Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46873 del 15/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46873 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SPATOLA SALVATORE N. IL 25/05/1963
avverso la sentenza n. 5208/2012 TRIBUNALE di PALERMO, del
15/11/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 15/07/2013

Fatto e diritto
Con la sentenza in epigrafe, il Tribunale di Palermo applicava a Spatola Salvatore, a norma
degli artt. 444 e 448 C.P.P., la pena di mesi 10 di reclusione, in ordine al reato di cui all’art.
75, comma 2 d. Igs. n. 159 del 2011.
Propone ricorso per cassazione l’imputato che si duole dell’erronea qualificazione del
fatto, del mancato rilievo della sopravvenuta inefficacia della misura di prevenzione
personale, della mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
Osserva il Collegio che i motivi di ricorso appaiono destituiti di specificità e comunque

la pena concordata, si è da un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e
dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo riferimento in
particolare alle annotazioni di p.g. in atti.
In realtà attraverso la censura concernente la qualificazione della condotta, ruotante attorno
alla sua mera presenza a manifestazioni di lavoratori, senza lo svolgimento di alcuna attività,
il ricorrente aspira a rimettere in discussione i fatti sui quali è fondata la richiesta di
applicazione della pena.
Lo stesso è a dirsi quanto alla dedotta soprawenuta inefficacia della misura di prevenzione.
Quanto alla determinazione della pena, ricorso appare manifestamente infondato, atteso che
il Tribunale, nell’applicare la pena concordata, non è incorso in alcuna violazione della legge
in punto di determinazione della pena (cfr. Sez. un., c.c. 24 marzo 1990, Borzaghini),
conformandosi del resto interamente al trattamento sanzionatorio condiviso dalle parti, del
quale ha espressamente riconosciuto la congruità. Mentre l’imputato che abbia chiesto
l’applicazione di una determinata pena non può dolersi della entità della pena da esso stesso
sollecitata né della complessiva adeguatezza del trattamento concordato evocando
apprezzamenti di fatto non suscettibili di autonoma considerazione in sede di legittimità.
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 C.P.P. la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende
che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di €. 1.500,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 15 luglio 2013

Il Componente estensore

DEMOSITATA

re de te

manifestamente infondati o per altro verso inammissibili, atteso che il giudice, nell’applicare

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