Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46812 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46812 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Roma, in riforma della
sentenza del 10 gennaio 2012 del Tribunale di Roma, su rinvio disposto dalla
Corte di cassazione, applicava a Stefano Brizzi la pena ex art. 445 cod. proc.
pen.
La Corte di cassazione, con sentenza n. 6597 del 2014, aveva annullato la
sentenza della Corte di appello di Roma del 5 marzo 2013, che aveva confermato
le statuizioni penali di condanna di Stefano Brizzi per i reati di truffa continuata
ed aggravata, sostituzione di persona e falso in certificazione commesso da
privato in concorso con ignoto, mentre aveva riformato, su appello della parte
civile, quelle civili, rideterminando la provvisionale in favore di quest’ultima.7-Th

Data Udienza: 19/11/2015

La Corte di cassazione, in particolare, aveva annullato la sentenza di
appello relativamente alla questione del rigetto dell’istanza di differimento
dell’udienza proposta dall’imputato in primo grado, ai sensi dell’art.

2-ter,

comma 6 della L. 24 luglio 2008, n. 125, per la proposizione dell’istanza di
patteggiamento; mentre aveva ritenuto infondati i restanti motivi di gravame
riguardanti l’accertamento della responsabilità penale, espressamente

dell’art. 624, comma 2 cod. proc. pen., la definitiva affermazione della penale
responsabilità dell’imputato.
La Corte di cassazione aveva quindi disposto in motivazione che la Corte di
appello di Roma, quale giudice del rinvio, avrebbe dovuto concedere termine
all’imputato per consentirgli di formalizzare istanza di applicazione pena ex art.
444 cod. proc. pen. e raccogliere l’eventuale consenso del pubblico ministero,
onde procedere successivamente alle valutazioni di rito in ordine all’accoglibilità
del negozio processuale.
In sede di rinvio, la Corte di appello di Roma, con la sentenza impugnata,
rigettate preliminarmente le eccezioni della difesa dell’imputato, relative alla
competenza del giudice di appello a pronunciarsi e all’applicabilità dell’art. 129
cod. proc. pen., applicava al Brizzi la pena concordata tra le parti e confermava,
a norma dell’art. 448, comma 3, cod. proc. pen., le statuizioni civili.

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre il difensore dell’imputato,
denunciando:
– la violazione di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., in
relazione agli artt. 444, 448, comma 3, e 578 cod. proc. pen., in quanto il
giudice del rinvio si trovava ad esercitare per la prima volta i poteri ex art. 444
cit. e non come giudice dell’impugnazione.
– la violazione degli artt. 129 e 444 cod. proc. pen., in relazione agli 157 e
seguenti cod. pen., in quanto posto che la prescrizione dei reati era maturata
prima del giudizio dinnanzi alla Corte di cassazione e che comunque la Corte di
cassazione non avrebbe dovuto dichiarare assorbiti i restanti motivi di
impugnazione, il giudice del rinvio avrebbe dovuto rilevare la causa estintiva dei
reati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2

affermando in dispositivo che, in ordine ad essi, andava dichiarata, norma

2. Relativamente alla prima questione, basti osservare che è principio
pacifico – che ha anche superato il vaglio di legittimità costituzionale (Corte cost.
sent. 294 del 1995) – quello secondo cui la sentenza di annullamento con la
quale la Corte di cassazione devolve il giudizio al giudice del rinvio è attributiva
della competenza in favore di questi, senza che la corretta applicazione dei criteri
per la sua individuazione, stante il disposto dell’art. 627, comma primo, cod.

designazione, una volta intervenuta, non è suscettibile di revoca o modifica,
neppure quand’anche risulti effettuata in violazione della legge. (Sez. 5, n.
13754 del 06/11/2008 – dep. 30/03/2009, Anello, Rv. 243592).
Pertanto, una volta individuato dalla Corte di cassazione il giudice di appello
quale giudice di rinvio, la questione dell’inapplicabilità dell’art. 448, comma 3
cod. proc. pen. appare priva di giuridico fondamento.

3. Miglior sorte non può essere attribuita alla seconda censura, relativa alla
mancata declaratoria di estinzione del reato ascritto al ricorrente per
prescrizione.
La decisione di annullamento parziale di questa Suprema Corte che ha
espressamente dichiarato irrevocabile l’accertata penale responsabilità
dell’imputato, non lascia infatti spazio alle possibilità di proscioglimento invocate
nel ricorso.
Quando sia rimessa dalla Corte di cassazione al giudice di rinvio soltanto la
questione relativa alla determinazione della pena, il giudicato progressivo
formatosi sull’accertamento del reato e della responsabilità dell’imputato, con la
definitività della decisione su tali punti, impedisce infatti l’applicazione di cause
estintive sopravvenute alla pronuncia d’annullamento (e a maggior ragione di
quelle preesistenti alla pronuncia stessa) (tra tante, Sez. U, n. 4904 del
26/03/1997, Attinà, Rv. 207640; Sez. 3, n. 47579 del 23/10/2003, Arici, Rv.
226646; Sez. 2, n. 44949 del 17/1072013, Abenavoli, Rv. 257314; Sez. 6, n.
45900 del 16/10/2013, Di Bella, Rv. 257464).

4. Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al
pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di
esonero, della somma ritenuta equa di euro 1.000 a titolo di sanzione pecuniaria.

3

proc. pen., possa essere in una qualunque sede sindacata. Ne consegue che la

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e a quello della somma di euro 1.000,00 in favore della

Così deciso il 19/ 1/2015.

Cassa delle ammende.

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