Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47004 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 47004 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Delfino Angelo, nato il 17.4.1932 avverso la sentenza
della Corte di Appello di Lecce, sez. dist. di Taranto, del 28.2.2013. Sentita la
relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la
requisitoria del sostituto procuratore generale Antonio Mura, il quale ha
concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; udito il difensore dell’imputato
avv. Donato Perrini, il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di
Taranto, decidendo sulla sentenza emessa dalla Tribunale di Taranto in data
29 novembre 2010 ed appellata da Delfino Angelo, riducendo la pena allo
stesso inflitta a mesi 8 di reclusione ha confermato nel resto la condanna
inflitta in primo grado per il reato di danneggiamento continuato e aggravato.
Ricorre assistito da difensore l’imputato lamentando violazione di legge e
mancanza di motivazione: per non essere stata assunta una prova decisiva,
costituita dal DVD in cui sono registrate le azioni dell’autore del reato, ascritto
all’odierno imputato; si contesta a tal riguardo il vizio di travisamento della

Data Udienza: 19/11/2013

prova avendo comunque la Corte territoriale ritenuto la penale responsabilità
dell’imputato pur persistendo il ragionevole dubbio sulla attribuibilità delle
stesse al Delfino attesa la scarsa chiarezza delle immagini, mai sottoposte alla
visione del giudice.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art.

vizio di travisamento della prova, esso può essere fatto valere solo nell’ipotesi in cui
l’impugnata decisione abbia riformato quella di primo grado, non potendo, nel caso
di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del devolutum con recuperi, in sede di
legittimità, di elementi fattuali che comportino la rivisitazione dell’iter costruttivo
del fatto, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per rispondere alla critiche dei
motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal
primo giudice: il sindacato di legittimità, infatti, deve limitarsi alla mera
constatazione dell’eventuale travisamento della prova, che consiste nell’utilizzazione
di una prova inesistente o nell’utilizzazione di un risultato di prova
incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo. Nell’ipotesi
di decisione di secondo grado difforme da quella di primo, il vizio di prova omessa
(vizio di omessa pronuncia rispetto a un significativo dato processuale o
probatorio), o di prova “travisata”, (palese divergenza del risultato probatorio
rispetto all’elemento di prova emergente dagli atti processuali) assume rilevanza,
nel giudizio di legittimità, soltanto quando l’errore disarticoli effettivamente l’intero
ragionamento probatorio e renda illogica la motivazione per la essenziale forza
dimostrativa del dato processuale/probatorio travisato. Qualora, invece, ci si trovi come nel presente processo – innanzi ad una cd. doppia conforme (doppia
pronuncia di uguale segno) il vizio di travisamento della prova può essere rilevato
in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica
deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima
volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di
secondo grado. Infatti, in considerazione del limite del devolutum (che impedisce
che si recuperino, in sede di legittimità, elementi fattuali che comportino la
rivisitazione dell’iter costruttivo del fatto, salvo il caso in cui il giudice d’appello, per
rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto
probatorio non esaminati dal primo giudice) il sindacato di legittimità, deve limitarsi
alla mera constatazione dell’eventuale travisamento della prova, che consiste

606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il

nell’utilizzazione di una prova inesistente o nell’utilizzazione di un risultato di prova
incontrovertibilmente diverso, nella sua oggettività, da quello effettivo.
Così non è accaduto nel caso in esame, in cui la Corte di appello anche riguardo
all’eccezione riproposta in questa sede ha confermato il giudizio sulla responsabilità
dell’imputato già espresso dal Tribunale conformando la lettura degli atti
processuali esposti nella sentenza di primo grado, la prospettazione difensiva si
mostra manifestamente infondata.

la Corte territoriale ampiamente argomentato alle pagine 3-4 della sentenza
impugnata le ragioni su cui ha fondato la propria decisione, ben chiarendo la
conclusività del molteplici fonti di prova, integrate anche da risultanze testimoniali,
acquisite agli atti, circa il sicuro riconoscimento dell’imputato come autore del
fattpo.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deliberato il 19.11.2013

Il Presidente

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Mar

D

Lo stesso deve dirsi con riguardo alla lamentata illogicità della motivazione, avendo

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