Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46996 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46996 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DI MARZIO FABRIZIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da Ruscito Maria Rosaria, nata il 10.1.1959 avverso la
sentenza della Corte di Appello di Roma del 23.9.2011. Sentita la relazione
della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di Marzio; udita la requisitoria del
sostituto procuratore generale Antonio Mura, il quale ha concluso chiedendo
che la sentenz asia annullata con rinvio per difetto di notifica; udito il
difensore Enrico Cellini, il quale ha chiesto accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Roma, in riforma della
sentenza del Tribunale della medesima città, sezione distaccata di Terracina,
in data 16 marzo 2007, appellata da Ruscito Maria Rosaria, riconosciuta
l’ipotesi di cui all’articolo 648 2 0 comma del codice penale, ha ridotto la pena
inizialmente comminata, confermando nel resto la sentenza di primo grado.
Ricorre assistita da difensore l’imputata lamentando violazione di legge e
mancanza di motivazione. In primo luogo per omessa notificazione nei termini
del decreto di citazione in giudizio di appello. Ancora, per avere ritenuto la
Corte, illogicamente, responsabile per ricettazione di un assegno l’odierna

Data Udienza: 19/11/2013

imputata pur avendo la persona offesa per il delitto di furto dichiarato che,
mentre era ancora in possesso dei propri assegni in borsa ancora durante
l’incontro avuto con l’odierna imputata, successivamente si accorse di non
aver più presso di sé gli assegni in parola. Tale dichiarazione avrebbe infatti
dovuto costituire prova di responsabilità a titolo di furto e non a titolo di
ricettazione. Ancora, per aver fondato il proprio convincimento anche sulle
dichiarazioni Azzola Ennio, il quale denunciò per l’odierna imputata si era

la difesa che lo stesso Azola, avendo ricevuto un assegno di euro 500 in
pagamento di un debito pari ad euro 200, ed avendo lucrato euro 300, ben
avrebbe potuto essere accusato a sua volta di ricettazione cosicché le relative
dichiarazioni non avrebbero potuto essere utilizzate del presente processo è
che gli artt. 197 e 12 lett. C) del codice di procedura penale. Ancora, per la
mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’articolo 62
numero 4 c.p. nonostante la modestia del danno arrecato; nonché per il
mancato riconoscimento dell’attenuante dell’articolo 648 comma 2 0 c.p.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Sul primo motivo deve rilevarsi che all’udienza del 17.5.2011 il collegio, avendo
l’avvocato di ufficio eccepito che la notifica del decreto di citazione nel giudizio di
appello era avvenuta fuori termine, ne ha dichiarato – ultroneamente – la nullità,
disponendo – correttamente – rinvio all’udienza del 23.9.2011, e ulteriormente
disponendo – sempre ultroneamente – che ne fosse dato avviso al difensore di
fiducia. In tal modo, è stata data lettura del provvedimento di rinvio ai presenti in
aula (compreso il difensore di ufficio, quale difensore designato in sostituzione ai
sensi dell’art. 97 comma 4 c.p.p.). Si è dunque realizzata l’applicazione dell’art.
148, comma 5 c.p.p., secondo cui la lettura dei provvedimenti alle persone presenti
e gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza
sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale (come è
accaduto nel caso di specie). In conclusione, e nonostante la decisione della Corte
territoriale sull’avviso al difensore di fiducia, essendo stato disposto rinvio ad
udienza fissa alla presenza del difensore di ufficio, nessun avviso doveva essere
ulteriormente effettuato.
Per il resto, con motivazione logica la Corte ha argomentato come, benché
potessero ritenersi sussistenti taluni elementi indiziari circa la commissione del furto
dell’assegno ad opera della odierna imputata, non era stata raggiunta sul punto

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recata presso il suo esercizio commerciale ove cambiò l’assegno; rileva infatti

nessuna prova sufficiente: cosicché la stessa può essere soltanto ritenuta
responsabile del delitto di ricettazione del titolo di provenienza illecita.
A tale ultimo riguardo, correttamente la Corte di appello ha posto a fondamento
della propria decisione la testimonianza della persona offesa, che invece nella errata
prospettazione dell’imputato dovrebbe essere considerata a sua volta imputata a
titolo di ricettazione: per aver ricevuto un assegno di provenienza illecita e come
tale inidoneo ad assolvere alla funzione propria di mezzo di pagamento.
La manifesta infondatezza della doglianza circa il mancato riconoscimento della
fattispecie in cui al capoverso dell’articolo 648 c.p. è nel fatto che, all’opposto, la
Corte di appello ha così qualificato il fatto, provvedendo anche a ridurre la pena.
Invece la manifesta infondatezza della doglianza circa il mancato riconoscimento
della circostanza attenuante della levità del fatto discende dall’avere la Corte di
appello correttamente applicato l’indirizzo di legittimità secondo cui in tema di
delitto di ricettazione, la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale
tenuità è compatibile con la forma attenuata del delitto nel solo caso in cui la
valutazione del danno patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare
tenuità del fatto (Cass. sez. II, 4.12.12, n. 49071): rilevando in particolare che, nel
caso di specie, il riconoscimento della fattispecie attenuata di ricettazione
precludeva

la

possibilità del

riconoscimento,

ulteriormente, dell’invocata

attenuante.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deliberato il 19.11.2013

Il Consigliere estensore
Fabrizio Di Marzio
DrA

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