Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4701 del 12/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4701 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
HASAJ PREL N. IL 18/12/1985
SHEHU MYSLYM N. IL 08/07/1984
avverso la sentenza n. 15/2011 CORTE ASSISE APPELLO di
FIRENZE, del 15/02/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO
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Data Udienza: 12/12/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 3Y.053/2012

R. G.

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Udienza del 12 dicembre 2013

— il Pubblico Ministero in persona del dott. Francesco Mauro
Iacoviello, sostituto procuratore generale della Repubblica
presso questa Corte suprema di cassazione, il quale ha concluso
per l’annullamento della sentenza impugnata, limitatamente
alla aggravante del motivo abietto, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di assise di appello
di Firenze; e per il rigetto dei ricorsi nel resto;
— il difensore del ricorrente Hasaj, avvocata Maria Cristina
Masetti, e il difensore del ricorrente Shehu, avvocato Giovanni
Marchese, i quali hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO
1. — Con sentenza, deliberata il 16 febbraio 2012 e depositata
il 15 maggio 2012, la Corte di assise di appello di Firenze ha
confermato la sentenza del giudice della udienza preliminare
del Tribunale di quella stessa sede, 27 gennaio 2011, di condanna alle pene principali della reclusione, in anni venti e in
anni dodici, rispettivamente,
a carico, di Hasaj Prel (nel con.
corso di circostanze attenuanti generiche equivalenti alla aggravante del motivo abietto) e a carico di Shehu Myslym (nel
concorso della diminuente della minima importanza, prevalente sulla ridetta aggravante), essendo imputati, entrambi del
concorso nell’omicidio di Vukaj Arti (capo Al della rubrica),
nel tentato omicidio di Mena Rinos (capo A2, ibidem), dei connessi delitti di detenzione e di porto illegali di arma comune da
sparo (capo A3, ibidem), reati commessi in Firenze il 28 novembre 2009, e il solo Hasaj del delitto di detenzione a fine di
spaccio di sostanza stupefacente, accertato in Firenze il 3 ottobre 2009.

1.1 — Sulla base della testimonianza della vittima superstite,
dei testimoni oculari, delle intercettazioni telefoniche e degli esiti della generica, i Giudici di merito hanno accertato, in ordine al fatto si sangue, che, nelle indicate circostanze di tempo e
di luogo, in seguito a un diverbio insorto poche ore prima e ori-

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Uditi, altresì, nella pubblica udienza:

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Udienza del 12 dicembre 2013

ginato da contrasti economici correlati alla comune attività delittuosa di traffico di stupefacenti, Hasaj, spalleggiato da Shehu, che lo accompagnava, aveva cagionato la morte di Vukaj,
attingendo la vittima al cuore con un colpo sparato dalla pistola, calibro mm. 7,65 (illegalmente detenuta e portata); e aveva,
altresì, compiuto atti idonei, diretti in modo non equivoco a
cagionare la morte di Mema, il quale era assieme a Vukaj, azionando più volte la pistola puntata contro il primo, senza,
tuttavia, conseguire l’intento letale per l’inceppamento dell’
arma.
Hanno altresì accertato i Giudici territoriali, sulla base del processo verbale di perquisizione domiciliare e di sequestro del 3
ottobre 2009, e della ammissione del giudicabile, contenuta nel
memoriale depositato alla udienza del 21 novembre 2011, circa
pregresse attività di spaccio, che Hasaj aveva detenuto in concorso col Kapplane centotrenta grammi di cocaina destinata
alla rivendita.

1.2 — Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a
quanto serba rilievo nel presente scrutinio di legittimità, la
Corte territoriale ha osservato quanto appresso ricapitolato nei
paragrafi che seguono da sub 1.3 a sub 1.7.
1.3 — Infondate sono le censure degli appellanti in ordine all’
accertamento della sussistenza del delitto tentato.
Non merita di essere messa in discussione la testimonianza della vittima Mema, la quale ha riferito che, dopo aver mortalmente ferito Vukaj, Hasaj «tentò di sparare anche contro di lui».
Il teste ha tenuto condotta collaborativa e scevra da intenti di
speculazione o di lucro. Nella immediatezza, secondo quanto
dichiarato dai testimoni oculari Zeugner e Hunter, sorresse
Vukaj accasciatosi a terra; allontanatosi, fece, poi, ritorno «per
dichiarare le esatte generalità della vittima»
e procurò
l’intervento del congiunto Arian Hasaj il quale consegnò il passaporto del defunto.
Priva di pregio è la obiezione degli appellanti che i ridetti testimoni Zeugner e Hunter «non abbiano assistito al tentativo an-

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Peraltro il Mema era un «pericoloso testimone, perché conosceva
Hasaj», sicché «la sua eliminazione si rendeva necessaria per garantire la impunità o per rendere maggiormente difficoltosa la individuazione dell’autore del delitto».

