Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 47003 del 12/11/2015
Penale Sent. Sez. 4 Num. 47003 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: GIANNITI PASQUALE
Data Udienza: 12/11/2015
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BOTTA ANTONINO N. IL 27/11/1976
BRUNO AGATINO SALVATORE N. IL 18/09/1978
avverso la sentenza n. 382/2015 CORTE APPELLO di CATANIA, del
23/04/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PASQUALE GIANNITI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Oi&C2. ee.3
che ha concluso per
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Uditi difensor Avv.
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ic-<_2 f-e-ce-A-2-0 RITENUTO IN FATTO 1. Il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catania con sentenza
27/09/2011 condannava gli imputati Alfio Amato, Antonino Botta, Agatino
Salvatore Bruno, Francesco Greco e Salvo Valenti in relazione al reato di cui
all'art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, accertato in Catania dall'ottobre al
dicembre 2009, con la recidiva reiterata nel quinquennio per Alfio Amato e
Agatino Bruno e con la recidiva reiterata specifica nel quinquennio per Salvo imputati - con la sola eccezione di Salvo Valenti - in relazione all'illecita cessione
ed all'illecita detenzione a fine di cessione di sostanza stupefacente del tipo
marjuana, attività queste aggravate entrambe dall'art. 80, comma 2, d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, accertate sempre in Catania nel suddetto periodo, con la
recidiva reiterata nel quinquennio per Alfio Amato e Agatino Bruno e con la
recidiva reiterata specifica nel quinquennio per Francesco Greco e Antonino
Botta.
Fin dalle prime pagine della suddetta sentenza (cfr. pp. 2-3), nella
ricostruzione della genesi delle indagini, che avevano portato alla formulazione
dell'imputazione, veniva ricordato che:
a) in data 12 ottobre 2009 Botta Antonino e Valenti Salvo erano stati
arrestati per detenzione a fini di spaccio di 500 grammi di sostanza
stupefacente; nell'occasione la polizia giudiziaria aveva notato il Valenti
stazionare in via Belfiore di Catania in attesa degli acquirenti che il Botta gli
indirizzava dalla vicina via Barcellona, dove aveva luogo il primo contatto;
intorno ai due veniva osservata la presenza di numerosi soggetti che, a bordo di
scooter, controllavano le vie limitrofe, svolgendo il ruolo di vedette pronte ad
avvisare gli spacciatori all'arrivo della polizia giudiziaria; il Valenti, allertato dai
complici, aveva cercato di entrare in una abitazione per barricarsi all'interno, ma
era stato tratto in arresto dai militi, mentre il Botta ed altri giovani non
identificati, intenti per l'appunto a fare il ruolo di vedette, si erano dati alla fuga;
erano stati sequestrati 158 involucri di carta stagnola contenenti complessivi
circa 500 grami di nnarjuana ed euro 485 provento di spaccio; nelle more anche
in Botta era stato arrestato; in sede di interrogatorio di garanzia il Valenti si era
addossato ogni responsabilità, scagionando il Botta che pertanto era stato
rimesso in libertà dal Gip; in esito a tali fatti, tuttavia era stato disposto un
servizio di intercettazione dei colloqui carcerari, che il Valenti avrebbe effettuato
con i familiari;
b) il 14 novembre successivo, nel corso di tali indagini e mentre si acquisiva, attraverso l'analisi dei risultati di alcune videoriprese, la presenza 2 Valenti, Francesco Greco e Antonino Botta; condannava altresì tuti i predetti attiva di Greco Francesco nel crocevia tra le vie Barcellona e Belfiore intento a
dialogare e consegnare oggetti a terzi soggetti, anche il Greco era stato arrestato
(per cessione di due involucri di sostanza stupefacente del tipo marijauana);
attesa la similitudine di spaccio, si era proceduto anche all'intercettazione dei
colloqui carcerari del Greco;
c)l'esito delle intercettazioni, che avevano interessato il Valenti ed il Greco,
veniva combinato con le dichiarazioni accusatorie di alcuni collaboratori di
giustizia e con il contenuto del disposto servizio di videoripresa; sulla base del Alfio, Amato Salvatore, Bruno Agatino Salvatore e Botta Antonino erano stati
raggiunti da una ordinanza di custodia cautelare per i fatti per cui è processo.
