Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46955 del 15/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46955 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
LEO ANTONIO N. IL 02/12/1982
RAIA FRANCESCO N. IL 04/05/1982
avverso la sentenza n. 6989/2012 GIP TRIBUNALE di BRINDISI, del
20/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 15/07/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Brindisi applicava, fra l’altro, a LEO Antonio e RAIA Francesco, a norma degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena
concordata con il Pubblico Ministero in ordine ai delitti di minaccia per indurre a commettere reati e svariate ipotesi di furto aggravato consumato e tentato, in concorso, commessi fino al 1°
maggio 2011.
Propongono distinti ricorsi per cassazione gli imputati, deducendo RAIA difetto di motivazione
per non esser stato applicato il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. e LEO doglianze sul trattamento sanzionatorio.
Osserva il Collegio che i ricorsi sono destituiti di specificità e comunque manifestamente infondati o per altro verso inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è
da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo riferimento al contenuto degli atti delle indagini preliminari come consacrati nell’ordinanza di custodia cautelare ed agli interrogatori dei prevenuti.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
Quanto al trattamento sanzionatorio le doglianze sono manifestamente infondate, atteso che il
Tribunale, nell’applicare la pena concordata, non è incorso in alcuna violazione della legge in
punto di determinazione della pena (cfr. Sez. un., c.c. 24 marzo 1990, Borzaghini), conformandosi del resto, anche con riferimento all’entità della pena ed all’applicazione e comparazione delle circostanze aggravanti ed attenuanti, interamente al trattamento sanzionatorio condiviso dalle
parti, del quale ha espressamente riconosciuto la congruità. Mentre l’imputato che abbia chiesto
l’applicazione di una determinata pena non può dolersi della entità della pena da esso stesso sollecitata né della complessiva adeguatezza del trattamento concordato evocando apprezzamenti di
fatto non suscettibili di autonoma considerazione in sede di legittimità.
All’inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.500,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento di E. 1.500,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 luglio 2013.

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