1.4 In ordine alla compartecipazione di Shehu nei fatti di
sangue e nei delitti concernenti le armi deve essere disattesa la
negativa dell’appellante.

Innanzi tutto l’imputato era sicuramente consapevole del possesso dell’arma da parte di Prel Hasaj col quale il giudicabile
conviveva; peraltro la circostanza era nota nell’ambiente, come riferito da Arian Hasaj; il teste ha precisato che la pistola
era di proprietà di altro sodale, amico di Prel, e che costui menava vanto per il possesso dell’arma.
Decisiva è la considerazione delle intercettazioni delle comunicazioni telefoniche intercorse, poche ore dopo il fatto di sangue, tra i due compartecipi e, successivamente, tra Shehu e il
fratello dimorante in Grecia.
Le conversazioni disvelano la piena, pregressa adesione alla
concorsuale condotta omicida di Shehu.
Costui, infatti, concordò col correo la strategia da tenere «evitando di fare i nomi dei soggetti coinvolti nella vicenda», senza alcuna rimostranza, né «alcuna presa di distanza dall’Hasaj» per
il tragico epilogo; e, soprattutto, neppure, successivamente,
conversando col fratello prese mai le distanze dal complice protestando la propria estraneità riguardo ai delitti materialmente
perpetrati dal compartecipe.

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dato a vuoto di indirizzare novamente la pistola contro Mema».
Costoro, i quali avevano incrociato i protagonisti della vicenda, «erano ormai girati di spalle» quando le due coppie di albanesi (Husaj-Shehu e Vuakj-Mema) si fronteggiarono; percepirono esclusivamente la deflagrazione dello sparo; non videro la
pistola sicché «non possono riferire del mancato colpo, atteso che
questo non ebbe a provocare alcun rumore».

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1.5 — Neppure sul punto della ritenuta aggravante del motivo
abietto le censure difensive meritano accoglimento.
Pur tenuto conto della cultura, comune ai giudicabili, del contesto sociale e dei fattori ambientali, la «spregevolezza» del movente integra la aggravante.

Costui, infatti, anziché far desistere il complice, decise di accompagnarlo «e di partecipare a una sorta di agguato [da’] esito
scontato».
1.6 — In ordine al delitto concernente gli stupefacenti, il ritrovamento nella stanza condivisa tra Hasaj e il compartecipe
Kapllane della partita di cocaina, unitamente a ritagli del cellophane utilizzato per il confezionamento delle dosi, comprova,
alla luce della ammissione del giudicabile, circa il pregresso
spaccio, la compartecipazione dell’appellante.
Invero, «appare fuori di ogni logica» che Kapllane, all’infuori
del concorso, potesse tenere quella partita di cocaina «di notevole valore economico» nella stanza condivisa con Hasaj il quale
«svolge[va] una analoga attività di spaccio, magari con frequenza
più rallentata».
1.7 — Quanto, infine, al trattamento sanzionatorio le pene sono
state irrogate in misura equa, opportunamente differenziando
le posizioni dei giudicabili (in particolare per Husaj, pena base:
anni ventisei di reclusione nel concorso di circostanze attenuanti generiche equivalenti alla aggravante del motivo abietto; aumentata, a titolo di continuazione, in ragione di due anni
per il tentato omicidio, di un anno per i delitti concernenti le
armi e di un ulteriore anno per il residuo reato, e, pertanto, in
totale, anni trenta colla riduzione per il rito abbreviato, nella
misura finale indicata di anni venti di reclusione).
2. — Entrambi gl’imputati hanno proposto ricorso per cassazione col ministero dei rispettivi difensori di fiducia: Hasaj,
mediante atto del 28 giugno 2012 redatto dall’avvocata Maria

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La medesima si configura anche a carico di Shehu.