Il Giudice di prime cure, dopo aver spiegato la genesi dell'indagine, nel
valutare il materiale probatorio in relazione alla contestata associazione ed al
contestato reato fine, ripercorreva il contenuto degli intercettati colloqui
carcerari, indicando questi ultimi come la fonte principale sui cui si basava il
giudizio di colpevolezza emesso nei confronti degli imputati ed aggiungendo che
detta base probatoria era stata arricchita dalle dichiarazioni rese da alcuni
collaboratori di giustizia e dagli esiti del servizio di videoripresa, posto in essere
in data 29 e 30 ottobre proprio nella zona di via Barcellona.
Ad esito della valutazione del complessivo materiale probatorio (cfr. pp. 429) il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catania riteneva provata
l'esistenza in Catania di un gruppo associato trafficante sostanza stupefacente
del tipo marijuana nel crocevia Barcellona Belfiore quanto meno tra l'ottobre e il
dicembre 2009, capeggiato da Alfio Amato e composto anche da Greco, Botta,
Bruno e Valenti, nonché riteneva provato che tutti i predetti spacciavano in modo
costante e reiterato ingenti quantitativi della suddetta sostanza in quel
medesimo arco temporale (cfr. pp. 30-31). 2. La Corte di appello di Catania, seconda sezione penale, con sentenza del
24/04/2013 rideterminava la pena nei confronti degli imputati Amato e Valenti e
confermava nel resto la sentenza di condanna resa dal Giudice dell'udienza
preliminare del Tribunale di Catania. 3. La Corte di cassazione, terza sezione penale, con sentenza del 29/10/2014, annullava la sentenza della Corte territoriale, in riferimento alla
ravvisabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 80, comma 2, T.U. stup.,
con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania e con rigetto nel
resto dei ricorsi. 3 suddetto compendio indiziario non solo il Valenti ed il Greco ma anche Amato In particolare, la Corte regolatrice censurava la sentenza di secondo grado
in relazione al criterio utilizzato per la individuazione del superamento del limite
individuato dalla sentenza n. 36258/2012 delle Sezioni Unite; evidenziava che
nel caso di specie, in assenza di sequestro, non era dato conoscere il principio
attivo delle sostanze che erano state singolarmente detenute e cedute nei mesi
da ottobre a dicembre 2009 dagli imputati e che, d'altronde, il superamento del
suddetto limiti non determinava automaticamente la sussistenza dell'aggravante,
dovendosi avere riguardo, in assenza di specifici parametri quantitativi, dei conto dell'intervenuto nuovo assetto normativo conseguente alla sentenza n.
32/2014 della Corte costituzionale. 4. La Corte di appello di Catania, terza sezione penale, decidendo in sede di
rinvio, con sentenza in data 29/10/2014, confermava la sentenza di condanna
resa dal Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Catania in relazione alla
sussistenza della circostanza aggravante, condannando gli imputati Amato, Botta
e Bruno al pagamento delle spese processuali di fase. 5. Avverso la predetta sentenza della Corte di appello di Catania proponevano ricorso, a mezzo dei rispettivi difensori, gli imputati Botta e Bruno. 6.-Il ricorso, presentato nell'interesse dell'imputato Bruno, viene affidato a
due motivi di ricorso.
6.1. Con il primo il ricorrente denuncia violazione di legge e difetto di
motivazione in relazione all'asserita sussistenza dell'aggravante prevista dall'art.
