Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46997 del 12/11/2015


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46997 Anno 2015
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: PAVICH GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
DI FRANCO ORESTE N. IL 19/04/1986
RICCIO NICOLA N. IL 16/04/1960
avverso la sentenza n. 1644/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
04/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/11/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE PAVICH
Udito il Procuratore Generale in personp. del Dott. O fuj,„ COA40/,49
che ha concluso per e

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«.<4~4 Data Udienza: 12/11/2015 Ritenuto in fatto 1. - DI FRANCO Oreste e RICCIO Nicola, tramite i rispettivi difensori di fiducia, ricorrono avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale, in riforma della sentenza del G.M. del Tribunale di Napoli in data 29 ottobre 2013, è stata rideterminata in anni tre e mesi quattro di reclusione ed € 3400 di multa ciascuno la pena inflitta nei loro confronti in relazione a varie ipotesi di reato p. e p. dall'art. 73 D.P.R. 309/1990 (capi da A ad H della rubrica, di cui i capi A, B, C, D e G contestati al DI FRANCO, e i capi E, F e H contestati al RICCIO), riferite ad cocaina, poste in essere in un arco temporale compreso fra il novembre 2012 e il marzo 2013. 2. - Il ricorso presentato nell'interesse di DI FRANCO Oreste si articola su un unico motivo, riferito alla dedotta carenza di motivazione dell'impugnata sentenza in ordine al rigetto della richiesta difensiva di proscioglimento per essere lo stupefacente detenuto dall'imputato unicamente per esclusivo uso personale. 3. - Il ricorso presentato nell'interesse di RICCIO Nicola si articola in tre motivi. 3. 1. - Con il primo motivo di ricorso viene lamentata l'errata applicazione del novellato art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990 e, conseguentemente, dell'art. 597 comma 3 c.p.p.: deduce il ricorrente che, mentre il giudice di primo grado aveva determinato la pena in base al minimo edittale previsto dall'art. 73 vigente prima della riforma di cui alla legge 79/2014, la Corte di merito ha bensì applicato la novellata fattispecie di cui al comma 5 del citato art. 73 D.P.R. 309/1990, ma non nei termini del minimo edittale, motivando la decisione con la particolare gravità dei fatti, pur a fronte della mancata impugnazione da parte della pubblica accusa. Lamenta perciò il ricorrente che la ritenuta gravità del fatto, posta a base della decisione impugnata in punto di conseguenze sanzionatorie, ha costituito un motivo sottratto alla possibilità di specifica impugnazione nell'atto d'appello. 3.2. - Con il secondo motivo di ricorso, si denuncia l'omessa motivazione in ordine all'applicazione della recidiva contestata all'imputato (ex art. 99 comma IV c.p.), già oggetto di doglianza in sede di appello in relazione alla carenza di motivazione, da parte del giudice di primo grado, circa l'applicazione della recidiva (facoltativa) e la sua incidenza nel giudizio di bilanciamento con l'ipotesi -allora qualificata come attenuante- di cui al quinto comma dell'art. 73 D.P.R. 309/1990, giudizio di bilanciamento conclusosi in prime cure nel senso dell'equivalenza fra la ridetta attenuante e la recidiva; parimenti, e pur a fronte di specifica doglianza, il giudice di appello ha omesso di motivare circa altrettante cessioni a terzi di quantitativi di sostanza stupefacente di tipo l'applicazione della recidiva facoltativa, applicazione che -si duole il ricorrenteha immotivatamente condotto a un aumento di pena nella misura dei due terzi. 3.3. - Con il terzo motivo, si censura l'errata applicazione dell'art. 81 comma 4 c.p., con conseguente violazione dell'art. 597 c. 3 c.p.p.. Lamenta il ricorrente che il giudice di appello ha applicato l'aumento per la riconosciuta continuazione fra i reati contestati -nella misura di un terzo- non già sulla pena base individuata per il reato più grave (come aveva fatto il giudice di primo grado), ma su quella determinata a seguito dell'aumento dei due terzi per la recidiva. all'art. 81 comma 4 c.p. e ha, in ogni caso, violato il principio della reformatio in peius. Considerato in diritto 4. - Il motivo di ricorso nell'interesse di DI FRANCO Oreste è inammissibile, in quanto generico e manifestamente infondato. La richiesta difensiva di riconoscere la destinazione dello stupefacente ad