Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4695 del 15/01/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 4695 Anno 2013
Presidente: GIORDANO UMBERTO
Relatore: ZAMPETTI UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BADALAMENTI GAETANO N. IL 05/05/1978
avverso la sentenza n. 1405/2011 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 02/11/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/01/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 5 h-lrE s Pr J4 c t
che ha concluso per tr..aq tae 614.4.1 em rt, A 0..4.

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

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Data Udienza: 15/01/2013

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza in data 02.11.2011 la Corte d’appello di Palermo, in parziale
riforma della pronuncia di primo grado resa in esito a rito abbreviato, riduceva la pena
a Gaetano Badalamenti ad anni 4 e mesi 4 di reclusione per i reati, ritenuti in
continuazione, di tentato omicidio ai danni di Amedeo Marrone, ricettazione e
detenzione illegale di una pistola con matricola abrasa, fatti commessi in Palermo il
13.10.2010.Il fatto storico è pacifico per l’ammissione dello stesso imputato di aver sparato tre

veniva giustificata dal Badalamenti con le ripetute angherie subite ad opera del
Marrone, persona affetta da disturbi psichici, che anche al momento del fatto lo
avrebbe aggredito e minacciato.Peraltro la Corte territoriale, ribadita la qualificazione della condotta ex artt. 56 e
575 Cp, riteneva nel concreto insussistenti sia la chiesta legittima difesa, né reale, né
putativa, né in ipotesi di eccesso colposo, non risultando provata l’asserita
aggressione da parte della vittima, sia l’attenuante della provocazione in ragione della
macroscopica sproporzione tra i fatti subiti ad opera del Marrone e la condotta posta
in essere dall’imputato.Quanto alla pena, i giudici di secondo grado la riducevano rispetto a quanto deciso
dal Gup (anni 6 di reclusione) nei seguenti termini : anni 9 per il delitto di cui al capo
a), ridotta di un terzo per l’art. 56 Cp, aumentata ad anni 6 e mesi 6 per la ritenuta
continuazione con i reati di cui ai capi b) e c), meno un terzo ex art. 442 Cpp, per una
pena finale di anni 4 e mesi 4 di reclusione.2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’anzidetto imputato
che motivava l’impugnazione deducendo violazione di legge e vizio di motivazione nei
seguenti termini : a) errata esclusione della legittima difesa reale, per la aggressione
subita ad opera del Marrone, o quanto meno putativa, avendo egli ragionevolmente
ritenuto di essere stato possibile oggetto di aggressione, ovvero in ipotesi di eccesso
colposo; b) errata ed immotivata esclusione nel calcolo sanzionatorio delle attenuanti
generiche, pur concesse in prime cure, in mancanza di appello dell’Accusa, non
essendovi stata riduzione di pena a tale titolo nel giudizio di secondo grado.Considerato in diritto
1. Il ricorso, fondato solo nel secondo motivo di impugnazione, merita parziale
accoglimento.2. E’ privo di pregio, invero, il privo motivo di ricorso con il quale si censura il
mancato riconoscimento della chiesta legittima difesa, reale ovvero putativa, anche in
termini di eccesso colposo.La ricostruzione in fatto consegnata dai giudici del merito, in sé non contrastata
dalla difesa e comunque non censurabile in questa sede risultando logica e coerente,

o quattro colpi all’indirizzo del Marrone, gravemente ferito all’addome; tale condotta

ha accertato che non vi sono prove che al momento del fatto incriminato la parte lesa
sia stata autore di comportamenti violenti contro l’imputato, né che il Marrone fosse in
qualche modo armato. E’ poi del tutto pacifico, come risulta dal testo di entrambe le
sentenze dei precedenti gradi, che vi fu un inseguimento per strada in un contesto
che lo stesso Badalamenti assume di mere minacce verbali da parte del Marrone. Del
resto il ricorso, per sostenere il suo assunto, non fa che riferirsi all’indole violenta del
Marrone ed ai fatti pregressi, così lasciando immutato il perimetro probatorio relativo
a quella sera, quale accertato in sede di merito. Da ciò discende in modo del tutto

