Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46805 del 28/10/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 46805 Anno 2015
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Schettino Giacomo, nato a Napoli il 23/09/1974
avverso la ordinanza del 30/06/2015 del Tribunale di Ancona
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Mario Maria Stefano Pinelli, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia
dichiarato inammissibile o, in subordine, sia rigettato.

RITENUTO IN FATTO

1. . Con la ordinanza in epigrafe, il Tribunale del riesame di Ancona
rigettava l’istanza ex art. 309 cod. proc. pen. proposta nell’interesse di Giacomo
Schettino avverso il provvedimento del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Fermo che aveva applicato al predetto la misura cautelare della
custodia in carcere per i reati di concorso con il fratello Umberto nella detenzione
illegale di sostanze stupefacenti (art. 73 Dpr. 309/90), segnatamente gramm

Data Udienza: 28/10/2015

112 di cocaina e grammi 1.568 di marijuana, e di una pistola con matricola
abrasa (art. 23

L.

110/75), aggravati dalla recidiva reiterata specifica

infraquinquennale.
In particolare, come risulta dall’impugnata ordinanza, Giacomo Schettino
veniva arrestato perché trovato in possesso dello stupefacente e della pistola
sopraindicati all’esito di un controllo effettuato dalle forze dell’ordine, mentre era

Secondo il Tribunale del riesame, non vi era dubbio del concorso di Giacomo
Schettino nella detenzione illegale, posto che l’auto era nella sua disponibilità,
come affermato dal fratello Umberto; che gli indagati erano stati colti dalle forze
dell’ordine mentre si recavano insieme da Napoli all’appartamento in Cupra
Marittima dove risiedevano insieme e dove erano stati rinvenuti fogli manoscritti
con nome e cifre verosimilmente relativi all’attività di spaccio; che Giacomo
Schettino risultava gravato da numerosi precedenti specifici. Tali circostanze
dimostravano, secondo il Tribunale, che senza dubbio i fratelli in questione
gestissero insieme un traffico di stupefacenti che aveva la sede operativa presso
la loro abitazione.
Il Tribunale riteneva inoltre inverosimile la tesi difensiva secondo cui
l’odierno prevenuto fosse all’oscuro della sostanza trasportata, in quanto il
viaggio effettuato dai fratelli era proprio da collegarsi al trasporto della merce da
Napoli alla loro abitazione, apparendo rischioso ipotizzare che fosse stato fatto
viaggiare lo stupefacente inutilmente custodendolo a bordo di un auto.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale valutava sussistente il pericolo
di reiterazione di reati della specie, essendo il prevenuto gravato da numerosi
precedenti anche specifici e considerato l’elevato quantitativo di sostanza
stupefacente detenuta che faceva ritenere che lo stesso fosse inserito in
un’organizzazione criminale dedita all’illecito traffico. Riteneva altresì la misura
carceraria l’unica idonea a prevenire il suddetto pericolo, in quanto la capacità
criminale e la propensione a delinquere del prevenuto, desumibile dal suo
casellario, inducevano a ritenere impossibile allo stato nutrire affidamento nella
sua spontanea osservanza agli obblighi connessi ad una misura gradata.

2. Avverso la suddetta ordinanza, ricorre per cassazione il difensore di
Giacomo Schettino affidandosi a due motivi di impugnazione, con cui deduce la
inosservanza ed erronea applicazione di legge e la mancanza, illogicità
contraddittorietà della motivazione.

2

a bordo di un’autovettura alla cui guida vi era il fratello Umberto.

Con il primo motivo si contestano le argomentazioni addotte dal Tribunale in
ordine alla ritenuta sussistenza di gravi indizi quanto alla partecipazione
dell’indagato ai reati oggetto della provvisoria incolpazione.
Il Tribunale avrebbe, secondo il ricorrente, arbitrariamente valutato a
sfavore dell’indagato gli elementi acquisiti agli atti, non tenendo in alcun conto la
circostanza che Giacomo Schettino era un mero trasportato e che il suo

L’ordinanza non avrebbe addotto alcun concreto e significativo elemento a
supporto del concorso di costui, utilizzando invece sostanzialmente le
dichiarazioni del fratello Umberto e circostanze fattuali non costituenti riscontro
individualizzante. Elementi in ogni caso del tutto neutri o non di per sé
satisfattivi, quali mere congetture e supposizioni.
Con il secondo motivo si denuncia l’erroneo ragionamento dell’ordinanza
impugnata in ordine alla adeguatezza della misura carceraria, apoditticamente
fondato con formule di mero stile sui soli precedenti penali, senza alcun
riferimento all’inidoneità di misure più blande e meno afflittive.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Quanto al primo motivo, il ricorrente, affidandosi ad una critica diffusa e
generica delle conclusioni cui è giunto il giudice di merito, reitera in modo
aspecifico, in questa sede le medesime doglianze già proposte ai giudici a
quibus, alle quali l’ordinanza impugnata ha fornito congrua risposta, priva di vizi
logici e giuridici.
Invero dalla lettura congiunta dei due provvedimenti cautelari contrastati dal
ricorrente, consentita dalla piena conformità delle valutazioni rese sul punto dai
due diversi organi decidenti, emerge una ricostruzione dei fatti precisa e
circostanziata, che evidenzia evidenze fattuali di indubbio rilievo sul piano della
gravità indiziaria – valutate opportunamente in modo globale ed armonico -, sulla
base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di
manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede.
Costituisce ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che il giudice
di legittimità, nel momento del controllo della motivazione, non debba stabilire
se la decisione di merito proponga o meno la migliore ricostruzione dei fatti ne’
debba condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se q sta
giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una pl sibile
3

coinvolgimento non era dimostrato da elementi univoci e significativi.

opinabilità di apprezzamento, atteso che l’art. 606 cod. proc. pen. non consente
alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa
interpretazione delle prove.

3. Né miglior sorte merita il secondo motivo, riguardante la valutazione
dell’adeguatezza della misura cautelare.
La assoluta necessità della coercizione intramuraria e la inidoneità delle

adeguatamente e correttamente giustificata dai giudici di merito.
Già il primo giudice aveva ritenuto che la massima misura cautelare doveva
ritenersi l’unica misura idonea in modo realistico e concreto a far fronte
all’intensità del pericolo di recidivanza, desunta dalle specifiche modalità e
circostanze dei fatti, dai necessari contatti con ambienti criminosi, che avevano
consentito all’indagato di procurarsi lo stupefacente, la pistola ed i proiettili,
nonché dalla personalità di quest’ultimo, gravato da una molteplicità di
precedenti, anche gravi, specifici e recenti, e privo di attività lavorativa.
A tale valutazione, in sede di riesame, l’odierno ricorrente aveva offerto
critiche generiche, disancorate dalla motivazione del provvedimento (veniva
dedotta la mancanza di motivazione sull’adeguatezza della misura, in
considerazione della assenza di “parametri concreti”), alle quali l’ordinanza
impugnata ha adeguatamente risposto, valorizzando il profilo della pericolosità
dell’imputato, desunta da specifiche circostanze illustrate in premessa.
In questa sede il ricorrente reitera anche graficamente le medesime
doglianze, che alla luce di quanto premesso, si rivelano generiche e aspecifiche.

4.

Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla

dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali, nonché – valutato il contenuto del ricorso e
in difetto dell’ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione dell’impugnazione al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di rito ai sensi dell’art. 94,
comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.

4

altre misure meno severe a soddisfare le esigenze cautelari appare

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma

Così deciso il 28/10/2015.

1-ter disp. att. cod. proc. pen.

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