Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47006 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47006 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1) D’Agostino Vladimiro nato a Scapoli il 8/10/1961 in proprio e nella sua qualità
di amministratore della V.E.M. Costruzioni di D’Agostino Vladimiro & C. snc.
2) D’Agostino Massimiliano nato a Scapoli il 26/4/1967
3) Grieco Rossella nata a Roma il 22/12/1960
4) Di Pilla Maria Assunta nata a Sant’Agapito il 15/8/1937
avverso la sentenza del giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Isernia
in data 15/11/2012;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’avv. Nicola Apa per gli imputati Giangrande Mauro e Di Falco Nicola
anche in sostituzione dell’avv. Giulia Sarnari per l’imputato Locati Pietro
Celestino, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso e riportandosi
alle memorie depositate.

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Data Udienza: 08/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza in data 15/11/2012 il Giudice dell’udienza preliminare

del Tribunale di Isernia pronunciava, ai sensi dell’art. 425 cod. proc. pen.,
sentenza di non luogo a procedere nei confronti di Locati Pietro Celestino,
Giangrande Mauro e Di Falco Nicola in ordine ai reati loro ascritti – capo a)
110, 644 commi 1 e 5 n. 1 cod. pen. – capo b) 110, 644 commi 1 e 5 n. 1

costituisce reato.
2.

Avverso la suddetta sentenza propongono ricorso le parti civili

D’Agostino Vladimiro, D’Agostino Massimiliano, Grieco Rossella e Di Pilla
Maria Assunta, per mezzo del loro difensore minito di procura speciale,
sollevando il seguente motivo di gravame: violazione di legge sostanziale e
processuale nonché contraddittorietà o manifesta illogicità della
motivazione; deducono, al riguardo, che il Giudice non poteva pronunciare
sentenza di non luogo a procedere nei confronti degli imputati, non
sussistendo una situazione di innocenza tale da non apparire superabile in
dibattimento da una diversa valutazione del compendio probatorio
acquisito, ciò tenuto conto della nuova configurazione giuridica del reato di
usura oggettiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso proposto dalle costituite parti civili è inammissibile.
Quanto alla posizione delle parti civili D’Agostino Massimiliano,
Grieco Rossella e Di Pilla Maria Assunta, deve rilevarsi che gli stessi, in
quanto danneggiati dal reato, non sono legittimati, ai sensi dell’art. 428
cod. proc. pen., a proporre ricorso per Cassazione avverso la sentenza di
non luogo a procedere. In tale senso si è costantemente pronunciata

cod. pen. – capo c) 110, 644 commi 1 e 5 n. 1 cod. pen., perché il fatto non

questa Corte di legittimità, affermando che il riconoscimento alla persona
offesa costituita parte civile della legittimazione a proporre impugnazione
avverso la sentenza di non luogo a procedere è giustificato esclusivamente
dalla tutela di interessi penalistici, ai quali resta estranea la persona
danneggiata dal reato (sez. 5 n. 5698 del 15/1/2007, Rv. 235863; sez. 6 n.
16528 del 21/1/2010, Rv. 246997).
Ugualmente inammissibile si rivela il ricorso proposto relativamente
alla posizione di D’Agostino Vladimiro, per essere manifestamente
infondati i motivi proposti. Questa Corte ha ripetutamente chiarito (sez. 2

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ni,-

n. 28743 del 14.5.2010, Rv. n. 247860; sez. 2 n. 1711 del 13.10.2011)
che all’udienza preliminare deve riconoscersi natura processuale e non di
merito, non essendovi alcun dubbio circa la individuazione della finalità che
ha spinto il legislatore a disegnare e strutturare l’udienza preliminare quale
oggi si presenta, all’esito dell’evoluzione legislativa registrata al riguardo, e
nonostante l’ampliamento dei poteri officiosi relativi alla prova. Scopo
dell’udienza preliminare è quello di evitare dibattimenti inutili, e non già

