Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46861 del 15/07/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46861 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DITO ANTONIO N. IL 19/07/1977
CATAPANO MARIA N. IL 20/06/1979
avverso la sentenza n. 6900/2008 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
29/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;
Data Udienza: 15/07/2013
IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha confermato la sentenza emessa in data
5 giugno 2007 dal Tribunale di Benevento, appellata da DITO Antonio e CATAPANO Maria,
dichiarati responsabile del delitto di furto aggravato in concorso, commesso il 24 marzo 2007.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità e
sul ricorrere dell’aggravante della violenza alle cose.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito.
Nel caso in esame, la Corte di appello ha ineccepibilmente osservato che la prova della partecipazione di entrambi alla consumazione del furto stava nelle dichiarazioni della p.l. che aveva visto i due uscire dal negozio mentre doveva esser chiuso per la pausa pranzo. Entrambi sono poi
stati trovati in possesso di parte della refurtiva.
Il ricorso pretende un rilettura delle dichiarazioni dibattimentali sostenendo non tanto un travisamento della lettera ma un’erronea interpretazione del narrato, in modo in questa sede non ammissibile.
Manifestamente infondata è pure la doglianza relativa all’aggravante atteso che seppure la porta
fosse di vecchia costruzione, l’uso della forza necessario per aprirla senza la chiave costituisce
violenza alla cosa che integra l’aggravante.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di C. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 luglio 2013.