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Cristina Masetti; Shehu, mediante atto del 29 giugno 2012, redatto dall’avvocato Alessandro Falciani.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. — Hasaj sviluppa quattro motivi con i quali dichiara promiscuamente di denunciare, a’ sensi dell’articolo 606, comma 1,
lettere b) ed e), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si
deve tenere conto nella applicazione della legge penale, in relazione agli articoli 56 e 575 cod. pen. (primo motivo), in relazione agli articoli 110 cod. pen. e 73 T.U. stup. (secondo motivo), in relazione agli articoli 62-bis e 133 cod. pen. (terzo motivo), in relazione all’articolo 61, comma primo, numero 1, cod.
pen. (quarto motivo), nonché mancanza, contraddittorietà o
manifesta illogicità della motivazione anche sotto i profili del
travisamento della prova e della formale violazione degli articoli 125, comma 3, e 546, comma 1, lettera e), cod. proc. pen.

1.1 — Con il primo motivo il difensore censura l’accertamento
della responsabilità in ordine al delitto di omicidio tentato, deducendo: a dispetto del travisante asserto della Corte territoriale i testimoni Zeugner e Hunter ebbero anche la percezione
visiva del fatto di sangue, come emerge dal processo verbale di
assunzione di sommarie informazioni testimoniali allegato al
ricorso.

1.2 — Con il secondo motivo il difensore investe il capo della
sentenza che concerne il delitto relativo agli stupefacenti, asserendo che le circostanze considerate dalla Corte territoriale non
provano la compartecipazione del ricorrente con Kapllane Sadik nella detenzione finalizzata allo spaccio di centotrenta
grammi di eroina ‘e oppone trattarsi di mera connivenza, al riguardo deducendo, mediante richiamo di atti allegati al ricor-

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3. — Alla pubblica udienza del 12 dicembre 2013, fissata per la
trazione dei ricorsi, in seguito alla relazione e alla discussione
finale nel corso della quale le parti hanno rassegnato le conclusioni riportate in epigrafe, questa Corte suprema di cassazione
ha pronunciato la presente sentenza.

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so, che, in esito alla perquisizione domiciliare, la polizia giudiziaria rinvenne la droga e il bilancino di precisione occultati nel
giaciglio di Kapllane.

1.4 — Con il quarto motivo il difensore si duole della ritenuta
aggravante dell’articolo 61, comma primo, numero 1, cod.
pen., argomentando che la ricorrenza della medesima non può
essere desunta «sol perché l’omicida si è determinato a uccidere
con una arma certamente letale» e censurando la sottovalutazione del «contesto so c io culturale» del ricorrente e della vittima.
2. — Shehu sviluppa tre motivi, dichiarando promiscuamente di
denunciare, a’ sensi dell’articolo 606, comma 1, lettere b) ed e),
cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge
penale, o di altre 4orme giuridiche di cui si deve tenere conto
nella applicazione della legge penale, nonché mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, ritenuta
meramente apparente e travisamento della prova.
2.1 — Il difensore deduce: in relazione all’omicidio di Arti
Vukaj, è frutto diAtaera congettura, affatto indimostrata, la ritenuta consapevolezza del ricorrente, «estraneo al clan familiare»; in ordine al porto della pistola da parte di Hasaj, è, invece,
certo, alla stregua delle massime di comune esperienza, che costui teneva occultata l’arma in quanto si moveva nel centro di
Firenze, percorrendo strade frequentate; in difetto della consapevolezza che Hasaj fosse armato e, conseguentemente, in difetto della possibilità di previsione dell’epilogo letale e della accettazione del relativo rischio, non è configurabile la compartecipazione delittuosa del ricorrente nel fatto di sangue; il concorso morale esigg, la dimostrazione del contributo psichico
prestato dal concorrente.
2.2 — In ordine al tentato omicidio il ricorrente sostiene: la Corte territoriale non ha dimostrato in alcun modo come i testi

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1.3 — Con il terzo motivo il difensore censura la dosimetria della pena reputata eccessiva anche in relazione agli aumenti a titolo di continuazione a al giudizio di comparazione colla aggravante in termini di equivalenza.

