Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 4682 del 29/10/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 4682 Anno 2015
Presidente: FIALE ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– CARRATELLI FRANCO, n. 23/05/1958 a L’AQUILA

avverso la sentenza del tribunale di L’AQUILA in data 22/07/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale Dott. G. Romano, che ha
chiesto annullarsi con rinvio l’impugnata sentenza;

Data Udienza: 29/10/2014

RITENUTO IN FATTO

1. CARRATELLI FRANCO proponeva tempestivo ricorso, a mezzo del difensore
fiduciario cassazionista, avverso la sentenza del tribunale di L’AQUILA, emessa in
data 22/07/2013, depositata in data 29/07/2013, con cui il ricorrente è stato
condannato alla pena di C 3.000,00 di ammenda per alcune violazioni previste

temporali meglio descritte nei capi di imputazione a) b) e c) della rubrica (fatti
contestati come accertati presso il cantiere di via Spallacci in L’Aquila in data 4
novembre 2009).

2.

Con il ricorso, tempestivamente proposto dal difensore fiduciario

cassazionista, vengono dedotti tre motivi, di seguito enunciati nei limiti
strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con un primo motivo, l’inosservanza di norme processuali stabilite
a pena di nullità ex art. 606, lett. c), c.p.p., in relazione alla procedura di
estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro di cui
agli artt. 20 e segg. D. Igs. n. 758/1994.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto il giudice non
avrebbe ritenuto necessario disporre il preliminare accertamento in ordine
all’avvenuto esperimento della procedura prevista dalla normativa di cui al d. Igs.
n. 758/1994 in tema di regolarizzazione amministrativa delle violazioni
accertate; in particolare, agli atti risulterebbe solo copia del verbale ispettivo
consegnato dall’organo di vigilanza brevi manu ad un dipendente della ditta del
ricorrente che avrebbe dovuto provvedere alla consegna al titolare nel più breve
tempo possibile; detto verbale, osserva il ricorrente, è stato spedito a mezzo
posta dopo 9 mesi circa dall’accertamento al contravventore che, a seguito della
ricezione del verbale, ha provveduto a presentare degli scritti difensivi; non vi
sarebbe, quindi, traccia dei provvedimenti adottati successivamente agli scritti
difensivi ma, soprattutto, non vi sarebbe alcun accertamento, nel termine dei 60
gg. successivi in ordine all’eventuale eliminazione delle violazioni, difettando la
prova dell’invito al pagamento della sanzione in misura ridotta nel termine di gg.
30 né la comunicazione al PM dell’omesso adempimento delle prescrizioni
impartite o del mancato pagamento della sanzione in misura ridotta; il mancato
rispetto della procedura amministrativa, inteso come condizione di procedibilità
dell’azione penale, inficerebbe dunque la sentenza, determinandone la nullità.

dal d. Igs. n. 81/2008, commesse secondo le modalità esecutive e spazio –

2.2. Deduce, con un secondo motivo, l’erronea applicazione della legge penale
ex art. 606, lett. b), c.p.p., segnatamente degli artt. 122, 125 e 146, d. Igs. n.
81/2008, in relazione al profilo sanzionatorio di cui all’art. 159, comma 2, lett. a)
e c), per non essere tale norma applicabile al datore di lavoro che non provvede
all’esecuzione di lavori in quota e che non è risultato essere né proprietario né
allestitore né in alcun modo utilizzatore della strumentazione ritenuta non

In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto la sentenza non
avrebbe tenuto conto che il ricorrente, affidatario di lavori da svolgersi
esclusivamente al piano terra dell’edificio in ristrutturazione, non era né
proprietario né allestitore né utilizzatore del ponteggio ritenuto privo di taluni
presidi di sicurezza; l’operaio dipendente della ditta del ricorrente, presente al
momento dell’ispezione, era impegnato esclusivamente nella realizzazione delle
opere site al piano terra dello stabile ed in nessun caso si sarebbe dovuto
avvalere degli impianti da altra ditta predisposti per altre lavorazioni da svolgersi
in quota ed in tempi diversi; nonostante tali emergenze fattuali, il giudice
avrebbe ritenuto le stesse ininfluenti, ritenendo che la previsione normativa
richiamata abbia una portata generale “a prescindere che il rispettivo datore di
lavoro sia o meno legittimato ad intervenire attivamente in ordine
all’adeguamento in base alle prescrizioni impartite”; tale affermazione viene
censurata dal ricorrente evidenziando che l’art. 122, d. Igs. n. 81/08, individua
come suo presupposto di applicabilità (e, quindi, di insorgenza degli obblighi in
capo al datore di lavoro) l’esecuzione di lavori in quota, circostanza che,
diversamente, non risultava nel caso in esame, in quanto il dipendente della ditta
del ricorrente, unico lavoratore presente in cantiere, era impegnato a lavorare “a
terra” né vi erano altri operai impegnati a lavorare in quota; la stessa teste,
ispettore di vigilanza, aveva riferito di non ricordare quante e quali ditte
operassero in quel cantiere, sostanzialmente riconoscendo di non aver svolto un
accertamento in ordine alla titolarità del ponteggio e sulle lavorazioni da
effettuarsi, elevando il verbale di contravvenzione esclusivamente nei confronti
della ditta che impiegava l’unico operaio presente al momento dell’accesso
ispettivo; diversamente, i testi indotti dalla difesa (committente e direttore dei
lavori) avevano chiarito che la ditta del ricorrente non aveva mai utilizzato quel
ponteggio ed aveva come compito solo l’esecuzione dei lavori di carpenteria
metallica sugli imbotti di un ingresso al piano strada.

