Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46793 del 11/06/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 46793 Anno 2013
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: OLDI PAOLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Altamura Antonio, nato a Gerocarne il 27/06/1946

avverso l’ordinanza del 10/01/2013 del Tribunale del riesame di Catanzaro

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Paolo Oldi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Elisabetta Cesqui, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito per l’indagato l’avv. Bruno Ganino, in sostituzione dell’Avv. Salvatore
Staiano, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza in data 10 gennaio 2013 il Tribunale del riesame di
Catanzaro ha rigettato l’appello cautelare proposto da Antonio Altamura avverso
il diniego opposto dal locale giudice per le indagini preliminari alla sua istanza
diretta a far dichiarare cessata, a norma dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.,

Data Udienza: 11/06/2013

•.

l’efficacia della custodia cautelare in carcere disposta nei suoi confronti per il
reato di partecipazione ad associazione mafiosa.
1.1. La retrodatazione del termine iniziale di decorrenza della detenzione era
stata chiesta con riferimento a una precedente ordinanza di custodia cautelare
emessa il giorno 8 aprile 2011 per i delitti di omicidio e occultamento di
cadavere, aggravati ex art. 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 91, n. 203. Secondo la difesa
sussisteva la desumibilità della seconda imputazione dagli atti disponibili al

acquisite le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Enzo Taverniti, Francesco
Loielo e Michele Ganino.
1.2. Il rigetto dell’appello è stato motivato dal Tribunale in base alla ritenuta
carenza dell’anteriorità, rispetto alla prima ordinanza, del reato oggetto
dell’imputazione da ultimo ascritta, riguardante un’ipotesi di associazione
mafiosa «dagli anni 1980 fino all’attualità». Sotto altro profilo ha rilevato quel
collegio l’insussistenza del nesso di connessione qualificata e della desumibilità.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’Altamura, per il tramite del
difensore, deducendo inosservanza degli artt. 273, 297 e 127 cod. proc. pen..
2.1. Richiamati i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, anche a
seguito di pronunciamento della Corte Costituzionale, in tema di contestazioni a
catena, il ricorrente insiste sulla desumibilità dell’imputazione ex art. 416-bis
cod. pen. dagli stessi elementi indiziari utilizzati per l’emissione della prima
ordinanza; rileva sussistere una connessione qualificata fra i reati oggetto dei
due procedimenti, dovendosi ravvisare la continuazione fra l’omicidio e
l’associazione mafiosa; sostiene che lo stralcio dell’iscrizione a ruolo effettuata
per il delitto di omicidio aggravato è dipeso da una libera scelta dell’ufficio
requirente; riproduce, a sostegno dei propri assunti, uno stralcio del verbale
d’udienza contenente le dichiarazioni rese dall’ispettore Cosco.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è privo di fondamento e va disatteso.

2. Tanto l’ordinanza emessa dal giudice del riesame, quanto il ricorso
dell’indagato, pongono come premessa del loro argomentare la sintesi dei
principi giuridici che presiedono alla c.d. contestazione a catena, alla stregua
dell’elaborazione giurisprudenziale (Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, Rahulia;
Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006 – dep. 10/04/2007, Librato) e degli interventi

2

momento dell’emissione della prima ordinanza custodiale, in quanto erano già

.,

della Corte Costituzionale in materia (C. Cost., n. 408 del 2005). Senza necessità
di rinnovare una volta ancora la relativa esposizione, riassuntiva di un approdo
ermeneutico ampiamente condiviso, basti qui rimarcare che il presupposto primo
e indefettibile, perché possa accedersi all’applicazione dell’art. 297, comma 3,
cod. proc. pen., è costituito dalla anteriorità della commissione del reato per cui
è stata emessa la seconda ordinanza restrittiva, rispetto alla data di emissione
del primo titolo cautelare. In mancanza di ciò, è inutile interrogarsi sull’esistenza
delle ulteriori condizioni di legge, riconducibili alla connessione qualificata tra i

esistente al momento del rinvio a giudizio sulla prima, non potendosi in alcun
caso attuare la retrodatazione prevista dalla norma invocata.
2.1. Orbene, come esattamente annotato dal Tribunale di Catanzaro, nel
caso di cui ci si occupa l’illecito contestato all’Altamura con l’ordinanza del 12
gennaio 2012 è il delitto di associazione per delinquere di tipo mafioso ex art.
416-bis cod. pen.: il quale, avendo natura di reato permanente, in presenza di
una contestazione «aperta» deve intendersi continuativamente commesso fino a
quella stessa data, e destinato ad ulteriormente consumarsi anche in epoca
successiva (Sez. 5, n. 31111 del 19/03/2009, Marazia, Rv. 244479).
2.2. Nella situazione descritta trova puntuale applicazione la massima
giurisprudenziale enunciata dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema,
secondo cui «ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della custodia
cautelare ai sensi dell’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., il presupposto
dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto
all’emissione della prima, non ricorre allorché il provvedimento successivo
riguardi un reato di associazione (nella specie di tipo mafioso) e la condotta di
partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l’emissione della prima
ordinanza» (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006 – dep. 10/04/2007, Librato, Rv.
235910; v. anche le successive Sez. 6, n. 37952 del 26/04/2007, D’Agostino,
Rv. 237857; Sez. 1, n. 27785 del 12/06/2008, Russo, Rv. 240873; Sez. 6, n.
31441 del 24/04/2012, Canzonieri, Rv. 253237).

3. La constatazione di cui sopra assorbe e travolge ogni altra
considerazione, per cui non resta che addivenire al rigetto del ricorso. Ne
consegue, altresì, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
3.1. La cancelleria curerà gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter,
delle disposizioni di attuazione al cod. proc. pen..

P.Q.M.

3

i

reati e/o alla desumibilità della seconda imputazione dal materiale investigativo

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1 ter, disp. att. cod. proc. pen..

Così deciso il 11/06/ 2013.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA