Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46855 del 15/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 46855 Anno 2013
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NAZARIE ADRIAN N. IL 15/08/1977
PURCAREA MARIUS BOGDAN N. IL 26/08/1988
HERCIU SEBASTIAN N. IL 20/01/1989
avverso la sentenza n. 14268/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
16/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 15/07/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Giudice per le Indagini preliminari del Tribunale di Torino applicava, fra gli altri, a NAZARIE Adrian, PURCAREA Marius Bodgdan ed HERCIU Sebastian, a
norma degli arti. 444 e 448 C.P.P., la pena concordata con il Pubblico Ministero in ordine ai delitti di associazione per delinquere, installazione di apparecchiature atte ad intercettare comunicazioni e dati infornatici, nonché utilizzo abusivo di carte bancomat, commessi fino al maggio
2010.
Propongono ricorso per cassazione gli imputati che deducono difetto di motivazione per non esser stato applicato il disposto dell’art. 129 cod. proc. pen.
Osserva il Collegio che il ricorso è destituito di specificità e comunque manifestamente infondato o per altro verso inammissibile, atteso che il giudice, nell’applicare la pena concordata, si è da
un lato adeguato a quanto contenuto nell’accordo tra le parti, e dall’altro ha escluso che ricorressero i presupposti dell’art. 129 C.P.P., facendo compiuto riferimento al contenuto degli atti delle
indagini preliminari ed in particolare alla comunicazione di notizia di reato ed ai verbali di polizia giudiziaria comprese le intercettazioni.
E tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in sede di applicazione
della pena su richiesta delle parti, appare pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante giurisprudenza di legittimità (v., tra le altre, Sez. un., u.p.
27 marzo 1992, Di Benedetto; Sez. un., u.p. 27 settembre 1995, Serafino; Sez. un., u.p. 25 novembre 1998, Messina).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.500,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.500,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 luglio 2013.

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