uso esclusivamente personale viene formulata in relazione a diverse ipotesi di cessione dello stupefacente a soggetti) terzi, in occasione delle quali, il più delle volte, lo stupefacente stesso veniva sequestrato; a fronte di ciò, la difesa del DI FRANCO -secondo quanto è dato riscontrare agli atti- ha appellato la sentenza di primo grado non già sui fatti costituenti reato e sulla loro qualificazione reitaria, ma unicamente sul trattamento sanzionatorio. Ne deriva che il motivo di ricorso in esame, oltre che privo di qualsivoglia specificità, è radicalmente infondato in quanto introduce un elemento di doglianza neppure prospettato avanti la Corte territoriale, in relazione a condotte -in tale sede non contestate- in sé incompatibili sul piano logico con la destinazione dello stupefacente ad uso esclusivamente personale del DI FRANCO. 5. - Quanto ai motivi di ricorso rassegnati dal difensore di RICCIO Nicola, vanno formulate le seguenti considerazioni. 5.1. - Il primo motivo di ricorso è infondato: recentemente questa Corte, sia pure in riferimento ad ipotesi riguardanti droghe c.d. "leggere" e al mutato quadro edittale conseguente alla sentenza C.Cost. n. 32/2014, ha escluso che, nelle situazioni in cui la sentenza di primo grado abbia determinato la pena nella misura minima dell'editto previgente, il giudice di appello - quale giudice di merito di secondo grado ovvero quale giudice di rinvio - sia vincolato a rimodulare la sanzione rendendola conforme ai nuovi e più favorevoli minimi edittali detentivi e pecuniari, potendo egli determinarla discrezionalmente nell'ambito della più lieve cornice edittale tornata in vigore, con il solo limite nell'ipotesi di appello proposto dal solo imputato - del divieto di "reformatio in peius" (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 33396 del 24/04/2015 Ud. -dep. 29/07/2015- Così facendo, la Corte di merito ha, secondo il ricorrente, violato il precetto di cui Rv. 264195). Il principio è conforme a quello già affermato da questa Corte in epoca antecedente (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 26605 del 09/04/2009 Ud. -dep. 26/06/2009- Rv. 244464, relativa a condanna per il reato di detenzione di stupefacenti commesso prima dell'entrata in vigore della L. n. 49 del 2006), in base al quale non viola il divieto della "reforrnatio in peius" il giudice, che, in presenza dell'appello del solo imputato condannato in primo grado al minimo edittale della pena, non applichi automaticamente la più lieve pena minima prevista dalla legge nel frattempo intervenuta, e, ritenuta la gravità del reato della legge precedente ed il minimo edittale della legge successivamente entrata in vigore. Nel caso di specie, all'evidenza, vale la eadem ratio, nel senso che al giudice di appello deve ritenersi consentito rideterminare la pena secondo la nuova cornice edittale (nella specie, quella di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990, come modificato con D.L. n. 36/2014, convertito con legge 79/2014), mentre non è tenuto ad applicare la pena minima prevista dalla novella legislativa, pur quando il giudice di primo grado abbia applicato una pena corrispondente ai più elevati minimi edittali in allora vigenti. 5.2. - Quanto al terzo motivo di ricorso (che viene analizzato con precedenza rispetto al secondo motivo, per le ragioni che poco oltre si avrà modo di comprendere), anch'esso è infondato. E' infatti pacifico l'orientamento di questa Corte nell'affermare che in tema di continuazione tra reati commessi da soggetti cui sia stata applicata la recidiva di cui all'art. 99, comma quarto, cod. pen., per pena stabilita per il reato più grave, sulla quale deve essere applicato l'aumento di pena non inferiore ad un terzo, deve intendersi la pena già aumentata per effetto della recidiva stessa, fermo restando che il suddetto limite minimo va riferito all'aumento complessivo per la continuazione e non a quello applicato per ciascuno dei reati satelliti (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 44366 del 26/11/2010 Ud. -dep. 16/12/2010- Rv. 249062; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 49488 del 14/11/2014 Ud. -dep. 27/11/2014- Rv. 261055). 