80 T.U. stup..
Lamenta il ricorrente che nella sentenza impugnata si è ritenuto di colmare
le lacune probatorie conseguenti all'assenza di sequestri di sostanza
stupefacente mediante una limitata attività di osservazione da parte della polizia,
gli esiti di alcune intercettazioni captate all'interno del carcere e le dichiarazioni
di due collaboratori di giustizia e non si è tenuto conto del nuovo assetto
normativo che si è venuto a creare a seguito della sentenza n. 32/2014 per
effetto della legge n. 79/2014, come invece indicato dalla Corte regolatrice nella
citata sentenza di annullamento.
Lamenta inoltre il ricorrente che l'impugnata sentenza ha fatto riferimento
a criteri preesistenti sanciti dalla giurisprudenza di legittimità prima della
sentenza n. 36258/2012 delle Sezioni Unite, cioè a criteri che (quali l'elemento
ponderale, sia pure non specificatamente predeterminato, la quantità di principio
attivo, la quantità dello stupefacente e gli effetti negativi causati agli assuntori) 4 criteri elaborati dalla precedente giurisprudenza di legittimità e dovendosi tener non si armonizzano al caso di specie, caratterizzato dalla totale mancanza di dati
certi provenienti da sequestri di sostanza in capo agli imputati.
6.2.Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e
difetto di motivazione in relazione all'aumento per la continuazione tra i reati
contestati.
Al riguardo il ricorrente - premesso che, a suo dire, la Corte regolatrice,
nell'annullare la sentenza, ha disposto che doveva essere ricalibrato il
trattamento sanzionatorio alla luce della nuova disciplina dell'art. 73 T.U. stup. - irrogato, a titolo di continuazione per il reato di spaccio, è pari ad anni 1, mentre
in realtà è pari ad anni 3 e mesi 4, aumento questo significativamente più alto
rispetto a quello applicato agli altri imputati, senza che di ciò ne sia stata data
alcuna motivazione. 7. Il ricorso, presentato nell'interesse dell'imputato Botta, è affidato ad un
solo motivo con il quale si denuncia la manifesta illogicità e carenza di
motivazione.
Secondo il ricorrente la Corte di rinvio sarebbe caduta in manifesta
contraddittorietà laddove, da un lato, ha riconosciuto che il criterio quantitativo,
anche se non matematicamente accertabile in assenza di sequestri di
stupefacente, non può essere utilizzato per l'accertamento della sussistenza
dell'aggravante di cui all'art. 80; e, dall'altro, ha ritenuto la sussistenza della
suddetta aggravante sulla base di due conversazioni ambientali (intercorse tra
Greco Francesco e la di lui moglie) e delle dichiarazioni del collaboratore di
giustizia Cavallaro Natale, cioè sugli base degli stessi dati processuali sui quali la
prima Corte di appello aveva fondato il proprio convincimento e che tuttavia, a
suo dire, non avrebbero convinto la Corte regolatrice.
Aggiunge che le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Musurneci
Gaetano non sono state confermate dagli altri collaboratori di giustizia sentiti nel
corso del processo di merito in punto di preteso acquisto da parte dell'imputato
Amato di 20 chili di marijuana e che, d'altronde, in nessuno degli episodi riferiti è
stato mai menzionato il nome di Botta Antonino.
Rileva infine che la Corte di rinvio si è limitata ad affermare la ricorrenza
dell'aggravante avuto riguardo ad uno spaccio parlato, senza che sia dato
comprendere se si aveva avuto riguardo all'attività svolta dal ricorrente Bruno e
se il riferimento sia stato alle cessioni operate personalmente da quest'ultimo
ovvero anche alle cessioni dei concorrenti e, in quest'ultimo caso, se in ragione
di una sommatoria delle diverse frazioni o se per avere individuato un comune
complessivo quantitativo ingente. 5 osserva che nella impugnata sentenza è stato affermato che l'aumento di pena 8. In vista dell'odierna udienza (e, precisamente, in data 5/11/2015)
entrambi gli imputati, tramite difensore, con separate memorie facevano
pervenire presso questa Corte un unico comune nuovo motivo, ad integrazione
dei rispettivi ricorsi già proposti, nel quale denunciavano entrambi violazione di
legge in relazione all'art. 99 comma 5 cod.pen.
