Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 46775 del 30/10/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 46775 Anno 2013
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: MONTAGNI ANDREA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALMENARI GIOAMI N. IL 11/06/1977
avverso l’ordinanza n. 674/2013 TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA, del
21/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANDREA MONTAGNI;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. tto-fl
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Data Udienza: 30/10/2013

Ritenuto in fatto
1. Il Tribunale di Venezia, con ordinanza in data 21.06.2013 – in parziale
accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza del
27.05.2013 con la quale il G.i.p. presso il Tribunale di Venezia aveva rigettato la
richiesta di applicazione della misura cautelare carceraria, nei confronti di Locato
Donovan e Almenari Gioami, in ordine ai delitti di furto oggetto dell’imputazione
provvisoria – ha disposto nei confronti dei prevenuti l’applicazione della custodia

danno di Striuli Luisa, differendo l’esecuzione del provvedimento al momento della
definitività dello stesso.
Il Tribunale ha premesso che agli indagati viene contestata una pluralità di
furti e che il testimone Striuli Giorgio, il quale ha assistito al tentativo di furto
dell’autovettura appartenente alla sorella Luisa, ha effettuato positiva
individuazione fotografica nei riguardi dei prevenuti, riconoscendo in termini di
certezza nella foto raffigurante il Locato e in ragione dell’85% nella foto raffigurante
l’Almenari, i due autori del tentativo di furto in danno di Striuli Luisa.
Il Collegio ha poi osservato che il provvedimento di rigetto adottato dal
G.i.p. di Venezia, a fronte della domanda cautelare esercitata dal pubblico ministero
nei confronti di entrambi i prevenuti, non andava esente dalle dedotte censure, in
riferimento all’episodio criminoso commesso in danno di Striuli Luisa. Al riguardo, il
Tribunale del riesame ha considerato che il testimone Striuli Giorgio aveva reso una
precisa descrizione della dinamica del fatto, di talché il positivo riconoscimento
fotografico, anche in riferimento alla posizione dell’Almenari, doveva ritenersi
idoneo a soddisfare il requisito della gravità indiziaria a carico degli indagati, con
esclusivo riguardo all’episodio di che trattasi.
Sul versante cautelare, il Tribunale ha rilevato che l’esistenza di altro titolo
custodiale a carico dei prevenuti costituisce prova della reiterazione criminosa. Al
riguardo, ha inoltre osservato che Almenari risulta gravato da precedenti penali,
anche specifici. E che l’esigenza di una stretta custodia rendeva impraticabile una
misura gradata, rispetto alla misura carceraria.
2.

Avverso la richiamata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione

Almenari Gioami, a mezzo del difensore.
L’esponente, in riferimento alla gravità indiziaria, deduce la violazione
dell’art. 273 cod. proc. pen. La parte osserva che il Tribunale ha basato il proprio
convincimento esclusivamente su di una individuazione fotografica, da qualificarsi
come prova non formale, per di più nel caso in cui il testimone ha riconosciuto
l’indagato con una percentuale pari all’85% e non in termini di certezza.

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cautelare in carcere, con esclusivo riferimento al tentativo di furto aggravato in

Sotto altro aspetto, l’esponente deduce la violazione dell’art. 292, comma
2, lett. c), cod. proc. pen., rilevando che il nel provvedimento impugnato non
vengono indicate le concrete esigenze cautelari ritenute sussistenti.
Il ricorrente deduce poi la violazione degli artt. 274 e 292, comma 2, lett.
c), cod. proc. pen., rilevando che il Collegio ha omesso di indicare le ragioni per le
quali sarebbero sussistenti le esigenze del pericolo di fuga e di reiterazione
criminosa indicate dal pubblico ministero nella propria richiesta.

