Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46795 del 11/06/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 46795 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Emanuele Gaetano, nato a Vibo Valentia il 28/07/1975

avverso l’ordinanza del 06/11/2012 del Tribunale del riesame di Catanzaro

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
uditi per l’indagato gli avv.ti Giuseppe Di Renzo e Vincenzo Galeota, che hanno
concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 6 novembre 2011 il Tribunale del riesame di
Catanzaro, in ciò confermando il provvedimento emesso dal locale giudice per le
indagini preliminari (invece annullato per altri reati), ha disposto che Gaetano
Emanuele rimanesse sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere

Data Udienza: 11/06/2013

.,

quale indagato per il delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
1.1. Ha ritenuto quel collegio che sussistessero a carico dell’Emanuele gravi
indizi di colpevolezza, alla stregua delle convergenti propalazioni dei collaboratori
di giustizia Rocco Oppedisano, Michele Ganino e Antonio Forastefano, in aggiunta
alla circostanza che il giorno 11 luglio 2003 l’Emanuele fosse stato arrestato
perché colto nella flagranza della coltivazione di 1.200 piante di canapa indiana.
Quanto alle esigenze cautelari, ha ravvisato il pericolo di reiterazione dei reati
desumendolo dalle modalità della condotta, di estrema gravità ed allarme

inquadrata.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’indagato, per il tramite dei difensori,
affidandolo a due motivi.
2.1. Col primo motivo il ricorrente rinnova l’eccezione di inefficacia della
misura ex art. 309, comma 10, cod. proc. pen., per omessa trasmissione al
Tribunale del riesame di una parte degli atti utilizzati dal G.I.P..
2.2. Col secondo motivo contrasta il giudizio di sussistenza della gravità
indiziaria, rilevando fra l’altro l’omessa valutazione delle dichiarazioni rese da un
altro collaboratore di giustizia, Antonio Forastefano, a suo giudizio dimostrative
dell’inesistenza del sodalizio criminoso; osserva che l’episodio del gennaio 2003 è
stato già giudicato con sentenza definitiva, onde rimane impedita la differente
qualificazione del fatto ex art. 74 d.P.R. 309/90. Sotto altro profilo nega
l’attualità delle esigenze cautelari, attesa la lontananza nel tempo delle condotte
in contestazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Priva di fondamento è l’eccezione di inefficacia della misura cautelare, che
informa il primo motivo di ricorso.
1.1. Secondo l’assunto del ricorrente, il Tribunale del riesame non avrebbe
avuto a disposizione tutti gli elementi che erano stati portati a conoscenza del
g.i.p. per essere mancata la trasmissione di alcuni atti, fra cui le dichiarazioni
rese dai collaboratori di giustizia Oppedisano e Ganino, nonché i tabulati delle
utenze telefoniche utilizzate quali dati dimostrativi degli spostamenti sul
territorio dell’Emanuele e dei coindagati.
1.2. Nell’approccio al tema va rimarcato che spetta insindacabilmente al
pubblico ministero la selezione degli elementi d’accusa che intende sottoporre al
giudice contestualmente alla richiesta di applicazione di una misura cautelare
(fermo restando l’obbligo di trasmettere nella loro interezza gli elementi a favore

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sociale, stante l’accertato contesto di criminalità mafiosa nel quale essa era

dell’imputato), secondo quanto disposto dall’art. 291, comma 1, cod. proc. pen.;
con la conseguenza per cui ciò che rileva, ai fini dell’osservanza dell’art. 309,
comma 5, dello stesso codice, è soltanto la corrispondenza fra gli atti trasmessi
al giudice del riesame e quelli utilizzati dal g.i.p. ai fini dell’imposizione della
misura (v. Sez. 5, n. 6231 del 21/12/1999 – dep. 11/02/2000, Zapparata, Rv.
216242, citata anche nell’ordinanza). Nel caso di specie tale corrispondenza vi è
stata: è certo, in particolare, che sia stato possibile al giudice del riesame contrariamente a quanto sembra sostenere il ricorrente – leggere e valutare le

parzialmente riprodotto nell’ordinanza impugnata, che per il resto rinvia a quanto
riportato nella richiesta del P.M.. Di contro la mancanza, fra gli atti pervenuti alla
valutazione del Tribunale, di altra parte del materiale investigativo che, tuttavia,
neppure al g.i.p. è pervenuta, per cui non è stata utilizzata ai fini dell’emissione
della misura, non importa l’applicazione della sanzione processuale di cui all’art.
309, comma 10, cod. proc. pen..

2. Il secondo motivo, articolato in molteplici censure, è in parte infondato e
in parte inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2.1. Inammissibile, perché non riconducibile ad alcuno dei motivi consentiti
dall’art. 606 cod. proc. pen., è la censura con la quale il ricorrente sollecita la
rilettura delle dichiarazioni rese dal collaborante Antonio Forastefano, per
derivarne l’affermazione di circostanze favorevoli alla difesa. Al riguardo non sarà
inutile ricordare che, per consolidata giurisprudenza, pur dopo la modifica
legislativa dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. introdotta dall’art. 8 L.
20 febbraio 2006, n. 46, al giudice di legittimità resta preclusa – in sede di
controllo sulla motivazione – la rivisitazione degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti; e il riferimento ivi contenuto anche agli
«altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame» non vale a
mutare la natura del giudizio di legittimità come dianzi delimitato, rimanendovi
comunque estraneo il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai
dati processuali (così Sez. 5, n. 12634 del 22/03/2006, Cugliari, Rv. 233780; v.
anche le più recenti Sez. 5, n. 44914 del 06/10/2009, Basile, Rv. 245103; Sez.
6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099).
2.2. Inosservante del requisito di specificità – e comunque non consentito
nel giudizio di legittimità, per la sua attinenza al merito – è il rimprovero, mosso
al Tribunale, di omessa valutazione dell’autonomia di singoli episodi specifici,
assertivamente privi di alcun rapporto fra loro e «con colui cui è stata attribuita
la funzione direttiva e direzionale».

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propalazioni dei collaboranti Oppedisano e Ganino, atteso che il loro contenuto è

2.3. Del pari inammissibile, stante la sua manifesta infondatezza, è la linea
argomentativa secondo cui il giudicato già formatosi su uno dei reati-fine (la
coltivazione di 1.200 piante di canapa indiana nel luglio 2003, cui nel ricorso
pare sovrapporsi il diverso episodio dell’arresto di Franco Idà nel gennaio di
quell’anno) precluderebbe la reiterazione del giudizio e l’applicazione di una
misura cautelare per lo stesso fatto. In proposito è sufficiente osservare che quel
fatto-reato è venuto qui in considerazione non quale oggetto di imputazione
sotto altra qualificazione giuridica, ma quale componente del corposo compendio

2.4. Non è fondata, infine, la denuncia di carenza argomentativa in ordine
alle esigenze cautelari. L’accertato contesto di criminalità di matrice mafiosa connotata per sua natura dal carattere della permanenza – nel quale s’inquadra
l’attività delittuosa presa in considerazione nell’ordinanza impugnata rende
ragione dell’attualità del pericolo di reiterazione delle condotte illecite,
congruamente valorizzato dal Tribunale anche sotto il profilo dell’adeguatezza
della sola custodia inframuraria.

3. Il rigetto del ricorso, che pianamente consegue a quanto fin qui
argomentato, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
3.1. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
delle disposizioni di attuazione al cod. proc. pen..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen..

Così deciso il 11/06/2013.

indiziario circa la partecipazione dell’Emanuele al reato associativo.

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