In sintesi entrambi i ricorrenti - dopo aver fatto presente che nei confronti
di ciascuno di loro era stata ritenuta la recidiva ai sensi dell'art. 99 comma 5 T.U. 23/07/2015 ha dichiarato la illegittimità costituzionale di detta norma
limitatamente alle parole "è obbligatorio" - lamentano che a ciascuno di essi è
stata aumentata la pena di ben sei anni e mesi otto di reclusione senza che il
giudice di merito abbia valutato in concreto se, in rapporto ai precedenti, il
nuovo episodio delittuoso sia indicativo di una più accentuata colpevolezza e di
una maggiore pericolosità CONSIDERATO IN DIRITTO 1.1 ricorsi sono fondati e pertanto devono essere accolti, con conseguente
annullamento della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame. 2. Il primo motivo di ricorso presentato nell'interesse dell'imputato Bruno
ed il motivo di ricorso presentato nell'interesse dell'imputato Botta sono fondati
nei termini di seguito precisati.
2.1. Preliminarmente si osserva che il giudizio di rinvio, ai sensi dell'art.
627 cod. proc. pen., rappresenta una ulteriore fase del giudizio di merito,
vincolata alla sentenza di annullamento nei limiti da questa determinati.
Il giudice di rinvio, in altri termini, decide con gli stessi poteri che aveva il
giudice della sentenza annullata, limitatamente ai punti che hanno formato
oggetto dell'annullamento o che siano in connessione essenziale con la parte
annullata. Egli deve uniformarsi alla sentenza della Corte di cassazione per ciò
che concerne ogni questione di diritto con essa decisa e non può attrarre alla sua
sfera di cognizione statuizioni diverse ed autonome rispetto a quelle devolutegli.
In particolare, il giudice di rinvio, in caso di annullamento per vizio di
motivazione, è libero di determinare il proprio apprezzamento di merito
mediante autonoma valutazione dei dati probatori e della situazione di fatto
concernenti i punti oggetto dell'annullamento, fermo restando il suo obbligo a
giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o 6 stup. e dopo aver ricordato che la Corte costituzionale con sentenza n. 185 del implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento (cfr. Sez. 1, sent. n.
40386 del 16/09/2004, Fagan, Rv. 230620).
In sintesi, il giudizio di rinvio rappresenta un'autonoma fase di merito,
caratterizzata dal condizionamento che scaturisce dalla sentenza della Corte di
cassazione che lo ha disposto, essendo coperta ogni altra questione dal giudicato
progressivo.
2.2.- Sempre in via preliminare, occorre ribadire la configurabilità
dell'aggravante di cui D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, comma 2 p anche nelle possibile procedere all'analisi della sostanza stupefacente al fine di individuare la
percentuale di principio attivo.
Al riguardo, questa Corte ha già avuto modo di precisare - dopo la
sentenza delle Sezioni Unite n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv. 253150 (ma
trattasi di principio che deve essere ribadito anche nell'assetto ordinamentale
conseguente alla sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 12/02/2014 ed
all'entrata in vigore del d. I. 20/03/2014, n. 36, convertito con modificazioni
nella legge 16/05/2014, n. 79) - che la valutazione riguardo all'aggravante può
desumersi da altri elementi, e, specificamente, dalle dichiarazioni di testimoni e
chiamanti in correità, o, ancora, dal tenore di conversazioni telefoniche
intercettate.
In quell'occasione in particolare è stato affermato che: "Il nuovo criterio,
pur collegato all'entità del principio attivo rapportato al dato ponderale, non
induce a escludere che l'elemento dell'ingente quantità sia configurabile anche in
difetto di sequestro della sostanza, quando si riscontrino elementi certi (si pensi
alle indicazioni relative ai proventi realizzati o all'entità delle sostanze da taglio
utilizzate) che consentano di pervenire per via indiretta al dato quantitativo.