292, comma 2, lett. c-bis, cod. proc. pen., poiché il Tribunale non ha esposto le
ragioni per le quali ha ritenuto l’inadeguatezza di presidi attenuati a contenere le
richiamate esigenze cautelari.
Considerato in diritto
3. Il ricorso in esame muove alle considerazioni che seguono.
3.1 Il primo motivo di ricorso, afferente all’apprezzamento della gravità
indiziaria effettuato dai giudici di merito, è fondato.
Giova premettere che il controllo di legittimità relativo ai provvedimenti “de
libertate” concerne l’esame del contenuto dell’atto impugnato al fine di verificare,
da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di
illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine
giustificativo del provvedimento (cfr. Cass. Sez. IV sentenza n. 2146 del 25/5/95,
dep. 16.06.1995, Rv. 201840; e, da ultimo, Cass. Sez. 2, Sentenza n. 56 del
07/12/2011, dep. 04/01/2012, Rv. 251760). Alla Corte di Cassazione, invero,
spetta il compito di verificare la congruenza logica della motivazione resa dal
giudice di merito rispetto alla valutazione degli elementi indiziari ed in ordine alla
proporzionalità ed adeguatezza dei presidi di contenimento.
Ciò posto, venendo ad esaminare il tema della valenza che è dato assegnare
alla individuazione fotografica in riferimento alla sussistenza dei presupposti
legittimanti l’adozione di misure cautelari personali, si osserva che la
giurisprudenza di legittimità ha chiarito che in tema di misure cautelari personali,
sebbene per la loro applicazione sia necessaria una “probatio minor” rispetto a
quella richiesta per la condanna – essendo sufficiente una qualificata probabilità di
colpevolezza – occorre tuttavia che la identificazione del soggetto nei confronti del
quale si procede sia sufficientemente precisa e tranquillizzante (Cass. Sez. 5,
Sentenza n. 9192 del 07/02/2007, dep. 02/03/2007, Rv. 236258, in motivazione).
Si tratta di un principio che risulta, del resto, del tutto conforme alla natura
dell’istituto dell’individuazione, come censita dal diritto vivente. La Corte
regolatrice, infatti, ha chiarito che l’individuazione dell’autore del reato è istituto
diverso ed autonomo rispetto alla ricognizione formale prevista dall’art. 213 cod.
proc. pen.; essa è inquadrabile tra le prove non disciplinate dalla legge di cui all’art.
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Infine, il deducente osserva che risulta violato anche il disposto di cui all’art.

189 dello stesso codice e trova il suo paradigma nella prova testimoniale
proveniente dalla persona offesa o da altri che abbiano accertato l’identità personale
dell’imputato. In particolare, si è chiarito che ciò che contrassegna l’individuazione è
la sua necessaria immediatezza che mentre, per un verso, ne designa, almeno sul
piano fenomenico, l’efficacia dimostrativa, per un altro verso, la rende operante
entro termini di “rischio”, che il giudice deve attentamente valutare,
nell’apprezzarne la valenza inferenziale. Ciò anche in considerazione del fatto che si

rilevato – conformemente a quanto risulta dalla Relazione al progetto preliminare
(pag. 91) al codice di rito, laddove si auspica che il pubblico ministero si avvalga
dello strumento previsto dall’art. 361 cod. proc. pen. solo nella prima fase delle
indagini – che anche la presenza di una precedente individuazione rende di norma
necessaria una successiva ricognizione nella sede dibattimentale o nell’incidente
probatorio (cfr. Cass. Sez. 6, Sentenza n. 5401 del 06/04/2000, dep. 08/05/2000,
Rv. 216143). Conclusivamente sul punto, si osserva che la giurisprudenza di
legittimità, nel ribadire che il riconoscimento di una persona da parte del testimone,
stante il principio di atipicità della prova, può maturare tanto attraverso l’esibizione
di una fotografia, tanto mediante l’osservazione diretta dell’interessato che sia
presente nel corso dell’esame del dichiarante, quanto infine per il mezzo di una
formale ricognizione di persona, ha considerato che il fatto che tutti i richiamati
mezzi di prova siano ammissibili “non esclude sul piano generale la prevalente
affidabilità della ricognizione, posto che il legislatore l’ha disciplinata con modalità
esecutive e garanzie che ne fanno la modalità più efficiente e sicura di stabilire
l’identificazione” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 40405 del 10/06/2004,
dep. 14/10/2004, Rv. 230002).
3.2 Tanto premesso, deve rilevarsi che la valutazione effettuata dal
Tribunale di Venezia, in ordine al quadro indiziario relativo alla posizione di
Almenari Gioami, non risulta aderente ai principi di diritto ora richiamati.
Invero, il Collegio, con riguardo al tentativo di furto commesso in Musile di
Piave il 30.04.2013, in danno di Striuli Luisa, per il quale ha disposto l’applicazione
nei confronti dell’Almenari della misura cautelare della custodia in carcere, ha
ritenuto che il singolo dato, afferente all’esito della individuazione fotografica elemento che ad oggi esaurisce il compendio probatorio a carico del prevenuto valesse a soddisfare le condizioni di applicabilità della misura custodiale, ex art.
273, comma 1, cod. proc. pen. Al riguardo, si osserva, in particolare, che il
Tribunale si è discostato dal criterio prudenziale sopra richiamato, che deve
informare l’apprezzamento della valenza dimostrativa da assegnare alla procedura
di individuazione; e ciò, in riferimento ad un riconoscimento che lo stesso

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tratta di incombente “non garantito” dalla partecipazione del difensore. E si è pure

dichiarante, all’esito della procedura di individuazione, ha qualificato in termini
meramente probabilistici e non già di certezza.
4. Si impone, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio
al Tribunale di Venezia, per nuovo esame della regiudicanda, alla luce dei principi di
diritto sopra richiamati. Resta assorbito ogni altro profilo di doglianza.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Venezia per nuovo esame.

Così deciso in Roma in data 30 ottobre 2013.

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