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conforme alla normativa antinfortunistica.

2.3. Deduce, con un terzo ed ultimo motivo, il vizio di motivazione ex art. 606,
lett. e), c.p.p., sub specie del vizio di manifesta illogicità della motivazione
risultante dal testo del provvedimento.
In sintesi, la censura investe l’impugnata sentenza in quanto avrebbe ritenuto
sussistere a carico del ricorrente l’obbligo di adeguarsi alle prescrizioni impartite
dall’organo di vigilanza, in particolare riguardanti un ponteggio per il quale era

base alla “portata generale” della normativa antinfortunistica secondo le
argomentazioni già richiamate nel precedente motivo; ciò avrebbe determinato
un duplice profilo di illogicità manifesta in quanto, da un lato, si ricollega
l’elevazione delle opportune prescrizioni all’utilizzo del ponteggio, mentre lo
stesso aspetto è ritenuto dal giudice ininfluente ai fini della decisione; dall’altro,
perché non si riesce a comprendere come il ricorrente sarebbe dovuto
intervenire sul ponteggio, non essendo legittimato ad eseguire attività sulla
strumentazione di cantiere non di sua proprietà e di cui non poteva disporre;
infine, si osserva in ricorso, non potrebbe soccorrere la generica affermazione
secondo cui sarebbe stato dovere del ricorrente adoperarsi al fine di preservare
il luogo di lavoro immune dai pericoli derivanti dall’assetto organizzativo proprio,
che da quello riconducibile ad altre ditte, affermazione in astratto condivisibile,
ma in concreto inapplicabile in quanto l’operaio della ditta del ricorrente non
utilizzava il ponteggio perché non ne aveva necessità, ma dallo stesso non
poteva ricevere alcun danno, in quanto il ponteggio non era utilizzato in quel
momento nemmeno dagli operai della ditta che ne era proprietaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere accolto, essendo fondato il secondo motivo di ricorso.

4. Seguendo la struttura logico – sistematica dell’impugnazione proposta in sede
di legittimità, può essere esaminato anzitutto il primo motivo con cui il ricorrente
deduce il mancato rispetto della procedura di estinzione della contravvenzione
antinfortunistica ex art. 24 e segg. d. Igs. n. 758 del 1994.
Può indubbiamente convenirsi con quanto sostenuto dal difensore del ricorrente,
atteso che per pacifica giurisprudenza di questa Corte in tema di prevenzione
infortuni ed igiene del lavoro, ai fini dell’estinzione delle relative violazioni
contravvenzionali (art. 24 del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758), è rilevante la
prova della notificazione dell’invito al pagamento rivolto al contravventore
dall’organo di vigilanza, in quanto il preventivo esperimento della procedura di
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stato constatato l’utilizzo di parapetti inidonei ed il non adeguato ancoraggio, in

definizione amministrativa costituisce condizione di procedibilità dell’azione
penale (Sez. 3, n. 44369 del 24/10/2007 – dep. 29/11/2007, Rossini, Rv.
238453), la cui completezza il giudice è tenuto ad accertare d’ufficio (Sez. 3, n.
43825 del 04/10/2007 – dep. 26/11/2007, Di Santo, Rv. 238260).
Nel caso in esame, nulla risulta dal fascicolo trasmesso a questa Corte, sicchè, in
difetto di prova del mancato rispetto della procedura amministrativa, il motivo di