Ragionare in termini differenti significherebbe negare aprioristicamente
l'applicazione dell'aggravante in parola nei casi di c.d. "droga parlata", ancorché
da emergenze istruttorie inequivoche sia possibile pervenire in via deduttiva alla
determinazione del dato quantitativo" (cfr. Sez. 4, sent. 05/07/2013, Myslihaka,
Rv. 257641).
2.3.Tanto premesso, occorre osservare che la Corte regolatrice, nella fase
rescindente del giudizio:
- in primo luogo, ha rilevato che la sentenza della Corte di appello di
Catania, seconda sezione penale, nel rigettare il motivo di appello (con il quale si
lamentava la sussistenza nella specie dell' aggravante dell'ingente quantità),
aveva ritenuto che l'elevatissimo numero di cessioni di stupefacenti registrato il
29/10/2009 in solo quattro ore di osservazione, i cospicui proventi derivanti 7 ipotesi in cui, per mancanza di materiali assoggettati a sequestro, non è stato dall'attività di spaccio e l'acquisto di 20 kg di marijuana da parte di Amato Alfio
nell'ottobre del 2009, per come riferito da Gaetano Musunneci, erano elementi
tutti indicativi del fatto che il quantitativo di droga smerciata dal gruppo aveva
superato il limite individuato dalle Sezioni Unite con sentenza del 24/05/2012, n.
36258, Biondi, Rv. 253150, come esemplificativo della demarcazione tra ipotesi
di ingente quantità ed ipotesi non ingente;
- quindi, ha dato atto che nel caso di specie non è dato conoscere il
principio attivo delle sostanze che vennero singolarmente detenute e cedute nei aveva ritenuto di poterlo individuare sulla base dei dati di fatto disponibili);
- ed ancora ha statuito che: a) in ogni caso deve aversi riguardo a quegli
elementi di fatto, mirati a considerare la realtà specifica, che già la
giurisprudenza aveva a suo tempo individuato, anteriormente all'elaborazione
delle Sezioni Unite del 2012 ed in assenza di specifici parametri quantitativi,
quali indici, allora, di per sé esaustivi della ricorrenza dell'aggravante; b) la
determinazione dei presupposti per l'applicazione dell'aggravante dell'ingente
quantità non può prescindere dalla disamina delle modifiche intervenute
successivamente alla data della sentenza impugnata e costituite dalla sentenza
n. 32 del 2014 della Corte costituzionale e dal d. I. 20/03/2014, n. 36, convertito
con modificazione nella legge 16/05/2014, n. 79; c) appare necessaria una
ricalibrazione degli esiti interpretativi già raggiunti in considerazione dell'accresciuto tasso di modulazione normativa difficilmente compatibile con
una interpretazione tendenzialmente aritmetica dell'aggravante dell'ingente
quantità.
2.4. La Corte di appello di Catania, terza sezione penale, decidendo in sede
di rinvio, era chiamata a verificare la sussistenza dell'aggravante dell'ingente
quantità e della congruità dell'irrogato trattamento sanzionatorio, nel sopra
delineato perimetro decisionale.
In tale apprezzamento, la Corte territoriale risultava titolare del potere di
liberamente apprezzare il compendio probatorio, nell'osservanza del principio di
diritto richiamato dalla Corte regolatrice.