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Zeugner e Hunter «possano non aver visto quanto Mema racconta di aver subito»; i testimoni, contrariamente all’assunto della
Corte di assise di appello, «non erano affatto girati di spalle
quando ‘i due gruppetti di albanesi’ si sono [rectius: si erano] incontrati»; illogicamente e immotivatamente i giudici di merito
hanno ritenuto veritiere la testimonianza di Mema; costui, invece, ha certamente mentito in ordine alla data del rientro in
Italia dall’Albania, in ordine alla conoscenza (negata) della identità anagrafica di Arjan Basa, cugino della vittima, laddove la identità del ridetto Arjan era nota alla comune amica 0livia Zanobetti; illogico è, infine, l’assunto che la uccisione di
Mema sarebbe stata necessaria per garantire la impunità; la
zona del delitto era, infatti, frequentata, sicché, così opinando,
ogni «testimone scomodo» «avrebbe certamente dovuto essere ucciso» inoltre Hasaj aveva parlato con la famiglia di Vukaj del
contrasto colla vittima; pertanto l’omicidio «sarebbe stato immediatamente ascritto al Prel [Hasaj] indipendentemente dal riferito del Mema».
2.3 — Quanto, infine, alla aggravante dei motivi il difensore deduce: non è dimostrato in alcun modo che il ricorrente avesse
«dato adesione alla realizzazione dell’evento, rappresentandosi e
condividendo gli sviluppi della azione esecutiva posta in essere
dall’autore materiale del delitto».
3. — Il ricorso di Hasaj merita accoglimento limitatamente alla
dosimetria della pena.
Il ricorso di Shehu e, nel resto, quello di Hasaj sono infondati.

3.1 I giudici territoriali hanno commisurato la pena base per
Hasaj in misura illegale (anni ventisei di reclusione), in quanto
eccedente il massimo edittale di anni ventiquattro, stabilito
dall’articolo 575 cod. pen. in relazione all’articolo 23, comma
primo, cod. pen., al quale la norma incriminatrice fa implicito
rinvio, in quanto reca soltanto la indicazione della soglia del
minimo edittale.

La pena base, pertanto, con pronuncia meramente rescindente,
ai sensi dell’articolo 620, comma 1, lettera l), cod. proc. pen.

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3.2 — Per il resto non ricorre — alla evidenza — il vizio della violazione di legge:
—né sotto il profilo della inosservanza (per non aver il giudice a
quo applicato una determinata disposizione in relazione
all’operata rappresentazione del fatto corrispondente alla previsione della norma, ovvero per averla applicata sul presupposto dell’accertamento di un fatto diverso da quello contemplato dalla fattispecie);
— né sotto il profilo della erronea applicazione, avendo Corte
territoriale esattamente interpretato le norme applicate, alla
luce dei principi di diritto fissati da questa Corte.
3.3 — Neppure ricorre vizio alcuno della motivazione.
3.3.1 — In particolare, in ordine all’accertamento della condotta di omicidio tentato in danno del Mema è affatto irrilevante
la circostanza (oggetto del denunziato travisamento della prova orale) se i testi Steve Zeugner e Morgan Davis Hunter al
momento dello sparo già volgessero o no le spalle ai protagonisti del fatto di sangue che avevano testé scorto.
Risulta incontestabilmente dal processo verbale delle sommarie informazioni, assunte dalla Squadra mobile della Questura
di Firenze il 28 novembre 2009 (allegato ai ricorsi), che della
azione omicida i testimoni suddetti ebbero percezione esclusivamente acustica; nessuno di loro ha rappresentato di aver visto alcuna arma, né, tampoco, di aver scorto Hasaj nel mentre
impugnava la pistola e sparava contro Vukaj.
Sicché la mancata rappresentazione da parte dei ridetti testimoni della condotta (immediatamente successiva) relativa al

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deve essere rideterminata mediante riduzione entro il limite edittale superato, con conseguente computo della pena finale
(pena base: anni ventiquattro di reclusione, aumentata, fermi
gli incrementi a titolo di continuazione applicati dai giudici
territoriali, ad anni ventotto di reclusione, infine ridotta di un
terzo per il rito abbreviato, ad anni diciotto e mesi otto di reclusione).

