Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46991 del 08/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 46991 Anno 2013
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: CARRELLI PALOMBI DI MONTRONE ROBERTO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da Zaiti Nunzio nato ad Alcara Li Fusi il 18/9/1972
avverso la sentenza del 17/9/2010 della Corte d’appello di Messina;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Roberto Maria Carrelli Palombi di
Montrone;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
dott. Aurelio Galasso, che ha concluso chiedendo che il ricorso venga

Data Udienza: 08/11/2013

dichiarato inammissibile.

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza in data 17/9/2010, la Corte di appello di Messina

confermava la sentenza del Tribunale di Patti sez. dist. di S. -Agata Militello
del 17/10/2006 con la quale Zaiti Nunzio era stato dichiarato responsabile
del reato di cui all’art. 648 cod. pen. e condannato alla pena di anni uno di
reclusione ed C 300,00 di multa.
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1.1.

La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l’atto d’appello,

in punto di qualificazione giuridica del fatto, per non essere stata ritenuta
l’ipotesi di cui all’art. 647 cod. pen. ed in punto di trattamento sanzionatorio
con applicazione delle attenuanti generiche e delle attenuanti di cui agli
ai-W 62 nn. 4 e 6 cod. pen.

2.

Avverso tale sentenza propone ricorso l’imputato, per mezzo del suo

e vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod.
proc. pen., con riferimento all’art. 647 cod. pen. Evidenzia che la
motivazione della sentenza è del tutto carente con riferimento
all’individuazione del reato presupposto ed inoltre risulta credibile la
versione resa dall’imputato sull’occasionale rinvenimento dell’assegno.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3.

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per essere

manifestamente infondato il motivo proposto. Difatti esso

riproduce

pedissequamente gli argomenti prospettati nel gravame, ai quali la Corte
d’appello, rifacendosi anche alla sentenza di primo grado, ha dato adeguate
e argomentate risposte, esaustive in fatto e corrette in diritto, che il
ricorrente non considera né specificatamente censura. Il giudice di appello,
per affermare l’infondatezza della tesi difensiva in punto di qualificazione
giuridica del fatto ai sensi dell’art. 647 cod. pen., ha, con argomentazioni
ineccepibili sia logicamente che giuridicamente, evidenziato “… i/ titolo era
compenso quantomeno del delitto di furto, commesso dalla persona che
effettivamente aveva rinvenuto gli oggetti smarriti dal Bevacqua, poiché
come tale va qualificato il fatto di chi si impossessa di una cosa smarrita
che contenga chiari ed intatti i segni esteriori di un possesso legittimo
altrui, i quali consentano l’individuazione del titolare del diritto…”.

Tale

specifica e dettagliata motivazione il ricorrente non prende nemmeno in
considerazione, limitandosi a ribadire la tesi già esposta nei motivi di
appello e confutata, con diffuse e ragionevoli argomentazioni, nella
sentenza impugnata. E sul punto la Corte territoriale si è adeguata
all’orientamento di questa Corte (sez. 5 n. 40327 del 21/9/2011, Rv.
251723), condiviso dal Collegio, in base al quale sussiste in delitto di furto,
e non quello di appropriazione di cose smarrite tutte le volte in cui, come
nel caso di specie, il bene conservi i segni evidenti del legittimo possesso
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difensore, sollevando il seguente motivo di gravame: violazione di legge

altrui. Ed appunto, nel caso di specie, si trattava di un assegno bancario dal
quale poteva risalirsi agevolmente al titolare del conto corrente, il quale,
nonostante lo smarrimento, non aveva perso la propria signoria sulla cosa,
permanendo il suo diritto alla restituzione in caso di rinvenimento della
stessa (sez. 2 n. 8109 del 26/4/2000, Rv. 216589). In tal senso deve
affermarsi che il soggetto che abbia trovato l’oggetto smarrito, deve
provvedere alla restituzione dello stesso ove siano presenti segni che

condotta appropriativa illecita idonea ad integrare sotto il profilo materiale
e quello psicologico il delitto di furto, che costituisce il delitto presupposto
della ricettazione ritenuta integrata a carico del ricorrente.

4.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi

dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dell’imputato che lo ha
proposto al pagamento delle spese del procedimento e della somma di C
1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso, il 8 novembre 2013

Il Co

Il Presidente

consentano di individuarne il legittimo titolare; il non farlo integra una

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