evidente, pertanto, che -tale essendo l’indiscusso quadro fattuale- sono
indiscutibilmente assenti i termini necessari per riconoscere ipotesi di legittima difesa
reale, mancando sia un’effettiva necessità di difendersi che, ancor più, la proporzione
tra le rispettive azioni. E’ poi assolutamente chiaro che l’imputato, che correva per
strada, ben avrebbe potuto trovare molteplici vie di fuga, o comunque soluzioni
alternative, piuttosto che sparare ripetutamente contro il Marrone. E’ del tutto
infondata, dunque, l’ipotesi difensiva della legittima difesa reale.Deve escludersi, poi, anche la subordinata prospettazione della legittima difesa
putativa, parimenti esclusa dai giudici del merito in piena aderenza ai dati di causa,
nonché in conformità ai parametri normativi e giurisprudenziali. In proposito occorre
ricordare il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità secondo cui
“l’errore scusabile, nell’ambito della legittima difesa putativa, deve trovare adeguata
giustificazione in qualche fatto che, sebbene malamente rappresentato o compreso,
abbia la possibilità di determinare nell’agente la giustificata persuasione di trovarsi
esposto al pericolo attuale di un’offesa ingiusta” (così, ex pluribus, Cass. Pen. Sez. 1°,
n. 3464 in data 24.11.2009, Rv. 245634, Narciso; ecc.). Deve trattarsi, però, di un
fatto concreto, oggettivamente accertabile, che possa avere suscitato tale giustificata
persuasione, e non di un generico sospetto, e deve essere riferito alla contingenza,
non al passato (così Cass. Pen. Sez. 1°, n. 4337 in data 06.12.2005, Rv. 233189, La
Rocca). Anche sul punto il ricorso, con evidente genericità, nonché contro tale pacifica
giurisprudenza, si limita a fare riferimento allo stato di paura in cui versava l’imputato
in base alle pregresse incursioni che il Marrone aveva compiuto contro di lui.Ciò posto, consegue pure la giuridica impossibilità di configurare la prospettata
ipotesi di eccesso colposo che presuppone, a monte, la sussistenza di una
riconoscibile legittima difesa, reale od anche putativa, secondo pacifico principio
giurisprudenziale (cfr., ex pluribus, Cass. Pen. Sez. 5°, n. 26172 in data 11.05.2010,
Rv. 247898, P.; Cass. Pen. Sez. 5 0 , n. 2505 in data 14.11.2008, Rv. 242349, Olari;
ecc.). Una volta ritenuta situazione in fatto che escluda la legittima difesa, sia reale
che putativa, non può proprio parlarsi neppure di eccesso colposo.Infine occorre ricordare come sia parimenti pacifico che “il riconoscimento o
l’esclusione della legittima difesa, reale o putativa, o dell’eccesso colposo nella stessa,
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costituisce giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità, quando gli elementi di
prova siano stati puntualmente accertati e logicamente valutati dal giudice di merito”
(così, da ultimo, Cass. Pen. Sez. F., n. 39049 in data 26.08.2008, Rv. 241553, Greco;
ecc.). In definitiva tale giudizio non è censurabile davanti a questa Corte ove non si
denunci travisamento della prova o manifesta illogicità e incoerenza della
motivazione, il che, nella fattispecie, il ricorso non può prospettare, né è dato
oggettivamente rilevare.Il primo motivo di ricorso va quindi rigettato.-

grado il Gup abbia applicato all’imputato le circostanze attenuanti generiche nella loro
massima ampiezza di un terzo, riducendo a 6 anni la pena base fissata in anni 9 di
reclusione (v. sentenza di primo grado a f. 12).- E’ di diritto che, in mancanza di
Impugnazione da parte dell’Accusa, tali attenuanti non avrebbero potuto essere tolte,
in appello, dal calcolo sanzionatorio, ex art. 597 Cpp.- Ciò però non è stato, poiché la
Corte territoriale, nel ridefinire la pena per l’imputato appellante, ed in concreto
riducendola, ha peraltro di fatto escluso da tale calcolo le attenuanti ex art. 62 bis
Cp, delle quali non c’è più alcuna menzione (v. sentenza d’appello a f. 16).- Non
potendosi ipotizzare, in danno dell’imputato, un mero lapsus grafico, non resta che
ritenere che la Corte d’appello di Palermo abbia commesso un errore di diritto che qui,
peraltro, può essere corretto ai sensi dell’art. 620, comma 1, lett. I), Cpp, senza che
necessiti rinvio al giudice a quo.- In definitiva la pena va così definita, rispettando i
termini non controversi : pena base, per il reato di tentato omicidio, anni 6 di
reclusione (inferiore al minimo di legge, ma si tratta di errore non rimediabile in
mancanza di ricorso dell’Accusa); pena poi ridotta di un terzo per le generiche,
dunque ad anni 4; pena aumentata in misura di mesi 6 per la ritenuta continuazione;
la pena risultante (anni 4 e mesi 6) va infine ridotta di un terzo per la scelta del rito,
così da determinarsi la pena finale di anni tre di reclusione.In tal senso l’impugnata sentenza va quindi parzialmente annullata senza rinvio.P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla pena che ridetermina
in tre anni di reclusione; rigetta nel resto il ricorso.Così deciso in Roma il 15 Gennaio 2013.-

3. Risulta peraltro fondato il secondo motivo di ricorso.- E’ pacifico che in primo

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