Orbene, la Corte distrettuale, quale giudice del rinvio - dopo aver dato
rilevato che almeno parte della giurisprudenza di legittimità ha ritenuto
compatibili i criteri individuati dalle Sezioni Unite del 2012 anche a seguito della
sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale e con il regime normativo
attualmente vigente - ha ritenuto di fare applicazione dei criteri utilizzati dalla
Suprema Corte in epoca anteriore all'introduzione del principio quantitativo ed ha
motivato la sussistenza dell'aggravante dell'ingente quantità di stupefacente - 8 mesi da ottobre a dicembre 2009 dagli imputati (e né la sentenza impugnata detenuta dagli imputati nei mesi da ottobre a dicembre 2009 - argomentando
(pp. 6 e 7):
a) sui rilevantissimi ricavi dell'attività di spaccio effettuata dai sodali (euro
3600 ed euro 4000 come riferito da Bisicchia Felicia al marito Greco Francesco
nel corso dei colloqui intercettati il 23 ed il 30 novembre 2009; fino ad euro 15
mila di ricavo complessivo giornaliero secondo il collaboratore Natale Cavallaro);
b) sul rilievo che - avuto riguardo alla suddetta entità dei ricavi ed al
notorio modesto costo di una dose di marjuana - il commercio giornaliero c) sugli esiti degli espletati servizio di video ripresa, dai quali erano
risultate provate in appena quattro ore di osservazione circa 100 cessioni di
stupefacente;
d) sulle dichiarazioni rese dal collaboratore Musumeci Gaetano in punto di
acquisto nell'ottobre del 2009 di una partita di 20 kg di marijuana, quantitativo
che, sotto il profilo ponderale, conferma un vastissimo traffico di sostanze
stupefacenti tale da soddisfare una rilevantissima fetta del mercato catanese.
2.5. Ritiene il Collegio che gli elementi sopra sintetizzati dalla Corte
territoriale siano indubbiamente indicativi di una intensa e continuata attività di
spaccio, ma nella sentenza impugnata - anche a prescindere dalla disamina della
portata della sentenza delle Sezioni Unite n. 36258 del 24/05/2012, Biondi, Rv.
253150, nell'assetto ordinamentale conseguente alla sentenza della Corte
costituzionale n. 32 del 12/02/2014 ed all'entrata in vigore del d. I. 20/03/2014,
n. 36, convertito con modificazioni nella legge 16/05/2014, n. 79 - non viene
chiarito se questi dati siano riferibili alla disponibilità, anche da parte di entrambi
gli odierni ricorrenti, nel medesimo contesto spazio-temporale, di un unico
ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo marijuana.
La valutazione circa la sussistenza della contestata aggravante, compiuta
dal giudice di rinvio, in quanto insufficiente da un punto di vista logico, è
suscettibile di rilievo in questa sede, con la conseguenza che, sul punto, la
sentenza va annullata. 3.- Fondato è anche il motivo aggiunto presentato nell'interesse di Botta
Antonino.
3.1. La Corte Costituzionale, con la recente sentenza 185 del 23/07/2015,
ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 99 c. 5 c.p., limitatamente alle
parole «è obbligatorio».
Secondo la Consulta «la previsione di un obbligatorio aumento di pena
legato solamente al dato formale del titolo di reato, senza alcun accertamento
della concreta significatività del nuovo episodio delittuoso - in rapporto alla 9 doveva essere di almeno 1500 dosi di stupefacente; natura e al tempo di commissione dei precedenti e avuto riguardo ai parametri
indicati dall'art. 133 cod. pen. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza
e della maggiore pericolosità del reo, [non viola solo l'art. 3 Cost] ma anche l'art.
27, terzo comma, Cost., che implica un costante 'principio di proporzione' tra
qualità e quantità della sanzione, da una parte, e offesa, dall'altra».
Orbene, la declaratoria di incostituzionalità incide sulla norma fin dalla sua
origine, eliminandola dell'ordinamento e rendendola inapplicabile ai rapporti
giuridici in corso (Corte Cost. sent. n. 127 del 15.12.1966), ed incide altresì sulle un'eccezione in materia penale (sul tema cfr. Sez. 1, n. 26899 del 25/05/2012,
Harizi, Rv. 253084; Sez. U, n. 27614 del 29/03/2007, Lista, Rv. 236535).