5. Ben diverso è invece l’esito dell’esame del secondo motivo, che questa Corte
ritiene fondato. Come anticipato sinteticamente nell’illustrazione del relativo
motivo, il ricorrente sostiene la violazione del d. Igs. n. 81 del 20008, con
riferimento alla normativa in materia di lavori in quota. In particolare, dalla
dinamica dei fatti descritta nell’impugnata sentenza, l’operaio, dipendente della
ditta del ricorrente, unico presente in cantiere il giorno dell’accertamento, non
svolgeva attività qualificabili come “lavori in quota” al momento del sopralluogo
dell’organo di vigilanza, essendo pacifico dagli atti che questi si occupasse
esclusivamente di eseguire lavori al pian terreno. Il ricorrente, per tale ragione,
sostiene di non essere stato nelle condizioni, giuridiche, di intervenire per sanare
irregolarità ascrivibili in realtà alla ditta che aveva allestito il ponteggio.
Osserva, sul punto, il Collegio come la tesi difensiva meriti accoglimento, in
quanto l’affermazione contenuta nell’impugnata sentenza (secondo cui “la
portata generale della normativa in materia di sicurezza sul lavoro è funzionale
alla tutela del dipendente sul luogo di lavoro, a prescindere che il rispettivo
datore di lavoro sia o meno legittimato ad intervenire attivamente in ordine
all’adeguamento in base alle prescrizioni impartite”) non può essere condivisa.
E’ ben vero, certo, che gli obblighi prevenzionistici hanno “portata generale” in
quanto le relative norme che tali obblighi prevedono sono funzionali alla tutela
del lavoratore, ma tuttavia altrettanto indubbio che – ai fini dell’ascrivibilità del
fatto ad un comportamento, commissivo od omissivo “colpevole” – è richiesto
che il soggetto “obbligato” sia titolare di una posizione di garanzia nei confronti
dei soggetti destinatari della tutela. Nel caso di specie, si osserva, è emerso che
nessuna accertamento venne eseguito dagli organi di vigilanza in ordine alla
“titolarità” del ponteggio, essendosi invero semplicisticamente individuato come
soggetto responsabile il datore di lavoro dell’unico operaio presente in cantiere al
momento dell’accesso ispettivo, sul presupposto che questi dovesse adempiere
alle prescrizioni relative alla messa a norma del ponteggio anche a tutela del
proprio dipendente. Ora, osserva il Collegio, a parte la circostanza fattuale
emersa in sede dibattimentale per la quale l’operaio non fosse impegnato sul
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ricorso dev’essere rigettato.

ponteggio al momento del sopralluogo ispettivo né avesse necessità di
avvalersene per la tipologia di lavori da eseguirsi” a terra”, oggetto del contratto
di appalto, ciò che rileva, a bene vedere, è l’impossibilità di poter ascrivere al
ricorrente – quale proprietario della ditta esecutrice di parte dei lavori appaltati
in cantiere – la responsabilità per la violazione accertata, sicuramente imputabile
a soggetto diverso dal datore di lavoro ricorrente.

normativa prevenzionistica riguardante i ponteggi – che il titolare dell’impresa
esecutrice (ovviamente laddove sia stata detta impresa a realizzare il ponteggio)
ha l’obbligo di vigilare sull’osservanza delle disposizioni dettate per garantire la
sicurezza dei ponteggi anche quando questi non vengono utilizzati dai propri
dipendenti (Sez. 4, n. 29204 del 20/06/2007 – dep. 20/07/2007, Di Falco, Rv.
236904). Allo stesso modo, l’obbligo di verificare che i ponteggi siano “a norma”
incombe su tutte le ditte che quel ponteggio utilizzino (Sez. 6, n. 1106 del
03/10/1973 – dep. 07/02/1974, Monzani, Rv. 126109; Sez. 4, n. 3590 del
13/02/1990 – dep. 14/03/1990, Grattarolu M., Rv. 183693), ma ciò era escluso
nel caso in esame proprio dalla natura dei lavori appaltati alla ditta di cui il
ricorrente era titolare.
Deve, quindi, concludersi che il datore di lavoro ricorrente non avesse alcun
obbligo di garanzia rispetto alla peculiare situazione di fatto, non potendo
pretendersi che questi si sostituisse – non avendone non solo l’obbligo, ma
neanche la possibilità materiale e giuridica – al titolare della ditta che aveva
curato l’allestimento del ponteggio, per eseguirne la regolarizzazione, compito al
medesimo ricorrente non incombente.

6. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso esime questa Corte dall’esame
dell’ultimo motivo, da ritenersi pertanto assorbito.
L’impugnata sentenza dev’essere, conclusivamente, annullata senza rinvio con la
formula in dispositivo indicata.

P.Q.M.

La Corte annulla senza rinvio la sentenza impugnata per non avere il Carratelli
commesso il fatto.
Così deciso in Roma, il 29 ottobre 2014

DEPOSITATA CANCELLERIA

Pacifico, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte è – con riferimento alla

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