Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46797 del 12/07/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46797 Anno 2013
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Raguseo Giuseppe, nato a Gioia Tauro il 08/04/1978
avverso l’ordinanza del 10/03/2013 del G.i.p. presso il Tribunale di Vibo Valentia R.G.
733/2013
visti gli atti, il prowedimento impugnato, il ricorso;
udita in Camera di Consiglio la relazione svolta dal Consigliere Giuseppe De Marzo;
udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Mario Fraticelli, che ha concluso per il
rigetto del ricorso;
udito, per l’indagato, l’Aw. Guido Contestabile, il quale ha concluso per raccoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Il G.i.p. del Tribunale di Vibo Valentia, per quanto ancora rileva, ha convalidato il decreto
di fermo di Giuseppe Raguseo, indagato per la partecipazione ad un’associazione a
delinquere di tipo mafioso e di una tentata estorsione aggravata ed ha applicato nei suoi
confronti la misura della custodia cautelare in carcere; infine, ha dichiarato la propria
incompetenza funzionale a favore dell’autorità giudiziaria di Catanzaro.
2. Nell’interesse del Raguseo è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai seguenti
motivi.

1

Data Udienza: 12/07/2013

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione dell’art. 384 cod. proc. pen., dal
momento che il prowedimento impugnato non indica gli elementi specifici e concreti dai
quali desumere il pericolo di fuga del Raguseo. Al riguardo, si rileva che il riferimento ad
un’operazione di polizia, operato da Antonio Mancuso (coindagato ma non raggiunto da
prowedimento di fermo) in una conversazione con il proprio genero, Luigi Aquilano (non
coindagato), è generico, non riscontrato, privo di specifica riferibilità al Raguseo, il quale non
risulta avere rapporti con le due persone sopra indicate.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta violazione dell’art. 416 bis, cod. pen., per il carattere

criminoso, motivazione fondata su dati generici, inconferenti e non riscontrati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Nell’atto di impugnazione si lamenta in modo generico e senza formulare alcuna critica
specifica la ritenuta sussistenza dei gravi indizi a carico del ricorrente; quanto al pericolo di
fuga, di cui all’art. 384 cod. proc. pen., cui sono in realtà dedicate le argomentazioni svolte,
esso è stato rawisato dal Tribunale nel contesto mafioso in cui i delitti sono maturati, che
legittima a ritenere sussistenti la disponibilità di risorse, uomini e basi logistiche tali da
facilitare e garantire la irreperibilità dei sodali, alla luce della recente consapevolezza da
parte di questi ultimi della pendenza del procedimento penale a loro carico.
Tale profilo motivazionale non viene attinto dal ricorso, che, nel valorizzare solo il profilo
della conoscenza da parte di un coindagato dell’imminente operazione di polizia, trascurando
di considerare la circolarità delle informazioni all’interno dell’associazione, finisce per essere
privo di qualunque specificità.
2. Il secondo motivo, concernente, a differenza del primo, non il prowedinnento di convalida
del fermo, ma l’ordinanza applicativa della custodia cautelare, è inammissibile, stante
l’inoppugnabilità del provvedimento in esame.
In realtà, la declaratoria di incompetenza del giudice che ha disposto la misura cautelare,
comporta l’inefficacia differita ex art. 27 cod. proc. pen. della misura (Sez. U, n. 1 del
24/01/1996, Fazio, Rv. 204163), con la conseguenza che il ricorso, nella specie, può essere
proposto contro il secondo provvedimento, eventualmente emesso dal giudice competente,
non anche contro il primo. (Sez. 5, n. 21953 del 13/05/2010, Astorino, Rv. 247415).
3. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa
delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo
determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Manda alla
cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 ter, disp. att., cod. proc. pen.

2

meramente apparente della motivazione relativa alla partecipazione del Raguseo al sodalizio

Così deciso in Roma il 12/07/2013

Il Componente estensore

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