3.2. Nel caso di specie, occorre rilevare che il Giudice dell'udienza
preliminare, dopo aver ritenuto Botta Antonino responsabile dei delitti di cui ai
capi A (art. 74 T. stup.) e B (art. 73 T. stup., in relazione alla cessione e
detenzione continuata di ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo
marijuana), nel determinare per l'imputato la pena finale di anni 11 mesi 9 e
giorni 11 di reclusione: dapprima, ha fissato la pena base in anni dieci per il
reato di cui al capo A, ritenuto più grave, in considerazione del fatto che la
norma incriminatrice prevede un minimo edittale maggiore rispetto a quello di
cui al capo B; poi, ha determinato nella misura dei due terzi l'aumento per la
ritenuta recidiva reiterata ed infraquinquennale, e cioè nella misura di anni sei e
di mesi otto di reclusione; quindi, ha determinato nella misura di anni uno di
reclusione l'aumento per la continuazione con il reato di cui al capo B; ed infine
ha applicato la diminuente per il rito.
In particolare, il Giudice di prime cure - nel determinare l'aumento per la
recidiva - dopo aver premesso che "nei confronti dell'imputato, attese le
risultanze del certificato del casellario giudiziale, viene riconosciuta la recidiva
reiterata specifica ed infraquinquennle, così come contestata (artt. 99 co. IV)" ha motivato affermando che: "L'aumento di pena per la recidiva (versandosi in
ipotesi di reato rientrante tra quelli di cui all'art. 407 c.p.p.) è, quindi,
obbligatorio e nella misura di due terzi, corrispondente ad anni sei e mesi otto di
reclusione (aumento inferiore al cumulo delle pene risultante dalle condanne
precedenti ammontanti ad anni sette e mesi sei di reclusione, ragione per cui
non trova applicazione il criterio di contemperamento di cui al comma VI dell'art.
99 c.p.)"
3.3. Orbene - poiché per effetto della sentenza della Consulta è venuto
meno l'automatismo nella dichiarazione della recidiva e poiché nella sentenza,
per cui è ricorso, pronunciata prima della pronuncia della Consulta, non è stata
effettuata (né d'altronde poteva esserlo) alcuna valutazione sulla sussistenza di 10 situazioni pregresse, salvo il limite insuperabile del giudicato, che tuttavia trova detta circostanza aggravante, al fine di stabilire se la ricaduta nel reato sia stata
effettivamente espressione di un'accentuata colpevolezza e di una maggiore
pericolosità sociale del ricorrente - la sentenza impuntata deve essere anche su
detto punto annullata. 4. Infine, devono essere accolti il secondo motivo di ricorso, nonché il
motivo nuovo presentati nell'interesse dell'imputato Bruno Agatino Salvatore.
4.1.AI riguardo, giova ribadire che, come già rilevato dalla Corte regolatrice dipendenza della sentenza di illegittimità costituzionale n. 32 del 2014 degli artt.
4 bis e 4 vicies ter della legge n. 49 del 2006 (sentenza che ha comportato la
reviviscenza delle disposizioni previgenti e dunque in particolare, con riguardo
alle droghe c.d. leggere, anche del previgente art. 73 comma 4, che prevedeva
un trattamento sanzionatorio da due a sei anni di reclusione, dunque
sensibilmente inferiore a quello delle disposizioni, dichiarate costituzionalmente
illegittime) non trova applicazione allorquando, come per l'appunto si verifica il
caso di specie, si tratti di reato satellite. Ciò in quanto, nell'istituto della
continuazione, una volta individuata la violazione più grave, i reati meno gravi
perdono la loro autonomia sanzionatoria, dovendosi solo aumentare la pena
prevista per la violazione più grave, senza che rilevino i limiti legali della pena
prevista per i singoli reati satelliti.
4.2.Tanto ribadito, occorre rilevare che il Giudice dell'udienza preliminare,
dopo aver ritenuto Bruno Agatino Salvatore responsabile dei delitti di cui ai capi
A (art. 74 T. stup.) e B (art. 73 T. stup., in relazione alla cessione e detenzione
continuata di ingente quantitativo di sostanza stupefacente del tipo marijuana),
nel determinare per l'imputato la pena finale di anni 13 mesi 4 di reclusione:
dapprima, ha fissato la pena base in anni dieci per il reato di cui al capo A,
ritenuto più grave, in considerazione del fatto che la norma incriminatrice
prevede un minimo edittale maggiore rispetto a quello di cui al capo B; poi, ha
determinato nella misura dei due terzi l'aumento per la ritenuta recidiva reiterata
ed infraquinquennale, e cioè nella misura di anni sei e di mesi otto di reclusione;
quindi, ha determinato nella misura di anni tre e mesi quattro di reclusione
l'aumento per la continuazione con il reato di cui al capo B; ed infine ha applicato
la diminuente per il rito.