dell’imputato. Pertanto il giudice dell’udienza preliminare deve pronunciare
sentenza di non luogo a procedere nei confronti dell’imputato solo in
presenza di una situazione di innocenza tale da apparire non superabile in
dibattimento dall’acquisizione di nuovi elementi di prova o da una possibile
diversa valutazione del compendio probatorio già acquisito. L’assunto vale
anche per l’evenienza, prevista dall’art. 425 c.p.p., comma 3, che gli
elementi acquisiti risultino insufficienti, contradditori o comunque non
idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Il criterio di valutazione per il
giudice dell’udienza preliminare non è infatti l’innocenza, bensì – dunque,
pur in presenza di elementi probatori insufficienti o contraddittori (sempre
che appaiano destinati, con ragionevole previsione, a rimanere„ tali
nell’eventualità del dibattimento) – l’impossibilità di sostentare l’accusa in
giudizio. In conclusione, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a
procedere solo sulla base di un giudizio prognostico di “immutabilità” del
quadro probatorio nella successiva fase del dibattimento, per effetto
dell’acquisizione di nuove prove o di una diversa rivalutazione degli
elementi in atti, nonchè quando le fonti di prova non si prestino a soluzioni
alternative e aperte (Sez. 2 n. 35178 del 3/7/2008, Rv. 242092; sez. 5 n.
22864 del 15/5/2009, Rv. 244202).
Il provvedimento ai sensi dell’art. 425 c.p.p., pur motivato
sommariamente, assume natura di sentenza solo perchè la valutazione
dopo il contraddittorio svolto in udienza preliminare è difforme da quella del
pubblico ministero, ed implica assunzione del giudice della scelta d’inibire
allo stato l’esercizio dell’azione penale contro l’imputato, salvo potenziale
revoca. Pertanto, a fronte del ricorso, va tenuto in conto che il controllo di
questa Corte sulla sentenza non può comunque avere ad oggetto gli
elementi acquisiti dal RM., bensì solo la giustificazione resa dal giudice nel
valutarli. Ma se tanto è vero, benchè la legge non operi riserva del ricorso
alla “violazione di legge”, a fronte di prevista motivazione sommaria

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quello – profondamente diverso – di accertare la colpevolezza o l’innocenza

d’inidoneità degli elementi acquisiti per l’accusa in giudizio, il giudice di
legittimità non ha concreta possibilità, men che dovere, di verificare il
puntuale rispetto dei parametri di cui all’art. 192 cod. proc. pen. E’ in
questi termini che il controllo di motivazione risponde ai principi
dell’ordinamento che vuole il giudice soggetto solo alla legge (art. 101
Cost., comma 2), e limita il ricorso per cassazione contro i provvedimenti
giurisdizionali alla sola violazione di legge (art. 111 Cost., comma 7). L’art.

puntuale di conto dei risultati acquisiti, cioè elementi di prova verificati
certi, e dei criteri adottati. E, se si tratta di indizi, questi devono essere
dimostrati innanzitutto inconfutati (gravi), quindi di valenza univoca
(precisi) e concordi. E non si vede come questo disposto, relativo alla
motivazione di convincimento intorno ad accertamento svolto in termini di
potenziale condanna, si possa conciliare con quella di un convincimento
esclusivamente prognostico negativo di tale condanna, che si riassume in
una valutazione di inidoneità dell’accusa.
Pertanto, l’unico controllo ai sensi dell’art. 606 comma 1, lett. d) ed
e) cod. proc. pen. consentito in sede di legittimità della motivazione della
decisione negativa del processo, qual è la “sentenza di non luogo a
procedere”, concerne la riconoscibilità del criterio prognostico adottato
nella valutazione d’insieme degli elementi acquisiti dal pubblico ministero.
Diversamente si giunge ad attribuire al giudice di legittimità un compito in
effetti di merito, in quanto anticipatorio delle valutazioni sulla prova da
assumere. E tal cosa si pone in contraddizione insanabile con la possibilità
di revoca della sentenza da parte dello stesso giudice per le indagini
preliminari, sopravvenute o scoperte nuove fonti di prova da combinare
eventualmente con quelle già valutate (art. 434 cod. proc. pen. ). In altri
termini, paradossalmente, questa Corte potrebbe pregiudicare l’esito di un
eventuale giudizio (sez. 5 n. 14253 del 13/02/2008, Rv. 239493).
Sulla base di questi principi, deve osservarsi che, nel caso di specie, il
giudice, evidenziando che gli sconfinamenti del tasso soglia sono risultati
non costanti e spesso di modesta entità rispetto alle cifre movimentate nei
conti, ha ritenuto assente in capo agli imputati quella consapevolezza e
volontà di porre in essere una condotta usuraria, aggiungendo che non si
riscontrano ragioni per pronosticare uno sviluppo del quadro probatorio
favorevole all’accusa in una eventuale sede dibattimentale. Poiché
dall’esposto ragionamento non emergono evidenti illogicità, quanto

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192 cod. proc. pen., difatti, indica il metro d’induzione probatoria nella resa

piuttosto uno sviluppo del giudizio prognostico svolto così profondamente
da giungere perfino ad escludere la colpevolezza dell’imputato, la sentenza
si sottrae a censura di legittimità, e il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.

4. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi
dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna degli imputati che lo hanno

versamento della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2013.

proposto al pagamento delle spese del procedimento e ciascuno anche al

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