Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46950 del 14/10/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46950 Anno 2015
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
RADU MIHAITA ADRIAN N. IL 02/04/1992
avverso la sentenza n. 345/2015 TRIBUNALE di CATANIA, del
30/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;

Data Udienza: 14/10/2015

Motivi della decisione
Radu Mihaita Adrian ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza
del Tribunale di Catania in data 30.01.2015, con la quale, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., è stata applicata la pena concordata dalle parti, in ordine al reato di
furto aggravato in fattispecie tentata indicato in rubrica.
L’esponente, con unico motivo, si duole del mancato apprezzamento dei
presupposti legittimanti l’adozione di sentenza liberatoria ex art. 129 cod. proc.

motivazione relativamente alla congruità della pena.
Il ricorso è inammissibile.
Si osserva che questa Suprema Corte ha ripetutamente affermato il
principio di diritto in base al quale l’obbligo della motivazione della sentenza non
può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato
all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di
provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di
cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di
proscioglimento ex art. 129 (Sez. U. 27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. U. 27
dicembre 1995, Serafino). Tale orientamento è stato concordemente accolto dalla
giurisprudenza successiva. Anche per ciò che riguarda gli altri tratti significativi
della decisione, che riguardano precipuamente la qualificazione giuridica del fatto,
la continuazione, l’esistenza e la comparazione delle circostanze, la congruità della
pena e la sua sospensione, la costante giurisprudenza di questa Corte, nel solco
delle enunciazioni delle Sezioni unite, ha affermato che la motivazione può ben
essere sintetica ed a struttura enunciativa, purché risulti che il giudice abbia
compiuto le pertinenti valutazioni. Né l’imputato può avere interesse a lamentare
una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più
analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la
volontà pattizia del giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come questa
Suprema Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato. E, nel caso di specie, il giudice ha espressamente considerato

pen.; contesta la qualificazione giuridica del fatto e deduce la mancanza di

che non ricorrevano i presupposti per il proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod.
proc. pen., alla luce del verbale di arresto in flagranza e degli altri atti versati nel
fascicolo del pubblico ministero. Oltre a ciò, in sentenza si osserva che la
qualificazione giuridica del fatto appare corretta; e che la pena prospettata dalle
parti risulta congrua, in relazione ai criteri di cui all’art. 133 cod. pen.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 1.500,00 in

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, in data 14 ottobre 2015.

favore della Cassa delle Ammende.

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