In particolare, il Giudice di prime cure - nel determinare l'aumento per la
recidiva - dopo aver premesso che "nei confronti dell'imputato, attese le
risultanze del certificato del casellario giudiziale, viene riconosciuta la recidiva
reiterata ed infraquinquennle, così come contestata (artt. 99 co. IV e V)" - ha
motivato affermando che: "L'aumento di pena per la recidiva (versandosi in 11 in fase remittente, il principio di applicazione della disciplina più favorevole, in ipotesi di reato rientrante tra quelli di cui all'art. 407 c.p.p.) è, quindi,
obbligatorio e nella misura di due terzi, corrispondente ad anni sei e mesi otto di
reclusione (aumento inferiore al cumulo delle pene risultante dalle condanne
precedenti, ragione per cui non trova applicazione il criterio di contemperamento
di cui al comma VI dell'art. 99 c.p.)"
Egli inoltre - nel dar conto dell'aumento per la continuazione in concreto
determinato, - dopo aver ricordato che, in base all'art. 81 ultimo comma cod.
pen., "fermi restando i limiti indicati dal terzo comma, se i reati in concorso quali è stata applicata la recidiva prevista dall'art. 99 comma 4, l'aumento della
quantità di pena non può comunque essere inferiore ad un terzo della pena
stabilita per il reato più grave" - ha rilevato che i fatti che avevano portato alla
contestazione ed all'applicazione della recidiva erano tutti antecedenti all'entrata
in vigore della suddetta disposizione. Ciò non di meno, ha determinato nella
misura di anni tre e mesi quattro di reclusione l'aumento per la continuazione
con il reato di cui al capo B (peraltro nei confronti del solo imputato Bruno
Agatino Salvatore).
4.3. Orbene, anche i motivi in esame sono fondati.
Quanto alle modalità di applicazione della contestata recidiva, si richiama
quanto sopra osservato in relazione alla posizione del coimputato Botta.
Quanto poi all'aumento per la continuazione - premesso che l'imputato, nel
proporre appello a mezzo del suo difensore avverso la sentenza di primo grado,
per quanto non abbia espressamente contestato le modalità di calcolo
dell'aumento di pena per la continuazione, si era tuttavia lamentato
dell'eccessività di detto aumento - occorre osservare che il giudice di rinvio,
nella impugnata sentenza, ha erroneamente affermato che l'aumento di pena per
la continuazione era stato fissato in misura inferiore all'anno per tutti gli imputati
(evidenziando peraltro che detto aumento era coerente con i criteri di cui all'art.
133 cod. pen. ed alla gravità dei fatti di cui si trattava: fatti cioè di cessione e
detenzione continuata di ingente quantità di stupefacente del tipo marjivana, che
si sono realizzati in un contesto associativo ex art. 74 T.U. stup.), dimenticando
che l'aumento di pena per la continuazione era stato fissato nella misura di anni
tre e mesi quattro di reclusione per l'imputato Bruno Agatino Salvatore. 5. Per tutti i motivi che procedono la sentenza impugnata deve essere
annullata con rinvio per nuovo esame in punto di sussistenza della contestata
aggravante dell'ingente quantità, in punto di applicazione della contestata
recidiva, e in punto di determinazione dell'aumento della pena per la contestata 12 formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai continuazione (tra l'imputazione di cui al capo a e l'imputazione di cui al capo b,
nonché interna allo stesso capo b). P.Q.M. Annulla la impugnata sentenza con rinvio, per nuovo esame, alla Corte
d'Appello di Catania. sì deciso in Roma, il 12 novembre 2015.