva da furto commesso in abitazione (art. 624 bis del c.p.
pena: reclusione da 1 a 6 anni) punito, quindi, con pena superiore nel
massimo a 5 anni. Incensurabile è anche la motivazione con la quale si è
negata la concessione delle attenuanti generiche e si è ritenuta congrua la
pena. In proposito questa suprema Corte ha più volte affermato che ai fini
dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all’ari. 62 bis
cod. pen., il Giudice deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 del codice
penale, ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo
sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento (nel caso
di specie l’elevata intensità del dolo e la negativa personalità dell’imputato
gravato di precedenti penali; si veda sul punto ad esempio Sez. 2, Sentenza
n. 2285 del 11/10/2004 Ud. – dep. 25/01/2005 – Rv. 230691; Sez. 6,
Sentenza n. 34364 del 16/06/2010 Ud. – dep. 23/09/2010 – Rv. 248244).

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affermato il principio, condiviso dal Collegio, che sono inammissibili i motivi di

Inoltre, sempre secondo i principi di questa Corte — condivisi dal Collegio – ai
fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della
concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prendere in
considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato essendo sufficiente
che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezionale conferitogli dalla
legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione delle

all’attenzione di questa Suprema Corte – che ha considerato corretta la
relativa motivazione – il giudice di merito aveva ritenuto che non potessero
concedersi le attenuanti generiche in relazione alla gravità del fatto e ai
precedenti penali dell’imputato (Si veda Sez. 1, Sentenza n. 3772 del
11/01/1994 Ud. – dep. 31/03/1994 – Rv. 196880; Sez. 1, Sentenza n. 1666
del 11/12/1996 Ud. -dep. 21/02/1997 – Rv. 206936; Sez. 2, Sentenza n. 106
del 04/11/2009 Ud. – dep. 07/01/2010 – Rv. 246045). Infine, ai fini della
concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche il giudice
può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod.
pen., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il
riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla
personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione
di esso può essere sufficiente in tal senso (Sez. 2, Sentenza n. 3609 del
18/01/2011 Ud. – dep. 01/02/2011 – Rv. 249163). Per quanto riguarda la pena
questa Suprema Corte ha più volte affermato il principio — condiviso dal
Collegio – che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il
massimo edittale rientra nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito,
il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli
elementi indicati nell’art. 133 cod. pen. (quelli di cui sopra; Sez. 4, Sentenza
n. 41702 del 20/09/2004 Ud. – dep. 26/10/2004 – Rv. 230278).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità — al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.

circostanze, ritenute di preponderante rilievo. Ad esempio in un caso posto

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa

Così deliberato in camera di consiglio, il 03.10.2013.

Il Presidente

Il Consigliere estensore
Dottor Adriano !esilio

Dottor

condo Libero Carmenini

delle ammende.

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