Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46986 del 06/11/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 46986 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: VECCHIO MASSIMO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE
DI BARI
nei confronti di:
DAMBROSIO MARIO N. IL 18/11/1971
inoltre:
DAMBROSIO MARIO N. IL 18/11/1971
avverso l’ordinanza n. 760/2013 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
08/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MASSIMO VECCHIO;
fettefsentite4~grrefeRierfi-elei PC Dott,

Data Udienza: 06/11/2013

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 32.222/2013

R.G. *

Udienza del 6 novembre 2013

Rileva
1. — Con ordinanza, deliberata 1’8 luglio 2013 e depositata in
pari data, il Tribunale ordinario di Bari, in funzione di giudice
distrettuale nei procedimenti incidentali di appello delle ordinanze in materia di misure cautelari personali, ha sostituito la
coercizione intramuraria con le misure del divieto di espatrio,
dell’obbligo di dimora nel comune di residenza (integrato dalla
prescrizione della permanenza domiciliare nelle ore notturne) e
dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, in (parziale) accoglimento del gravame proposto dall’appellante Mario
Dambrosio, imputato del delitto di associazione di tipo mafioso, avverso la ordinanza della Corte di assise di quelle stessa
sede, 12 giugno 2013, di rigetto delle richieste di revoca e, gradatamente, di sostituzione della custodia cautelare in carcere,
applicata con provvedimento del 20 maggio 2013.
In precedenza la custodia cautelare in carcere, cui l’imputato
era stato sottoposto, aveva perduto efficacia; Dambrosio aveva, quindi, trasgredito le misure cautelari applicategli contestualmente alla scarcerazione, ai sensi dell’articolo 307, comma
2, cod. proc. pen.; e, con la ridetta ordinanza del 20 maggio
2013, era stata appunto ripristinata la coercizione intramuraria.
Il Collegio ha motivato che la condotta «complessivamente osservata» dal prevenuto poteva «far ritenere idonee a fronteggiare
le esigenze di cautela del caso» le misure non custodiali,
già applicate al Dambrosio, in quanto le violazioni che costui
aveva commesso erano «avvenute in un contenuto lasso di tempo», erano «cessate in seguito alla spontanea presentazione del

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u.

Udito, altresì, in camera di consiglio il Pubblico Ministero, in
persona del dott. Francesco Mauro Iacoviello, sostituto procuratore generale della Repubblica presso questa Corte suprema,
il quale ha concluso per la inammissibilità del ricorso e per la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e
di una somma a favore della cassa delle ammende.

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE – SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 32.222/2013

R.G. *

Udienza del 6 novembre 2013

2. — Il procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Bari, in persona del dott.ssa Desirè Digeronimo, sostituto
procuratore della Repubblica, ha proposto ricorso per cassazione, mediante atto, recante la data del 15 luglio 2013, col
quale ha denunziato inosservanza dell’articolo 275, comma 3,
cod. proc. pen. deducendo che la riconosciuta persistenza delle
esigenze cautelari «delibate positivamente» dal giudice a quo
imponevano, in relazione al titolo del reato, il mantenimento
della custodia intramuraria.
3. — Il ricorso non merita accoglimento.
È pur vero che questa Corte suprema di cassazione ha, di recente, ribadito, a Sezioni Unite, che: «la presunzione di adeguatezza della custodia in carcere di cui all’art. 275, comma terzo, cod.
proc. pen. opera non solo nel momento di adozione del provvedimento genetico della misura coercitiva ma anche nelle successive
vicende che attengono alla permanenza delle esigenze cautelari»
(ordinanza n. 34473 del 19 luglio 2012, Lipari).
Tuttavia il principio non trova applicazione qualora — come
per l’appunto nel caso in esame — la misura abbia perduto efficacia per decorso dei termini massimi, stabiliti dalla legge.
L’effetto ca ducatorio travolge, infatti, la misura e rende —
irreversibilmente — inoperante e superata la presunzione assoluta di adeguatezza inerente alla coercizione carceraria in funzione del titolo del reato.
Sicché, una volta che la presunzione iuris et de iure sia stata
rimossa, il successivo ripristino della custodia cautelare in carcere (in seguito alla violazione delle misure disposte ai sensi
dell’articolo 307, comma 2, cod. proc. pen.) non deve considerarsi più sorretto dalla presunzione in parola.
Nel bilanciamento delle contrapposte esigenze della prevenzione del periculum libertatis, da un verso, e della libertà personale
dell’imputato, dall’altro, l’istituto della cessazione di efficacia

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Dambrosio» e non risultavano «funzionali al compimento di attività non lecite».

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE — SEZIONE PRIMA PENALE

Ricorso n. 32.222/2013 R.G. *

Udienza del 6 novembre 2013

In siffatto assetto, il conseguente superamento delle presunzioni le rende, pertanto, inapplicabili pur nelle eccezionali ipotesi, contemplate dall’articolo 397, comma 2, cod. proc.
pen., del ripristino della custodia cautelare in carcere che la
norma riconnette, invece, al positivo scrutinio della sua necessità, così escludendo ogni presunzione.
Consegue il rigetto del ricorso.

P.

Q. M.

Rigetta il ricorso.
Così deciso, il 6 novembre 2013.

della custodia cautelare, per decorrenza dei termini massimi di
durata, segna la prevalenza del valore della libertà
personale che fa aggio sulla considerazione del periculum libertatis (anche se presunto e) comportante la obbligatoria coercizione intramuraria.

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