5.3. - E' invece fondato, e va accolto, il secondo motivo di ricorso presentato nell'interesse del RICCIO. Nella motivazione della sentenza impugnata, si dà conto unicamente della richiesta difensiva di giudizio di prevalenza, anziché di equivalenza, dell'allora attenuante a effetto speciale di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990 rispetto alla recidiva contestata (prevalenza consentita dal dictum della Corte Costituzionale di cui alla sentenza n. 251/2012) e si disattende la richiesta difensiva sul rilievo, giudicato assorbente, che l'ipotesi di cui all'art. 73 comma 5 D.P.R. 309/1990 è nel frattempo divenuta ipotesi autonoma di reato -come tale commesso, determini la pena in una misura intermedia tra il minimo edittale sottratta a giudizio di bilanciamento- e che oltre a ciò gli imputati non sono meritevoli della concessione delle attenuanti generiche, in relazione alla loro qualità di soggetti plurirecidivi. La Corte territoriale ha omesso di rendere motivazione sia in merito all'applicabilità dell'invocato giudizio di bilanciamento secondo il principio della retroattività pro reo ex art. 2 c.p., sia in merito alla richiesta difensiva -pur esplicitamente riportata nelle conclusioni delle parti, a chiusura dell'intestazione della sentenza impugnata- di esclusione della recidiva contestata al Riccio. Corte, in ipotesi di successione di leggi nel tempo, l'individuazione del regime di maggior favore per il reo ai sensi dell'art. 2 cod. pen. deve essere operata in concreto, comparando le diverse discipline sostanziali succedutesi nel tempo (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 44119 del 26/09/2014 Ud. -dep. 23/10/2014- Rv. 260642: in motivazione la Corte ha rilevato come, in materia di stupefacenti, in relazione alla fattispecie di lieve entità di cui all'art. 73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, trasformata da circostanza attenuante a reato autonomo dall'art. 2 D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito con modificazioni dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, novellato con riguardo al trattamento sanzionatorio dal D.L. 20 marzo 2014, n. 36, convertito con modificazioni dalla legge 16 maggio 2014, n. 79, per le sole droghe cosiddette "leggere" potrebbe rivelarsi di maggior favore l'originaria previsione della circostanza attenuante ad effetto speciale, laddove questa sia giudicata prevalente rispetto alla ritenuta recidiva reiterata aggravata; si veda inoltre, in senso conforme, Cass. Sez. 4, Sentenza n. 49754 del 24/10/2014 Cc. -dep. 28/11/2014- Rv. 261170). 5.3.2. - Quanto al secondo aspetto, non v'è dubbio che l'omessa motivazione della Corte di merito circa la richiesta di esclusione della recidiva facoltativa di cui all'art. 99 comma IV c.p. costituisce vizio censurabile in sede di legittimità, posto che l'applicazione dell'aumento di pena per effetto della recidiva facoltativa attiene all'esercizio di un potere discrezionale del giudice, del quale deve essere fornita adeguata motivazione, con particolare riguardo all'apprezzamento dell'idoneità della nuova condotta criminosa in contestazione a rivelare la maggior capacità a delinquere del reo (da ultimo, vds. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 19170 del 17/12/2014 Ud. -dep. 08/05/2015- Rv. 263464). 6. - In relazione a quanto precede, nel mentre va dichiarato inammissibile il ricorso presentato nell'interesse di DI FRANCO Oreste -con ciò che ne consegue circa la condanna del detto ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma determinata in € 1000 in favore della Cassa delle ammende-, la sentenza impugnata va annullata con riguardo alla posizione di RICCIO Nicola, limitatamente al secondo motivo di ricorso presentato nel suo interesse, con 5.3.1. - Quanto al primo aspetto, vale la pena ricordare che secondo questa rinvio alla Corte di Appello di Napoli, affinchè rivaluti il trattamento sanzionatorio a carico del medesimo. Peraltro è appena il caso di osservare che, sulla scorta degli aspetti che formano oggetto degli indicati vizi di motivazione, spetta al giudice del rinvio rideterminare la pena anche alla luce dello ius superveniens ed in specie, da ultimo, degli estremi edittali oggi vigenti per l'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990 (al riguardo cfr. Cass. Sez. 4, n. 44115 del 25/09/2014 - dep. 23/10/2014, Luzietti, Rv. 260733). Dichiara inammissibile il ricorso di DI FRANCO Oreste e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di RICCIO Nicola, limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio, per nuovo esame sul punto, alla Corte di Appello di Napoli. Così deciso in Roma, il 12.11.2015 P.Q.M.

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