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3.3.2 — In ordine alla aggravante del motivo abietto effettivamente poco congruenti appaiono i rilievi della Corte territoriale
circa la ricerca dello scontro con le vittime, l’ impiego dell’
«arma certamente letale» e il disprezzo reciproco tra i protagonisti della vicenda. Purtuttavia gli ulteriori riferimenti, operati
sul punto dalla Corte territoriale, al contesto del fatto di sangue e allo «sgarbo» del Vukaj, danno adeguatamente conto
della ritenuta aggravante alla luce dell’accertamento del movente correlato ai contrasti insorti nella concorsuale attività
delittuosa di traffico di stupefacenti.
Per vero la circostanza aggravante del motivo abietto è certamente ravvisabile là dove la scaturigine del movente della azione delittuosa risieda nella matrice di pregresse o concorrenti
attività criminali del soggetto attivo del reato (v. Cass., Sez. 1,
n. 2884 del 20/01/2000 – dep. 09/03/2000, P.G. Ferrara e altri,
Rv. 215504; Sez. 1, n. 10414 del 09/01/2002 – dep. 12/03/2002,
Amendola ed altro, Rv. 221468; Sez. 2, n. 44624 del 08/07/2004
– dep. 17/11/2004, Alcamo ed altri, Rv. 230243; Sez. 1, n. 5448
del 23/11/2005 – dep. 13/02/2006, Cali’ ed altri, Rv. 235093; Sez.
5, n. 41332 del 24/10/2006 – dep. 18/12/2006, Lupo ed altri, Rv.
235300; Sez. 1, n. 13689 del 21/02/2007 – dep. 03/04/2007, Messina e altri, Rv. 236284; Sez. U, n. 337 del 18/12/2008 – dep.
09/01/2009, Antonucci e altri, Rv. 241576; Sez. 1, n. 8410 del
21/01/2009 – dep. 25/02/2009, Schiavo e altro, Rv. 242974; Sez.
1, n. 21955 del 02/02/2010 – dep. 09/06/2010, Agosta e altri, Rv.
247400; e, con specifico riferimento in termini al
movente omicida correlato al traffico di stupefacenti dell’autore del fatto di sangue: Sez. 1, n. 12473
del 19/12/2001 – dep. 29/03/2002, Vaccaro e altri, Rv. 221525 e,
più recentemente, Sez. 1, n. 30291 del 22/06/2011 – dep.
29/07/2011, Okaya, Rv, 250q82).

3.4 — Quanto alle residue censure dei ricorrenti il giudice a quo
ha dato conto adeguatamente — come illustrato nei paragrafi
che precedono da sub 1.3 a sub 1.7 — delle ragioni della propria

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delitto tentato e della circostanza dell’inceppamento dell’arma
non contraddice la testimonianza della persona offesa.

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decisione, sorretta da motivazione congrua, affatto immune da
illogicità di sorta, sicuramente contenuta entro i confini della
plausibile opinabilità di apprezzamento e valutazione e, pertanto, sottratta a ogni sindacato nella sede del presente scrutinio di legittimità.

— né il vizio della contraddittorietà della motivazione
che consiste nel concorso (dialetticamente irrisolto) di proposizioni (testuali ovvero extra testuali, contenute in atti del procedimento specificamente indicati dal ricorrente), concernenti
punti decisivi e assolutamente inconciliabili tra loro,
tali che l’affermazione dell’una implichi necessariamente e univocamente la negazione dell’altra e viceversa;
— né il vizio della illogicità manifesta che consegue alla
violazione di alcuno degli altri principi della logica formale e/o
dei canoni normativi di valutazione della prova ai sensi
dell’articolo 192 cod. proc. pen., ovvero alla invalidità (o
scorrettezza) dell’argomentazione per carenza di connessione tra le premesse della abduzione o di ogni plausibile nesso di
inferenza tra le stesse e la conclusione (v., per tutte, da ultima:
Sez. Un. n. 20804 del 29/11/2012 — dep. 14/05/13, Aquilina e altri).
Epperò i rilievi, le deduzioni e le doglianze espressi dai ricorrenti, benché inscenati sotto la prospettazione di vitia della
motivazione, si sviluppano tutti nell’orbita delle censure di
merito, sicché, consistendo in motivi diversi da quelli consentiti dalla legge con il ricorso per cassazione, sono inammissibili a’
termini dell’articolo 606, comma 3, cod. proc. pen.

3.5

Conseguono l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata nei confronti di Hasaj Prel, limitatamente alla pena principale, che ridetermina in anni diciotto e mesi otto di
reclusione; il rigetto del ricorso di Shehu e, nel resto, di quello
di Husaj; la condanna di Shehu al pagamento delle spese processuali.

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Questa Corte non rileva nel tessuto motivazionale del provvedimento impugnato:

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P. Q. M.

Così deciso, il 12 dicembre 2013.

Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata nei confronti di
Hasaj Prel, limitatamente alla pena principale, che ridetermina in anni diciotto e mesi otto di reclusione; rigetta il ricorso di
Shehu Myslym e, nel resto, quello di Hasaj; condanna Shehu al
pagamento delle spese processuali.

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